http://vocidallestero.it http://www.sinistrainrete.info Sabato 04 Luglio 2015
Tirannia europea? di Jacques Sapir
Il prof. Jacques Sapir si pronuncia in maniera come sempre molto chiara sull’atto di forza da parte delle istituzioni UE, che in occasione della crisi greca si sono ormai inoltrate in una deriva in cui la posta in gioco non è più il debito, ma i principi della democrazia e della sovranità nazionale
Alexis Tsipras aveva deciso di indire un referendum il 5 luglio, per chiedere al popolo sovrano di decidere sulla diversità di posizioni che lo contrappone ai creditori della Grecia. Aveva preso questa decisione in seguito alle minacce, le pressioni e gli ultimatum che aveva dovuto affrontare durante gli ultimi giorni di trattative con la cosiddetta “troika” – la Banca centrale europea, la Commissione europea e il Fondo Monetario Internazionale. In tal modo, con un gesto che può essere qualificato come “gollista”, ha deliberatamente riportato nell’arena politica un negoziato che i partner della “troika” volevano mantenere nell’ambito tecnico e contabile. Questo gesto ha provocato una reazione dell’Eurogruppo di estrema gravità. Siamo in presenza di un vero e proprio abuso di potere che è stato commesso nel pomeriggio di questo 27 giugno, quando l’Eurogruppo ha deciso di tenere una riunione senza la Grecia. Quello che è in gioco ora non è solo la questione del futuro economico della Grecia. E’ la questione dell’Unione europea, e della tirannia della Commissione e del Consiglio, che è stata posta apertamente.
La dichiarazione di Alexis Tsipras Il testo della dichiarazione fatta da Alexis Tsipras la notte dal 26-27 giugno sulla televisione di stato greca (ERT), da questo punto di vista è molto chiara: “Dopo cinque mesi di trattative, i nostri partner sono arrivati a porci un ultimatum, che viola i principi dell’Unione europea e mina la rinascita della società e dell’economia greca. Queste proposte violano completamente l’acquis europeo. Il loro scopo è l’umiliazione di un intero popolo, e si manifestano principalmente nell’ossessione del FMI per un’estrema austerità. (…) In questo giorno abbiamo una responsabilità storica per l’affermazione della democrazia e della sovranità nazionale, e questa responsabilità ci impone di rispondere all’ultimatum basandoci sulla volontà del popolo greco. Ho proposto al Consiglio dei ministri di organizzare un referendum, e questa proposta è stata approvata all’unanimità “[1]. (Qui la traduzione dell’intera dichiarazione di Tsipras) Questo breve testo, pieno di gravità e determinazione, probabilmente passerà alla storia. Questo testo è pronunciata da un giovane che da cinque mesi si trova ad affrontare la mala fede, le manipolazioni momento sbagliato, quelle che si possono ben definire le bassezze della politica. Egli ha anche manifestato la sua rabbia, fredda e determinata. E forse è proprio questo il fallimento principale dell’Eurogruppo e delle istituzioni europee: aver trasformato un sostenitore dell’Europa in un forte avversario delle istituzioni europee. Cinque mesi fa Tsipras non era un avversario dell’idea europea. Ma il moltiplicarsi delle umiliazioni, dei tentativi di colpo di stato, lo hanno costretto a rivedere molte delle sue posizioni, che in molti casi si sono rivelate delle illusioni. e Tsipras e Varoufakis ora sono in rotta di collisione con l’Eurogruppo e l’Unione europea, non per loro volontà, ma per volontà delle “istituzioni europee”. Questo è di grandissima importanza per il futuro.
