Al-Hayat

17/08/2015

 

La crisi finanziaria dell’UNRWA

di Ali Badwan

scrittore palestinese

Traduzione e sintesi di Marianna Barberio.

 

Di recente il Commissario Generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Profughi Palestinesi (UNRWA), Pierre Krihnbol, ha lanciato l’allarme, in presenza dei donatori internazionali, della grave crisi finanziaria che sta attraversando l’Agenzia. Gli effetti di tale “calamità”, hanno già iniziato ad avere ripercussioni su tutti coloro che risiedono nella Striscia di Gaza, in Libano e in Siria.

In occasione dell’ultima riunione del Comitato Consultivo dell’UNRWA tenutasi ad Amman lo scorso 5 giugno, Pierre Krihnbol si è così espresso: “Più di cinque milioni di profughi palestinesi si trova oggi dinanzi ad una crisi esistenziale che comprende la negazione della loro dignità e dei propri diritti”, sottolineando che la crisi che interessa l’Agenzia “costringe a ridurre l’importo e la frequenza degli aiuti in denaro destinati ai profughi in Siria”, tanto che quest’anno ha coperto solo il 27%.

Tuttavia, questa crisi finanziaria risulta falsa ed esagerata nel momento in cui ne nasconde un’altra. Si tratta in realtà di una crisi politica che mira a porre fine al lavoro dell’agenzia e a liquidare la questione palestinese. Si erano già avute delle premesse al tempo della Conferenza di Madrid nel settembre 1993, quando erano state avanzate nuove idee circa il destino dei profughi palestinesi e che prevedevano il pensionamento dell’UNRWA, con il tentativo, sostenuto tra l’altro dalle più autorevoli parti internazionali, di sbarazzarsi dell’Agenzia stessa, testimone chiave di quel diritto al ritorno per tutti i palestinesi. Ne consegue, dunque, il prosciugamento delle sue risorse finanziarie, cercando di annullare gradualmente i registri dei profughi palestinesi e sorvolando su alcune proposte, tra cui la fine dello status di rifugiato ai figli dei profughi palestinesi.

Nel corso di più di sei decenni l’UNRWA ha resistito a più di una caduta finanziaria, dovuta alla mancanza di adempimento da parte dei Paesi ospitanti dei propri obblighi e che ha causato una riduzione di quei servizi destinati ai profughi palestinesi sia sul piano ospedaliero, che su quello dell’istruzione e del soccorso.

Gli appelli dell’UNRWA arrivano in un momento di grave instabilità e di estremismo nella regione. L’indifferenza circa la debolezza e i bisogni dei profughi palestinesi, in Siria in particolare, è un rischio che il mondo non può sopportare.

Ecco allora le richieste di aiuto alle principali capitali al fine di accumulare fondi necessari, garantire un finanziamento tangibile e concreto da permettere all’UNRWA di continuare nel suo intento.

Tuttavia, qualora gli stati donatori venissero meno ai propri doveri internazionali, spetta alle Nazioni Unite mobilitarsi per coprire il tasso richiesto, un modo questo per salvare la propria reputazione – o almeno quel che ne resta – proprio per il conseguimento di interessi politici a scapito dei valori di giustizia internazionale e dei principi dei diritti umani.

Per concludere, i profughi palestinesi ribattono che l’UNRWA non è in vendita né tantomeno si appresta a chiudere. L’Agenzia deve continuare nel suo intento al fine di garantire il ritorno dei palestinesi alla propria terra. Spetta allora al Segretario Generale delle Nazioni Unite e alla società internazionale assicurare finanziamenti duraturi e impedire che l’agenzia sia alla mercé dei Paesi donatori.

 

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