http://nena-news.it/ 02 giu 2015
Gaza tra le buone intenzioni occidentali e gli ultimatum di presunte cellule Isis
La Striscia non viene ricostruita, seppure si affollino gli appelli della comunità internazionale. Un gruppo che si richiama al califfo manda un ultimatum ad Hamas.
Gerusalemme, 2 giugno 2015, Nena News –
Se c’è qualcosa che a Gaza non manca sono gli appelli e le buone intenzioni della comunità internazionale: a quasi un anno dallo scoppio di “Margine Protettivo”, la devastante operazione militare israeliana contro la Striscia, a 7 mesi dalla nota conferenza del Cairo in cui il mondo promise di donare quasi 6 miliardi di dollari per la ricostruzione, a Gaza non è cambiato nulla. Le macerie sono ancora lì, i soldi non arrivano, né tantomeno entrano i materiali per la ricostruzione. Eppure non passa settimana senza che qualche istituzioni o governo straniero dica la sua sulla necessità di intervenire. Lo ha fatto l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha elencato le strutture mediche ancora distrutte e lamentato la mancanza di progressi nella ricostruzione di ospedali e cliniche. Durante i 50 giorni di “Margine Protettivo”, Israele ha raso al suolo 13 strutture mediche e ne ha danneggiate gravemente altre 104: 20 ospedali, 57 cliniche, 29 farmacie, 7 stazioni di ambulanze e 4 magazzini di medicinali. Rimettere in piedi tutto questo e rifornire di medicinali e attrezzature dovrebbe costare almeno 24 milioni di dollari. All’appello dell’Oms si è aggiunto ieri quello del ministro degli Esteri tedesco, in visita nella Striscia. Frank-Walter Steinmer ha parlato alla stampa della necessità di interrompere il blocco israeliano contro Gaza, aprire i valichi di confine e permettere la ripresa dell’economia gazawi, come unico strumento per mettere fine al lancio di razzi verso Israele: “Abbiamo bisogno di investimenti locali e stranieri. Abbiamo bisogno della possibilità di esportare beni che sono prodotti qui. Questo può avvenire solo con l’apertura dei confini”. Belle parole: la lunga resistenza di Gaza la scorsa estate fu dettata dalla speranza di una popolazione imprigionata dal 2007 dalle autorità israeliane. Nella Striscia sotto bombardamenti quotidiani e a tappeto erano in tanti quelli convinti che si sarebbe giunti ad un accordo che migliorasse le condizioni di vita, una convinzione dettata anche dalle dichiarazioni della comunità internazionale che per la prima volta parlò della necessità di porre fine al blocco. Passarono 50 giorni, 2.150 morti. L’accordo di cessate il fuoco fu un’imposizione israeliana a una popolazione stremata che non ottenne nulla. E Gaza continua ad attendere. Attende i salari che non arrivano e la ricostruzione che non parte. Una situazione che sta seriamente intaccando il consenso verso Hamas, governo de facto della Striscia. Che all’isolamento regionale e agli ostacoli posti dall’Anp di Ramallah (con cui in teoria ha creato un governo di unità nazionale) vede aggiungersi anche la minaccia dell’Isis. Sostenitori dello Stato Islamico nella Striscia hanno lanciato ieri un ultimatum di 48 ore ad Hamas perché interrompa la campagna di repressione del gruppo islamista. L’ultimatum è stato inviato ai media, ma resta vago: i presunti membri dell’Isis non dicono cosa faranno nel caso Hamas prosegua nel reprimere il gruppo. Dicono però che il missile lanciato la scorsa settimana verso Israele è loro responsabilità. Per ora nessuno è in grado di dire se tale gruppo legato all’Isis esista davvero, se sia effettivamente collegato al califfato o sia solo formato da individui che al califfo si richiamano. Vero è che Hamas ha preso precauzioni: di notte Gaza City vede comparire checkpoint che controllano movimenti sospetti dopo che il presunto gruppo Isis nella Striscia ha rivendicato una serie di attacchi. Secondo alcune fonti quasi un centinaio di persone sarebbero state arrestate, secondo altri (tra cui Issam Younis, direttore di al-Mezan Center for Human Rights) di 30-40. Secondo analisti locali e non si tratterebbe di salafiti gazawi, e non di una cellula dello Stato Islamico guidata dal califfo. Nena News
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