Le lezioni della dichiarazione di Tsipras In questa breve dichiarazione si possono sottolineare tre punti importanti. Il primo è che il disaccordo tra il governo greco e i suoi partner fin dall’inizio è stato di natura politica. La BCE e la Commissione europea sono stati costantemente alla ricerca di una capitolazione del governo greco, ciò che Tsipras ha definito “l’umiliazione di un intero popolo.” Quel che l’Unione Europea ha tentato di fare, attraverso l’Eurogruppo, è stato di cauterizzare il precedente creato dalle elezioni del gennaio 2015 in Grecia. Questo per dimostrare, non solo in Grecia, ma cosa in realtà molto più importante, in Spagna, Italia e Francia, che non si può “uscire dal quadro di austerità” come è stato organizzato dai trattati. Qui dobbiamo ricordare l’affermazione di Jean-Claude Juncker, secondo cui non ci può essere scelta democratica che vada contro i Trattati. Il secondo punto importante di questa affermazione è che, per la prima volta, un leader legittimamente eletto e in carica, dichiara che le istituzioni europee fanno delle proposte che, nella loro forma e sostanza “assolutamente violano l’acquis europeo“. Si tratta di una accusa molto grave. Ciò equivale a dire che le istituzioni europee, che dovrebbero essere garanti della democrazia, agiscono in contrasto con essa. Questo significa anche che queste stesse istituzioni, la cui legittimità esiste solo in quanto delegata dagli Stati membri, tengono dei comportamenti che violano la legittimità e la sovranità di uno di detti Stati membri. Ciò significa quindi che le istituzioni dell’Unione europea si sono costituite in Tyrannus ab exercitio, ossia un potere che, benché originato da una procedura legittima, tuttavia agisce da Tiranno. Ciò significa contestare radicalmente ogni legittimità agli organi dell’Unione europea. Il terzo punto risulta dai primi due. Esso è contenuto nella parte del testo che dice “In questo giorno abbiamo una responsabilità storica per l’affermazione della democrazia e della sovranità nazionale, e questa responsabilità ci impone di rispondere all’ultimatum basandoci sulla volontà del popolo greco”. Ora la posta in gioco non è più la questione del debito, ma sono i principi della democrazia e della sovranità nazionale. Ed è qui che si può parlare di un vero “momento gollista” di Alexis Tsipras. Se si vuole spingere l’analogia storica fino alla fine, mentre Paul Raynaud nel 1940 non sottopone al Consiglio dei Ministri la questione della continuazione della guerra, Alexis Tsipras ha osato porre la questione dell’austerità e del referendum, e ha ricevuto un sostegno unanime, compresi i membri di ANEL, piccolo partito sovranista alleato di Syriza. Egli ha quindi in realtà assunto la statura di un leader storico del suo paese. La reazione dell’Eurogruppo, che aveva definito questo referendum una storia “triste” [2], conferma le opzioni anti-democratiche che prevalgono oggi in seno all’Unione europea. Ma questa reazione è stata essa stessa superata da una decisione di importanza veramente drammatica.
L’atto di forza dell’Eurogruppo e la tirannia europea La reazione dell’Eurogruppo, che si è riunito questo sabato a Bruxelles, infatti è consistita in un atto che unisce l’illegalità più eclatante alla volontà di imporre il proprio punto di vista a uno Stato sovrano. Nel decidere di tenere una riunione in assenza di un rappresentante dello stato greco l’Eurogruppo ha deciso di escluderedi fatto la Grecia dall’euro. Questo è chiaramente un abuso di potere. E qui dobbiamo ricordare alcuni punti che non sono senza conseguenze, sia dal punto di vista giuridico che politico. 1. Attualmente non esiste nessuna procedura che permetta di escludere un paese dall’ Unione economica e monetaria (la “zona euro”). Se ci può essere una separazione, essa può avvenire solo previo accordo e in maniera amichevole. 2. L’Eurogruppo non ha esistenza legale. E’ solo un “club” che opera sotto la copertura della Commissione europea e del Consiglio europeo. Ciò significa che se l’Eurogruppo ha commesso un atto illegale – e sembra proprio essere così – la responsabilità ricade su entrambe queste istituzioni. Il governo greco sarebbe legittimato a portare la Commissione e il Consiglio davanti alla Corte di giustizia europea, ma anche alla Corte Internazionale che ha sede a L’Aia. In effetti, l’Unione europea è fondamentalmente un’organizzazione internazionale. Lo si constata ad esempio nello status e nelle esenzioni fiscali dei funzionari della UE. La regola in qualsiasi organizzazione internazionale è quella dell’unanimità. Il trattato di Lisbona ha previsto dei meccanismi di maggioranza qualificata, ma questi meccanismi non si applicano all’euro o alla questione dei rapporti fondamentali tra gli stati. 