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24 settembre 2015

 

Papa Francesco e Barack Obama, due “amici” alla prova della Storia

di Umberto Mazzantini

 

Consonanza sui temi ambientali, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo la Cop Unfccc di Parigi

Il presidente Usa Barack Obama sembra essere stato conquistato da Laudato Si’, l’enciclica ambientalista di Papa Francesco, e ieri accogliendo il Pontefice di fronte ad una folla mai vista alla Casa Bianca ha detto: «Santo Padre, lei ci ricorda che abbiamo il sacro obbligo di proteggere il nostro pianeta, magnifico dono di Dio. E noi sosteniamo il suo appello ai leader del mondo per sostenere le comunità più vulnerabili ai cambiamenti climatici e per lottare insieme alla preservazione del nostro mondo prezioso per le generazioni future».

La consonanza tra quelli che sembrano due “incidenti” della storia, un nero alla Casa Bianca e un argentino figlio di migranti a Città del Vaticano, sembra totale e Papa Francesco, citando due volte la sua enciclica, ha risposto ad Obama: «Trovo promettente che Lei abbia proposto un’iniziativa per la riduzione dell’inquinamento dell’aria. Considerata l’urgenza, mi sembra chiaro anche che il cambiamento climatico è un problema che non può più essere lasciato a una generazione futura. La storia ci ha posto in un momento cruciale per la cura della nostra casa comune. Siamo, però, ancora in tempo per affrontare dei cambiamenti che assicurino uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare. Cambiamenti che esigono da parte nostra un riconoscimento serio e responsabile del tipo di mondo che possiamo lasciare non solo ai nostri figli, ma anche ai milioni di persone sottoposte a un sistema che le ha trascurate. La nostra casa comune è stata parte di questo gruppo di esclusi che grida al cielo e che oggi bussa con forza alle nostre case, città, società. Riprendendo le sagge parole del Reverendo Martin Luther King, possiamo dire che siamo stati inadempienti in alcuni impegni, ed ora è giunto il momento di onorarli. Sappiamo per fede che il Creatore non ci abbandona, non ha mai abbandonato il suo piano d’amore o si pente di averci creati. L’umanità ha ancora la capacità di lavorare insieme per costruire la nostra casa comune. Come cristiani ispirati da questa certezza, vogliamo impegnarci per la cura cosciente e responsabile della nostra casa comune».

Parole che, come quelle dette a Cuba davanti a Raul Castro, sono la continuazione di un discorso sulle tematiche ambientali avviato da pontefici molto meno “progressisti” di Bergoglio, ma che rappresentano macigni per una destra Repubblicana che fino ad ora aveva contato sul conservatorismo eco-scettico di un certo elettorato cattolico integralista. Ma Bergoglio non fa certo calcoli elettorali statunitensi e sa bene che le tematiche ambientali sono molto sentite tra i latinos, destinati a diventare la maggioranza dei cattolici statunitensi, che insieme ai neri sono anche i più esposti, per condizioni di lavoro e luoghi dove abitano, agli effetti dell’inquinamento, tanto che qualcuno negli Usa parla comincia a parlare di una componente razzista nell’inquinamento delle città.

Ora Barack Obama dovrà fornire la prova che non si tratta solo di retorica ispirata dal carismatico sovrano della Chiesa Cattolica. Il banco di prova per entrambi sarà l’Assemblea generale dell’Onu dove il 25 settembre Bergoglio probabilmente chiederà ai Capi di Stato e di governo di tutto il pianeta di avviare quella radicale trasformazione dei sistemi economici e politici globali necessaria ad  affrontare  la duplice minaccia del cambiamento climatico e del degrado ambientale. E’ lì che Obama dovrà dire se intende davvero trasformare gli Usa in un Paese leader della lotta al cambiamento climatico e se alla Conferenza delle parti Unfccc di Parigi gli Usa smetteranno i panni del killer del Protocollo di Kyoto e di ogni accordo globale sul clima.

L’accoglienza trionfale di Papa Francesco a Cuba e negli Usa non nasconde però alcune differenze di opinione e distinguo, anche all’interno del mondo ambientalista e scientifico statunitense. Mentre in molti vedono in Laudato Si’ un documento con un forte potenziale di trasformazione per una gestione sostenibile del pianeta – oggi Nature scrive che «L’Enciclica del Papa sfida gli approcci incrementali che hanno dominato il discorso sul cambiamento climatico e porta una visione morale tanto necessaria al movimento ambientalista. Gli scienziati sociali devono unirsi a questo sforzo» – altri vorrebbero che Papa Francesco cominciasse ad affrontare altre questioni essenziali per il futuro della Terra sulle quali – come emerso anche a Cuba – mantiene una visione ortodossa e conservatrice, a partire dall’impatto  dalla crescita della popolazione umana sugli equilibri ambientali e la biodiversità (cioè sul Creato) e su quale ruolo debbano svolgere o le grandi imprese private nella lotta contro il riscaldamento globale.

Ma forse è chiedere troppo per un Papa che, solo perché ha fatto il suo mestiere di uomo di pace,  ravvicinando Cuba ed Usa, o perché ha criticato il capitalismo ingordo che crea esclusione, povertà, guerre  e disastri ambientali, è stato definito in Europa un “comunista” e negli Usa, un “socialista”, cosa che per i Repubblicani – protestanti o cattolici non importa –  equivale ad un infamante insulto politico.

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