Originale: Social Europe

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25 luglio 2015

 

Perché ho cambiato idea sulla Grexit

di Daniel Munevar

traduzione di Giuseppe Volpe

 

Daniel Munevar è un trentenne economista post-keynesiano di Bogotá, Colombia. Da marzo a luglio 2015 ha lavorato da stretto aiuto dell’ex ministro greco delle finanze Yanis Varoufakis, consigliandolo su temi di politica fiscale e di sostenibilità del debito. E’ stato in precedenza consulente fiscale del ministero delle finanze della Colombia e consulente speciale sugli Investimenti Stranieri Diretti del ministero degli affari esteri dell’Ecuador. E’ considerato una delle figure principali nello studio del debito pubblico latinoamericano. Qui parla con Thomas Fazi del più recente accordo di salvataggio, spiegando perché gli eventi delle ultime settimane gli hanno fatto cambiare idea sulla Grexit.

Che cosa pensi del più recente salvataggio concordato tra la Grecia e i suoi creditori?

Beh, innanzitutto non è ancora chiaro se ci sarà effettivamente un accordo: ci sono diversi parlamenti che devono approvare la partecipazione del loro paese al salvataggio via ESM. E anche se in qualche modo raggiungeranno un accordo, non c’è semplicemente modo che possa funzionare. L’economia del programma è semplicemente folle. Non hanno ancora annunciato i precisi obiettivi fiscali, ma se guardiamo alle Analisi sulla Sostenibilità del Debito (DSAs) pubblicate dal FMI e dalla Commissione, entrambe dichiarano che l’obiettivo dovrebbe essere un avanzo primario del 3,5 per cento nel medio termine. Ma se si guarda a ciò che è avvenuto nel corso degli ultimi cinque anni, la Grecia è riuscita a ‘migliorare’ il suo bilancio strutturale di 19 punti del PIL. Nello stesso periodo il PIL è sceso di circa il 20%; si tratta di un rapporto quasi di uno a uno. Dunque se si parte da meno un percento – che è l’ipotesi generale per quest’anno – arrivare a 3,5 significa che occorre un aggiustamento di più del 4 per cento del PIL, il che significa che il PIL crollerà di un altro 4 per cento tra oggi e il 2018.

Il che ci porta a un altro punto e cioè che l’accordo attuale è solo un assaggio di quanto deve ancora venire. Il Memorandum d’Intesa (MoU) finale conterrà decisamente misure d’austerità molto più dure di quelle attualmente sul tavolo, per compensare la caduta del PIL cui abbiamo assistito nei mesi scorsi in conseguenza dello stallo con i creditori. Il problema è che questi Memorandum stanno trasformando la Grecia in una colonia del debito: fondamentalmente si crea un insieme di regole che, quando il governo non consegue i suoi obiettivi fiscali – sapendo per certo che non lo farà – costringerà il governo a ridurre ulteriormente le spese, il che farà crollare ancor di più il PIL, il che significa ancor più austerità, eccetera. E’ un circolo vizioso interminabile.

Ciò sottolinea uno dei problemi centrali di questa intera situazione, cioè che le istituzioni hanno sempre sganciato gli obiettivi fiscali dall’analisi della sostenibilità del debito. La logica di avere un alleggerimento del debito è che ti consente fondamentalmente di avere obiettivi fiscali più bassi e distribuire nel tempo l’impatto del consolidamento fiscale. Ma nel caso della Greci, anche se ci fosse un alleggerimento del debito della portata che stanno suggerendo – il che è improbabile – la Grecia dovrà ancora mettere in atto un massiccio consolidamento, in aggiunta a tutto ciò che è già stato fatto.

Quanto meno dell’alleggerimento del debito oggi si discute apertamente …

Sì, questa è una cosa buona. Ma i creditori sanno da sempre quello che il FMI ha ammesso solo recentemente e cioè che la Grecia era/è insolvente e che il suo debito era/è insostenibile. La DSA più recente è molto chiara al riguardo. Ma DSA precedenti non pubblicate dicevano tutte praticamente la stessa cosa. Il debito greco era/è fondamentalmente insostenibile. Ma gli europei non hanno mai accettato ciò, anche se era chiaro a tutti che senza una ristrutturazione del debito – e, cosa importante, senza legare ciò a obiettivi fiscali più contenuti – non ci sarebbe mai stato un accordo sostenibile. Solo oggi il tema comincia a essere dibattuto apertamente e ciò in parte perché la situazione è diventata così brutta che non può più essere ignorata e in parte perché quando il rischio di un’uscita della Grecia dall’euro è diventato evidente gli USA hanno cominciato a esercitare pressioni sul FMI perché esercitasse pressioni sull’Europa sul tema della ristrutturazione del debito.

