Originale: Life on the Left

http://znetitaly.altervista.org/

23 maggio 2015

 

Le sfide di avanzare verso il socialismo tramite la via istituzionale

Isabel Rauber intervista Marta Harnecker

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Marta Harnecker, scrittrice marxista e sociologa di origine cilena, è una delle più avanzate esponenti internazionali dell’odierno processo rivoluzionario in America Latina.

Nella seguente intervista, delinea alcune delle lezioni che ha ricavato dalla sua esperienza con il governo di Unità Popolare  di Salvator Allende in Cile (1970-1973) e che si possono applicare agli attuali tentativi  in America Latina di costruire “una società alternativa al capitalismo che sia essenzialmente democratica.”

La Harnecker è autrice di molti libri e opuscoli sui movimenti per costruire il “socialismo del 21° secolo,  ricorrendo  al  suo impegno  di prima mano avuto  in tali esperimenti in tutta l’America  Latina.

In questa intervista, come sempre, l’accento è posto su forme e metodi di organizzazione 

popolare, compreso lo sviluppo di  “una nuova militanza in cui il nostro modo di vivere e di operare prefigura la nuova società,” mentre indica la necessità di forze anticapitaliste  per  “sviluppare un progetto alternativo.”

Marta Harnecker sarà  oratrice  alle sessioni della Società per gli Studi Socialisti che si riunisce a Ottawa dal 2 al 5 giugno (http://socialiststidies.ca/congress/2015-ottawa).

Questa intervista è stata condotta a Buenos Aires da Isabel Rauber, una preminente marxista argentina, e trasmessa  sul programma  radio della Raiber il 16 settembre 2013. La trascrizione, di cui ho tradotto la maggior  parte, è stata pubblicata dalla Rauber sul suo blog: Código Rauber: http://isabelrauber.blogspot.ca/2013/09/entrevista-marta-harnecker.html

Nei suoi commenti all’introduzione, non tradotti qui, la Harnecker osserva che durante la presidenza di Allende  è stata  membro del suo Partito Socialista e direttrice del giornale Chile Hoy, pubblicato dalla coalizione di Unità popolare e aperto all’intera sinistra, compreso il Movimento della Sinistra Rivoluzionaria (MIR), una corrente rivoluzionaria che ha dato supporto critico al governo di Unità Popolare. (Richard Fedler).

 

Che cosa pensa che potrebbe essere il messaggio fondamentale per gli attuali compiti che affrontano i governi popolari del continente in rapporto ai loro popoli e al potere?

Sai, Isabel, penso che il progetto socialista di Allende sia stato precursore del socialismo del XXI secolo del quale il Presidente  Chávez è stato il grande promotore.

Non soltanto Allende è stato il primo presidente socialista eletto democraticamente,

è stato anche il primo a tentare di avanzare verso il socialismo tramite la via istituzionale e il primo a comprendere che per fare questo doveva prendere le distanze dal modello sovietico.

Quel socialismo non poteva essere imposto dall’alto, doveva contare sull’appoggio di una grande maggioranza della popolazione, e doveva essere una parte delle tradizioni nazionali, un socialismo con il vino rosso e le empanadas (fagottini di pasta ripieni di carne, o formaggio, o verdure, n.d.t.). come lo designava Allende, cioè una società democratica socialista radicata nelle tradizioni nazional-popolari.

Sfortunatamente, il progetto di Allende era troppo eterodosso per la sinistra cilena di quel tempo, una sinistra che era troppo ortodossa, dato che le sue posizioni non corrispondevano alle nuove sfide  che il paese stava  vivendo. Vi darò qualche esempio di quella ortodossia.

Quando Allende parlava della transizione democratica al socialismo, alcuni settori della sinistra dipingevano su muri: “Lunga vita alla dittatura del proletariato!”

