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Martedì, 30 Giugno 2015

 

Grecia: lo stillicidio prima del referendum

di Marta Ottaviani

 

Ma siamo sicuri che per i greci sia meglio questo stillicidio verso il referendum di domenica? E soprattutto, quali sono stati gli effetti pratici del governo Tsipras fino a questo momento?

Nessuno ha la bacchetta magica, occorre sottolinearlo subito, tanto meno un giovane leader alla sua prima esperienza governativa, in un Paese che da sei anni è a rischio default.

Però le immagini che circolano in questi giorni dovrebbero fare riflettere e non poco. Centinaia  di persone in coda ai bancomat, per prelevare euro o dollari, che potrebbero diventare il loro salvavita nel caso in cui il loro Paese uscisse dalla moneta unica. Chi non era in coda alla banca, era in coda dal supermercato o dal benzinaio.

Più che a un referendum, Atene sembra una città che si prepara a un bombardamento o a un coprifuoco. In molti punti vendita i generi alimentari di prima necessità, acqua, pane, latte, sono esauriti. Non va meglio per quelli a lunga conservazione come cibi secchi o surgelati. A causa della crisi i supermercati vengono riforniti meno rispetto a qualche anno fa, ciò non toglie che gli ateniesi e i greci in genere stanno facendo riserve in casa come se si preparassero a un cataclisma. Perché se la Grecia uscisse realmente dall’euro alcuni generi di consumo potrebbero fare più fatica a raggiungere il Paese o potrebbero proprio non essere più forniti, come le medicine, per esempio.

Le misure sul controllo dei capitali, poi, quasi un atto dovuto a Bruxelles più che pensato con convinzione, e comunque tardivo, blocca di fatto l’Ellade fino a domenica. E, se si pensa a quello che potrebbe succedere dopo, questo limbo sembra quasi la migliore delle condizioni possibili al momento.

Dall’altra parte abbiamo un premier che, a gennaio dopo una vittoria trionfale, ha fatto scientemente l’accordo con un partito, quello dei Greci Indipendenti, di destra e anti europeo. Il suo segretario, Pavlos Kammenos, si è più volte detto contrario all’Euro. Non è stato varato un provvedimento sulle categorie ancora ultra tutelate. Non è stato fatto un piano di crescita almeno sul medio termine. Per la tanto celebrata lotta all’evasione fiscale mancano addirittura software adatti.

Come sono andati i negoziati, lo abbiamo visto tutti. Posizioni inconciliabili fra la Grecia e i creditori internazionali. Un primo ministro tirato per la giacca dal suo alleato in Parlamento e dalla stessa minoranza del suo partito Syriza, che vuole stare sì in Europa, ma alle sue condizioni ed eventualmente è pronta a fare saltare il banco. Cinque mesi di perdita di tempo totale, le cui spese le hanno fatte i greci, nonostante il team di economisti di cui Tsipras si è circondato. Rimangono gli show istrionici del ministro delle Finanze, Yannis Varoufakis, che ha fatto molti proseliti in Europa, però lui in queste ore la coda al bancomat non l’ha fatta di sicuro. Proposte definite poco chiare dagli stessi analisti interni, un premier che cambia versione ogni momento e che, non sapendo dove sbattere la testa, ha architettato prima il referendum e adesso potrebbe ricorrere alla corte di Giustizia Europea.  

I greci, dopo anni di sacrifici enormi, meritavano tutto questo? È questa la nuova dignità e il nuovo corso che il primo ministro voleva dare al suo popolo? Ma soprattutto, con decine di analisti che lo hanno messo in guardia già da prima del voto, non riusciva a immaginare che sarebbe finita così?