Originale: ctxt
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12 febbraio 2015
“Syriza e Podemos sono una reazione all’aggressione neoliberista che strangola i paesi periferici”
di Noam Chomsky e Miguel Mora
traduzione di Giuseppe Volpe
A Boston ha nevicato e il termometro è sceso a -15 gradi; gli autobus non sono in funzione e le auto sbandano. Alle 11 in punto il professore emerito Noam Chomsky, l’ottantaseienne linguista e filosofo, è al suo posto a concedere un’intervista a un giornalista francese nel suo ufficio alla facoltà di linguistica del MIT.
Siamo all’interno del leggendario Stata Center, costruito in acciaio e mattoni da Frank Gehry. La facoltà di Scienze Computeristiche, Informatiche e dell’Informazione è affollata di studenti, un numero prevalente dei quali è asiatico. Seminascosta vicino a un ascensore dell’ottavo piano, la tana di Chomsky è permeata dall’odore di caffè appena fatto, calma e cameratismo.
Di fianco all’ufficio di Chomsky c’è quello dell’ultranovantenne Morris Halle, un minuscolo barbuto con un luccichio negli occhi, briciole sulla giacca e l’aspetto di uno che ha condiviso vodka e rivoluzioni con Bakunin. Il The New York Times ha paragonato la coppia di linguisti a Dante e Virgilio, o Sherlock Holmes e Watson. E’ stato Halle, un linguista illustre, a portare Chomsky al MIT nel 1955, quando nessun altro osava assumere il giovane ebreo brillante e arrabbiato, fresco del suo dottorato a Harvard. Nel 1968 i due unirono le forze per scrivere il libro più importante della storia della linguistica, The Sound Pattern of English[Lo schema fonico dell’inglese], che fece per la fonologia – lo studio del suono delle parole – ciò che Chomsky aveva già fatto, all’età di 29 anni, per la sintassi: convertirla in una scienza.
Un altro personaggio chiave nella vita di Chomsky è la sua segretaria, Bev Stohl, una donna affascinante che, in una digressione, dice scherzosamente dei suoi venerabili maestri: “Son elli, loro sono; più di duecento anni in mezzo” [così intendo la battuta, tentando di renderla poveramente. Nell’originale “they’re they are”, due forme linguistiche, separate dall’uso nel tempo, che entrambe significano ‘essi/loro sono’, con riferimento al campo di studi dei due docenti – n.d.t.]. L’ufficio spazioso e luminoso di Chomsky, pieno di libri su anarchia, guerra, storia e linguistica, è dominato da due grandi fotografie di Bertrand Russell, un idolo e una guida per il pensatore ateo e pacifista. Chomsky riceve il suo secondo visitatore del giorno con un sorriso accogliente. E’ presto chiaro che ha perso parte della sua energia e del suo udito, e la sua voce è fievole. Ma ascoltarlo rimane un’esperienza notevole; avendo abbracciato tutte le cause giuste e perse che esistono, la coscienza dell’imperialismo yankee è tuttora un incurabile Don Chisciotte e un analista acuto. Conserva una memoria prodigiosa per date, fatti, libri e discorsi, senza mai, contemporaneamente, perdere il filo del suo pensiero. La sua mente rimane chiara, agile e potente.
Oltre che insegnare, scrivere articoli e assistere i suoi studenti, Chomsky è tuttora un oratore invitato a conferenze – “la mia agenza è piena per tutto il 2016”, dice – e risponde di persona a dozzine di messaggi e lettere che riceve ogni giorno. Secondo la sua segretaria “quell’uomo non dice mai di no; semplicemente non ne è capace”. La prova definitiva di ciò arriva dopo che sono trascorsi i 45 minuti dell’intervista, quando il sottoscritto gli chiede di essere presidente onorario del comitato editoriale di CTXT. Chomsky risponde: “Beh, io non partecipo a comitato … Ma se è onorario, potrei!”
Lei appare allegro. Trova ancora motivi per essere ottimista?