Quando Allende, consapevole che l’elettorato cileno era diviso, grosso modo, in tre terzi: i conservatori, i democratici cristiani e la sinistra, con una leggera preponderanza  della sinistra – aveva  suggerito la necessità di  contare sull’appoggio dei democratici cristiani, con il quale si poteva ottenere un appoggio maggioritario della popolazione al progetto – la nostra sinistra ha reagito in maniera molto settaria     affrontando   i membri di quel partito; non ha mai capito la necessità di allearsi con forze che erano definite borghesi.

Quando Allende diceva di voler guadagnare settori della borghesia per il suo progetto, una parte importante della sinistra riaffermava che il nostro nemico era la borghesia nel suo complesso.

Quando Allende voleva consolidare i progressi che si stavano facendo sul piano economico – la   statalizzazione  delle maggiori imprese strategiche, chiarendo bene i limiti del potere sul quale contava – dei settori della sinistra  si prendevano  piccole aziende e ne hanno chiesto la nazionalizzazione, esigendo che Allende fosse più radicale.

Quando Allende lottava per ottenere una conduzione unica del processo, i partiti più forti (i Socialisti e i Comunisti) rendevano pubbliche le loro divergenze.

Uno dei grandi limiti che aveva il governo di Allende, era la struttura istituzionale che aveva ereditato. Sebbene il Presidente e l’Unità Popolare avessero chiaramente bisogno di elaborare una nuova costituzione per cambiare le regole istituzionali e facilitare la transizione politica verso il socialismo – di fatto nel settembre 1972 il Presidente Allende aveva presentato ai partiti che formavano l’Unità Popolare una proposta di una nuova costituzione – non ha mai fatto un invito a portare avanti questo progetto. Credo che sia importante studiarlo perché incorporava le idee di Allende sul modo in cui dovrebbe essere la transizione sociale basata sulla realtà cilena.

 

Perché, allora non ha mai fatto questo invito?

Perché pensava che l’Unità Popolare mancasse ancora della maggioranza elettorale che era indispensabile se si doveva portare avanti un processo costituente che avesse un esito felice. L’UP non è mai riuscita a ottenere più del 50% o più dei voti. La grossa domanda alla quale la storia non può rispondere è: che cosa sarebbe accaduto se la cosiddetta coalizione politica avesse deciso di impiegare le sue forze in un’opera capillare andando casa per casa per convincere la popolazione del suo progetto?

Forse abbiamo mancato di audacia, dell’audacia che il presidente Chávez  ha avuto quando l’opposizione ha indetto un referendum per rovesciarlo ed egli ha accettato di entrare nella lotta anche se a quel punto i sondaggi lo davano molto indietro. Ha accettato di esprimere la sua opinione in un momento in cui era svantaggiato, ma ha immediatamente pianificato come ottenere la forza per vincere in questa contesa, e ha creato l’idea delle “pattuglie” , cioè gruppi di 10 persone che potevano coinvolgere le persone che non erano membri dei partiti, ma che simpatizzavano con  Chávez , e ognuno di loro doveva ottenere l’appoggio di altre dieci persone, andando di casa in casa.

Un’altra lezione che penso sia fondamentale nel processo cileno, è l’importanza dell’organizzazione popolare alla base. Una delle nostre maggiori debolezze è stata quella di non comprendere questo;  è stata di delegare l’azione politica ai politici, o, piuttosto, il fatto che i politici si appropriassero della politica e, di conseguenza,   i comitati di Unità Popolare – che sono stati fondamentali per la vittoria elettorale di Allende – hanno iniziato a indebolirsi e a scomparire.

 

Quali sono, secondo il suo punto di vista, le sfide e i principali compito per i movimenti popolari e la sinistra latino-americana?

Penso che la nostra sinistra e i nostri movimenti popolari debbano essere molto consapevoli di ciò che è successo nell’esperienza cilena, in modo da non ripetere gli stessi errori.

Dobbiamo capire che per costruire una società alternativa al capitalismo che sia essenzialmente democratica, dobbiamo essere in grado di conquistare i cuori e le menti della maggior parte delle persone.

L’attuale crisi del capitalismo significa che settori sempre più grandi si sentono colpiti da questa. Già esistono non soltanto condizioni obiettive, ma anche soggettive perché un numero maggiore di persone comprendano che il capitalismo non è la soluzione per i loro problemi quotidiani.