Parlando di Grexit, non è in qualche modo contraddittorio che la Germania si opponga all’alleggerimento del debito ma sia disposta a considerare una soluzione che quasi certamente forzerebbe la Grecia all’insolvenza sul debito esterno, facendo sì che la Germania perda tutto il denaro che le è dovuto?

Se si guarda a questo in termini puramente economici, sì. Non ha senso. Ma l’intera commedia non ha mai riguardato l’economia o il fatto che la Germania non perdesse un soldo. Stiamo di un’esposizione tedesca di circa 80 miliardi di euro; noccioline, nello schema più generale delle cose. Qui si tratta di fare di SYRIZA un esempio, di dare un esempio al resto dell’Europa. Tutto ciò che è avvenuto negli ultimi mesi è stato semplicemente un modo per dire al popolo dell’Europa: “Attenti, non dovreste votare per partiti che hanno questo genere di programma perché vi schiacceremo. Questo è quello che succede quando uno non rispetta le regole o si rifiuta di pagare il conto. O austerità o fuori”. Tsipras lo ha detto chiaramente di aver firmato l’accordo con una lama alla gola. Questo è stato il ragionamento di Schaeuble per la Grexit: se i greci non vogliono pagare cacciamoli, guardiamoli soffrire e poi usiamo ciò come un catalizzatore per imporre il timor di Dio a tutte le altre nazioni indebitate.

Il governo greco era consapevole sin dall’inizio che i creditori non erano disposti a ripensarci quanto al tema dell’alleggerimento del debito?

Sì, ma la posizione di Varoufakis era che la Grecia avrebbe dovuto comunque battersi per ottenere un accordo che avesse economicamente senso, cioè che includesse l’alleggerimento del debito e obiettivi fiscali sostenibili. Ma, come ha spiegato nell’intervista al New Statesman, ha operato per tutto il tempo in un sistema di decisioni collegiali nel quale è sempre stato in minoranza. Perciò la sua capacità reale di fare cose era molto limitata. Il punto è che la maggioranza del circolo interno di Tsipras credeva sinceramente che se la Grecia avesse fatto concessioni sarebbe stata in grado di ottenere un buon accordo. Il che è il motivo per cui dopo l’Eurogruppo di Riga Tsipras ha essenzialmente accantonato Varoufakis e ha deciso di cominciare a fare concessioni per vedere se ciò avrebbe funzionato. Questa è stata la posizione del governo negli ultimi mesi. Se si confrontano le proposte di marzo con quelle che sono oggi sul tavolo, c’è stata una completa svolta al peggio. E questo è perché quelle persone credevano che mediante concessioni potevano ottenere un buon accordo, ed è anche il motivo per cui, fino al referendum, l’alleggerimento del debito non è mai stato all’ordine del giorno. Ma naturalmente non ha funzionato, perché i creditori non sono stati disponibili a dare alla Grecia nulla che potesse essere reclamato come una vittoria politica.

Pensi che per il governo greco sarebbe stato meglio attenersi alla strategia di Varoufakis ‘o alleggerimento del debito o niente’?

In tutta onestà è difficile vedere come le cose avrebbero potuto andare diversamente. I greci non avevano né denaro né potere. Le sole armi che potevano portare al tavolo del negoziato erano la ragione, la logica e la solidarietà europea. Ma a quanto pare vivremo in un’Europa in cui nessuna di queste cose ha qualche significato.

Dunque entrambe le strategie – quella di Varoufakis e quella di Tsipras – erano destinate fin dall’inizio a fallire?

Sì, era una trappola. Ogni volta che le istituzioni europee sono state sfidate in passato da un governo nazionale hanno fatto ricorso a minacce – aumentando i tassi d’interesse dei titoli governativi, minacciando di chiudere il sistema bancario, eccetera. – per rimetterlo in riga. E in passato queste minacce hanno sempre funzionato: i governi hanno fatto sempre marcia indietro. E le istituzioni hanno supposto che con SYRIZA sarebbe stato lo stesso. Ma la Grecia non ha fatto marcia indietro. Ed è questo il motivo per cui le istituzioni hanno reagito in modo così maligno.

Pensi che l’introduzione degli IOU [letteralmente ‘pagherò’, forme alternative di moneta – n.d.t.] – suggerita sia da Varoufakis sia da Schaeuble – forse un’alternativa praticabile per la Grecia?