Beh, ce ne sono alcuni. Anche se non mancano ragioni per essere pessimisti. Gli essere umani devono prendere una decisione, e non nel lungo termine, se sopravvivere o semplicemente abbandonare le loro due grandi e imminenti minacce: una è la catastrofe ambientale; l’altra è la guerra nucleare. Il Bollettino degli Scienziati Atomici, che è il principale osservatorio sui temi strategici e nucleari da molti anni, ha un famoso orologio del giorno del giudizio. Stabiliscono quanto lontana da mezzanotte debba essere la lancetta dei minuti. Adesso l’hanno portata più avanti di due minuti, dunque a mezzanotte ora mancano tre minuti. E’ quanto più prossimi ci siamo trovati dopo la crisi dei missili cubani. La minaccia di guerra nucleare sta aumentando; è sempre stata considerevole ed è una specie di miracolo che le siamo sfuggiti, se si considerano i precedenti. Gli Stati Uniti, ad esempio, oggi dedicano circa un trilione di dollari alla modernizzazione e al potenziamento delle armi nucleari. Il Trattato di Non-proliferazione, nel caso interessi a qualcuno, ci impegna a eliminarle, a mostrare buona fede nei nostri sforzi per eliminarle. La Russia sta facendo qualcosa di simile e altri stanno facendo lo stesso, comprese potenze minori.
Ma a malapena qualcuno ne parla
Nessuno ne parla molto, a parte gli analisti strategici, gli esperti economici e altri che si interessano di queste cose. Ma ci sono minacce molto gravi. Una è il conflitto in Ucraina. Si spera che le potenze faranno marcia indietro, ma è lungi dall’essere garantito; sappiamo che ci sono arrivate vicino in passato. Solo per fare un esempio, nei primi anni ’80 l’amministrazione Reagan decise di mettere alla prova le difese russe. Così simularono attacchi aerei e navali contro la Russia, compreso l’uso di armi nucleari. Non dissero ai russi che cosa stavano facendo, perché volevano provocare un allarme vero, non una simulazione. Fu un momento di estrema tensione. Reagan aveva appena annunciato iniziative di difesa strategica, come Guerre Stellari, che gli analisti di ogni schieramento intesero come armi di aggressione. Se mai funzionassero, non sarebbero una difesa missilistica, ma piuttosto una protezione da un’aggressione. Essendo stati resi pubblici gli archivi russi, i servizi d’informazione statunitensi riconoscono oggi che la minaccia fu estremamente grave. Di fatto un’analisi dei servizi apparsa di recente ha affermato che siamo arrivati vicini alla guerra.
Dunque se siamo ancora qui è per pura fortuna.
Torno alla tua prima domanda. Ottimismo? E’ sempre la stessa storia. Sempre, indipendentemente da come uno valuti ciò che sta succedendo nel mondo, ci sono fondamentalmente due scelte: si può decidere di essere pessimisti e di dire che non c’è alcuna speranza e di abbandonare ogni tentativo – nel qual caso si contribuisce ad assicurare che succederà il peggio – oppure si può afferrare qualsiasi speranza ci sia – e ce ne sono sempre – e cercare di fare quello che si può. E forse si sarà in grado di evitare il disastro, o almeno di muoversi un po’ in avanti verso un mondo migliore.
Lei ha rivoluzionato la linguistica quando aveva 29 anni e poi ha cercato di cambiare il mondo. E ci sta ancora provando. Immagino che il secondo compito sia stato più difficile del primo. Ne è valsa la pena?
Cambiare la linguistica è parecchio difficile. La linguistica comprende un po’ di scienza e aspetti di filosofia contemporanea … Penso di essermi trovato dalla parte giusta delle cose, anche se faccio parte di una piccola minoranza.
Direbbe che il risultato complessivo è stato positivo?