Dobbiamo elaborare un progetto alternativo e in questo le esperienze dei governi e dei movimenti popolari nei paesi più avanzati della nostra regione possono essere particolarmente preziosi.

Si richiede una nuova militanza nella quale il modo in cui viviamo e operiamo politicamente, prefiguri la nuova società.

Si richiedono  militanti che incarnino nella loro attività quotidiana i valori che dicono di difendere. Devono essere democratici, solidali, disponibili a collaborare con gli altri, a praticare  l’amicizia,  la totale onestà, la sobrietà. Devono proiettare vitalità e un gioioso approccio alla vita.

Mentre lottiamo per la liberazione sociale delle donne, dobbiamo ora iniziare a trasformare le relazioni tra uomini e donne nell’ambito della famiglia.

I nostri membri devono essere in grado di imparare dai nuovi attori sociali del XXI secolo che sono particolarmente sensibili al tema della democrazia. Le loro lotte hanno avuto come punto di partenza la lotta contro l’oppressione e la discriminazione. Rifiutano quindi i tentativi di manipolarli ed essi chiedono il rispetto per la loro autonomia e perché si permetta loro di partecipare democraticamente nel processo decisionale.

Penso che i nostri membri debbano essere anche disciplinati. So che questo non è un argomento molto simpatico per molte persone. Mi piace citare uno dei coordinatori nazionali dell’MST, Movimento Rurale dei Lavoratori senza terra, Joao Pedro Sédile, che dice: “Se non abbiamo un minimo di disciplina che vuol dire che le persone rispettino le decisioni delle varie autorità, non costruiremo un’organizzazione.

 

“La disciplina consiste nell’accettare le regole del gioco. Lo abbiamo imparato anche nel calcio e nella Chiesa Cattolica che è una delle più vecchie istituzioni del mondo…Se qualcuno sta nell’organizzazione per sua libera volontà, deve contribuire a costruire le regole e a rispettarle, deve avere disciplina, deve rispettare il gruppo. In caso contrario l’organizzazione non cresce.”

Questo però non significa che i nostri quadri debbano avere una mentalità di ordine e di comando. Devono essere educatori popolari, rispettosi dell’iniziativa creativa delle persone.

D’altra parte, è necessaria una nuova cultura politica, una cultura pluralista e tollerante che dia la priorità   ciò che ci unisce e metta in secondo piano  ciò che ci divide , che promuova l’unità intorno a valori come solidarietà, umanesimo, rispetto per le differenze, difesa della natura, rifiuto del motivo di profitto e leggi del mercato come i principi guida dell’attività umana.

Abbiamo bisogno di una sinistra che inizi a rendersi conto che il radicalismo non consiste nel far avanzare slogan più radicali o nel compiere azioni più radicali che soltanto pochi  possono seguire perché spaventano la maggioranza – ma nell’essere in grado di creare spazi per l’incontro e la lotta per vasti settori , perché scoprire che siamo molti quando condividiamo la stessa lotta, è ciò che ci rende forti, che ci radicalizza.

Una sinistra che comprenda la necessità di guadagnare l’egemonia, cioè la necessità di convincere, non di imporre.

Una sinistra che comprenda che ciò che è più importante di quello che abbiamo fatto in passato è quello che faremo uniti, in futuro per conquistare la nostra sovranità e per costruire una società che permetta lo sviluppo completo degli esseri umani: la società socialista del XXI secolo.

 

Messaggio finale

Infine, voglio dirvi che mentre il capitalismo è in crisi, non scomparirà da solo. Se i nostri popoli non si uniscono, non si organizzano e non lottano con intelligenza,  con creatività e con coraggio, il capitalismo troverà il modo di ricomporsi.

I nostri popoli hanno detto: BASTA e hanno cominciato a camminare, non devono fermarsi adesso; la lotta è lunga e il futuro è nostro!

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/the-challenges-of-advancing-toward-socialism-via-the-institutional-road

 

top