Il problema è che una volta che si inizia a introdurre gli IOU per pagare salari e pensioni si finisce lungo una china scivolosa, perché le persone presupporranno che questo è il primo passo verso l’uscita dall’euro, perciò si adegueranno di conseguenza e tesaurizzeranno gli euro disponibili. In conseguenza l’attività economica declinerebbe ancora di più e una quota maggiore delle entrate fiscali andrebbe denominata in IOU. Ciò a sua volta costringerebbe il governo a emettere ancora altri IOU per coprirne il finanziamento. Così ci si troverebbe fondamentalmente in un ciclo che si autoalimenta, che alla fine porterebbe a un’uscita di fatto.

E’ per questo che il governo greco ha rifiutato di ricorrere a questo metodo di finanziamento, perché il rischio di avviare un processo da cui non si può tornare indietro è reale. Guarda a ciò che sta già succedendo oggi, con i depositi bancari greci: in un certo senso la Grecia è già un passo fuori dall’euro, perché è in una situazione in cui i depositi nei conti bancari non sono scambiati alla pari; cioè un euro nel sistema bancario vale in effetti meno di un euro in contanti. Ciò è dovuto al fatto che il semplice parlare di un’uscita ha creato un rischio differenziale tra contanti e depositi, poiché sono i depositi che sarebbero convertiti in dracme in caso di uscita. E’ per questo che molte aziende ad Atene non sono disposte ad accettare transazioni elettroniche. Con gli IOU sarebbe probabilmente lo stesso: si metterebbe in moto un meccanismo che si autoalimenta e che potrebbe facilmente portare a un’uscita, indipendentemente dal fatto che il governo lo voglia o no.

Il che probabilmente è esattamente ciò che Schaeuble sperava …

Esattamente. E alla fine probabilmente egli otterrà ciò che vuole – cioè la Grexit – perché questo accordo non risolve nulla. Né per la Grecia, né per l’eurozona. Di fatto rende ancor peggiore il problema sottostante. Come ho detto in precedenza, anche se si offre tutto l’alleggerimento del debito che è sul tavolo, se esso non è collegato a obiettivi fiscali inferiori si percorre ancora la via della contrazione. Il che significa che è solo una questione di tempo prima che l’economia greca deragli e l’intera discussione sulla Grexit ritorni in primo piano.

Pensi che la Grecia dovrebbe scegliere di abbandonare l’euro?

Guarda, io sono sempre stato contro la Grexit, come Varoufakis. Ma ora, in conseguenza dell’accordo di salvataggio, la Grecia è in una situazione in cui i costi di restare nell’euro sono saliti tanto che è possibile stabilire che c’è un bilanciamento tra uscire – e affrontate tutti i costi a breve termine dell’abbandono dell’euro – rispetto a rimanere in una situazione in cui si è costretti a rinunciare alla propria sovranità senza ottenere in cambio alcun alleggerimento del debito. Io penso che Tsipras abbia deciso al riguardo e concluso che la cosa migliore per la Grecia è rimanere nell’euro, indipendentemente dai costi. E’ una decisione rispettabile. Ma una volta che si comincia a valutare la logica economica e tutto ciò che è accaduto non si può che concludere che la Grecia non ha alcun futuro nell’euro.

Dunque questo accordo non fa che rimandare l’inevitabile. Perché a questo punto è chiaro che nell’eurozona non c’è volontà politica sufficiente per correggere i problemi strutturali dell’euro. Il che, cosa interessante, è esattamente ciò che il FMI implica nella sua DSA più recente, che essenzialmente afferma: o si taglia il debito o si crea un sistema di trasferimenti a favore della Grecia; in altre parole si crea un’Europa federale. Sappiamo tutti che questo è il peccato originale dell’euro: aver creato una moneta comune senza un sistema comune di trasferimenti. Ma non c’è volontà di correggerlo. Perciò potremmo altrettanto bene accettare che non funziona. Non dovrebbe essere più un tabù in Europa dopo quello che è successo in Grecia.

Dove andrà Varoufakis da qui?

Beh, sulla base del suo voto ‘no’ in parlamento sembrerebbe che si stia di fatto posizionando a sinistra di Tsipras, cosa che alla fine potrebbe tradursi in un’alternativa politica reale. Perciò tenete d’occhio gli sviluppi.

Daniel Munevar è ex consulente del ministro greco delle finanze. In passato ha lavorato da consulente fiscale per il ministero delle finanze colombiano e da consulente speciale sugli Investimenti Esteri Diretti per il ministero degli affari esteri dell’Ecuador. Ha un master in pubbliche relazioni presso la LBJ School dell’Università del Texas, Austin.

 


Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

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Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/why-ive-changed-my-mind-about-grexit/