Ci sono stati successi, non solo miei, ma grazie all’opposizione popolare alla violenza, alle aggressioni e alla disuguaglianza. Se si prende il Movimento per i Diritti Civili negli Stati Uniti – nel quale non sono stato una figura di spicco ma sono stato coinvolto come molti altri – esso ha realizzato determinati obiettivi considerevoli, ma assolutamente non tutti quelli che erano stati immaginati. Si prenda, diciamo, Martin Luther King: se si dà ascolto alla retorica ufficiale, la sua lotta si ferma nel 1963 con il suo famoso discorso “Ho un sogno” che portò alle leggi sui diritti civili, che migliorò considerevolmente i diritti di voto e altri diritti nel Sud. Ma King non si fermò a quel punto. Continuò a cercare di affrontare il razzismo del Nord e di creare un movimento per i poveri, non solo neri, ma per i poveri in generale. Sua moglie, la sua vedova, guidò la marcia attraverso il Sud, attraverso i luoghi nei quali c’erano stati gli scontri; arrivarono a Washington e organizzarono una tendopoli, Resurrection City [La città della Resurrezione]. Il Congresso dell’epoca era il più liberale della storia. Consentì la permanenza per un certo tempo ma poi mandò la polizia nel mezzo della notte e la distrusse e cacciò tutti fuori dalla città. Quella fu la fine del movimento per affrontare la povertà.
L’Europa è oggi immersa nel capitolo più buio dei suoi ultimi cinquant’anni.
Ci sono state conquiste importanti, ma si sono scontrate contro una barriera. E quella barriera è divenuta molto peggiore con l’avvio di questa massiccia aggressione neoliberista contro la popolazione mondiale, che iniziò nei tardi anni ’70 e decollò sotto Reagan e la Thatcher. Oggi l’Europa è una delle peggiori vittime di queste folli politiche di austerità nel corso di una recessione. Persino il FMI dice che è un’insensatezza. Ma ha senso da un altro punto di vista: stanno minando lo stato sociale; stanno indebolendo il mondo del lavoro; stanno aumentando il potere dei ricchi e dei privilegiati. Così si può vedere che nel loro fallimento c’è un successo che sta distruggendo società. Ma è una specie di nota a piè di pagina che si può trascurare quando si siede negli uffici della Bundesbank.
La società ha cominciato a reagire a questa situazione. Pensa che il cambiamento sia possibile?
Oggi c’è una resistenza all’attacco neoliberista, una resistenza molto significativa, in realtà. La più importante è di fatto in America del Sud, dove è spettacolare. Voglio dire, per 500 anni l’America del Sud era rimasta in larga misura sotto il dominio delle potenze imperiali occidentali, più di recente degli USA. Ma negli ultimi 10 o 15 anni ha cominciato a uscirne. E’ un evento di grande significato. L’America Latina era uno degli aderenti più leali al Consensus e alle regole ufficiali di Washington.
Il cortile sul retro …
Ma i latinoamericani se ne sono tirati fuori; non totalmente, ma per la prima volta in un millennio i paesi stanno muovendosi all’integrazione, che è un prerequisito per l’indipendenza. Erano stati molto separati in passato ma stanno cominciando a unirsi. Un simbolo è che gli Stati Uniti hanno perso tutte le loro basi militari in America Latina, con l’ultima chiusa in Ecuador. Un altro esempio impressionante è ciò che sta succedendo nelle conferenze dell’emisfero. L’ultima conferenza, che si è tenuta in Colombia, non ha mai raggiunto l’unanimità e non è stata in grado di produrre una dichiarazione. Il motivo è stato che ci sono stati due paesi che si sono opposti al resto dell’emisfero: gli Stati Uniti e il Canada. Nulla di simile era immaginabile in passato.
Guantanamo è tuttora un problema. Pensa che Cuba cercherà di riavere la base nei colloqui dell’Avana?
Sono certo che i cubani ci proveranno, ma dubito che gli statunitensi vorranno impegnarsi a ciò.
Ho letto un articolo recente in cui lei ha detto che Obama è solo un conservatore liberale, un Repubblicano moderato e che l’amministrazione Nixon è stata la più liberale della storia degli Stati Uniti.