3. Il colpo di stato, perché deve essere chiamato con il suo nome, appena fatto dall’Eurogruppo non riguarda solo la Grecia. Altri paesi membri dell’Unione europea, e si pensa il Regno Unito o all’Austria, anche loro potrebbero impugnare dinanzi alla giustizia europea e internazionale la decisione di fatto adottata dall’Eurogruppo. In effetti, l’Unione europea si basa su delle norme di legge che si applicano a tutti. Qualsiasi decisione di violare tali norme nei confronti di un determinato paese è una minaccia per tutti i membri dell’Unione europea. 4. Dobbiamo quindi essere chiari su questo. La decisione dell’Eurogruppo potrebbe significare, in ultima analisi, la morte dell’Unione europea. Sia che i leader europei, valutando l’abuso di potere che è stato commesso, decidano di annullarlo, sia che continuino in questa direzione, devono aspettarsi una rivolta del popolo, ma anche dei governi di alcuni stati, contro l’Unione europea. Non è chiaro come gli Stati che hanno appena recuperato la loro sovranità, come l’Ungheria, la Repubblica Ceca o la Slovacchia, accetteranno delle pratiche di questo genere. E’ quindi sintomatico che la crisi indotta da un paese che non rappresenta più del 2% del PIL della UE abbia preso questa svolta. In realtà, è apertamente rivelato il carattere fondamentalmente antidemocratico delle istituzioni dell’UE e il fatto che quest’ultima stia cercando di costituirsi in tirannia.
Lo spettro della democrazia nei corridoi di Bruxelles Non possiamo, e non dobbiamo, pregiudicare l’esito del referendum. E’ anche possibile che, venuto meno il suo oggetto, non si tenga più. Ma va sottolineato che rappresenta il ritorno della democrazia in uno spazio europeo in cui era stato assente. Da questo punto di vista, l’iniziativa presa da Alexis Tsipras è stata l’ultima occasione per introdurre la democrazia nel sistema europeo. E’ anche probabile che i partiti di opposizione, sia Nuova Democrazia che il partito del centro-sinistra To Potami protestino e cerchino di impedire con vari mezzi legali che il referendum abbia luogo. Non possiamo escludere che questi partiti, con l’aiuto dei picchiatori fascisti di Alba Dorata, cercando di destabilizzare il governo greco. Queste reazioni sono esemplari del comportamento antidemocratico che fiorisce oggi in Europa. Portano acqua al mulino di Alexis Tsipras. Si percepisce come gli attori europeisti di questo dramma siano ormai terrorizzati dallo spettro della democrazia. Anche in Francia, si sente molto chiaramente il disagio che provoca l’iniziativa di Alexis Tsipras. Sia nel Partito Socialista che tra i “repubblicani”, non ci si può opporre apertamente a tale decisione senza immediatamente e brutalmente contraddire tutti i discorsi che si sono fatti sulla democrazia. Ma, in realtà, il referendum greco evoca lo spettro di un altro referendum, quello del 2005 sul progetto di trattato costituzionale europeo. Il modo in cui la classe politica francese nella sua grande maggioranza, da Nicolas Sarkozy a Francois Hollande, dall’UMP al PS, era stata sconfessata dalla vittoria del “no”, ma aveva portato avanti quasi esattamente lo stesso testo col Trattato di Lisbona, ratificato dal Congresso a Versailles, è uno degli episodi più vergognosi e più infami della vita politica francese. Gli attori di questa tragica farsa sono ancora tra noi. C’è una continuità di progetto, se non anche una continuità d’azione, tra la decisione di ignorare un voto, quello degli elettori francesi, ma anche olandesi, e l’atto di forza senza precedenti di escludere la Grecia dall’Eurogruppo. Tsipras non dovrebbe quindi aspettarsi alcun sostegno da parte di François Hollande, rimandato senza mezzi termini alla propria mediocrità e ai suoi miseri compromessi, o da Angela Merkel, la cui politica è la vera causa di questa crisi. Ma può aspettarsi il sostegno di tutti coloro in Europa che lottano per la democrazia e la sovranità. ____________________________________________________ Note
[1] Traduzione Vassiliki Papadaki, presso il sito di SYRIZA-France
[2] Dichiarazione del Presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem Sabato 27 juin, |