Nixon fu un bel tipo … Il parametro è cambiato. Secondo i parametri attuali Nixon appare un liberale e Eisenhower appare un radicale sfegatato. Eisenhower, dopotutto, disse che chiunque avesse mai messo in discussione come folli le leggi del New Deal non avrebbe mai potuto prendere parte al sistema politico statunitense. Ormai la maggior parte di ciò è scomparsa.
Dunque Obama non è un presidente di sinistra?
Il termine ‘sinistra’ negli Stati Uniti è oggi usato per indicare i moderati del centro, perché lo spettro ha operato una svolta. Di fatto c’era una battuta che gli Stati Uniti sono uno stato a partito unico (il Partito degli Affari) con due fazioni (Democratici e Repubblicani), battuta che era parecchio accurata. Oggi non è più accurata. Sono tuttora uno stato a partito unico, ma c’è una sola fazione: i Repubblicani moderati. Sono il solo partito politico funzionante. Ci sono quelli che sono chiamati democratici, ma sono in larga misura quello che erano soliti essere i Repubblicani moderati. L’altro partito, i Repubblicani, ha semplicemente abbandonato questo terreno. Ha abbandonato ogni finzione di essere un partito parlamentare. Di fatto ciò è riconosciuto. Uno dei più rispettati commentatori conservatori, Norman Ornstein, ha descritto recentemente i Repubblicani come un’insurrezione radicale che ha abbandonato ogni pretesa di partecipare alla politica parlamentare.
A che cosa si dedicano i neocon in questo periodo?
Il partito è stato mobilitato per conseguire due obiettivi: uno è distruggere il paese e far sembrare che la colpa sia dei Democratici in modo da poter tornare al potere. L’altro è semplicemente servire con dedizione i ricchi e i potenti. Ma poiché ciò non si può fare senza la piattaforma del proprio partito, quello che hanno fatto è comprensibile: hanno cercato di mobilitare grandi settori della popolazione che ci sono sempre stati ma che non sono mai stati organizzati come un’importante forza politica. Un gruppo sono gli Evangelisti Cristiani, che costituiscono gran parte della popolazione degli Stati Uniti. E’ per questo che c’è il nuovo presidente del Comitato del Senato sull’Ambiente, James Inhofe, un uomo che dice: “E’ arrogante pretendere che gli essere umani possano fare qualcosa riguardo alla volontà di Dio, come nel caso del riscaldamento globale”. Questo è antidiluviano; lo si potrebbe addirittura definire da Età della Pietra, perché i primitivi la sapevano parecchio più lunga. Ma questo è il capo del comitato sull’ambiente … E questo è parte dell’essenza della base Repubblicana, che è considerevolmente, forse molto considerevolmente, estremista, evangelista cristiana di destra. L’altro settore che hanno mobilitato è sono quelli che sono terrorizzati. Gli Stati Uniti, ovviamente, sono una società molto eteogenea, e ormai quello che sta succedendo è che la popolazione bianca sta diventando una minoranza. Dunque c’è un vasto segmento della popolazione e dei suoi leader politici che afferma “ci stanno rubando il nostro paese”. Quello è un modo per dire che ci sono troppe facce scure; sai, prevalentemente ispanici.
E riguardo ai mussulmani?
Anche i mussulmani, ma gli ispanici sono la fonte principale di paura.
Il mito nazionale giustapposto all’attacco alle razze ‘inferiori’ …
C’è ancora. Può non avere basi nella storia o nella biologia, ma è nella coscienza. E oggi siamo al punto in cui la nostra eredità mitologica anglosassone non solo è minacciata, ma è superata da questi estranei che ci stanno portando via il nostro paese. Tutto questo fa parte di ciò che il Partito Repubblicano – dovrei chiamarlo ex Partito Repubblicano – ha usato come base per arrivare a queste politiche virtualmente folli.
L’Europa non è molto distante da questa visione.
Di nuovo: è folle il modo in cui la Troika prende decisioni in Europa. Beh, è folle solo se si considerano le conseguenze umane, ma non dal punto di vista di quelli che stanno disegnando la politica, visto che loro se la passano bene. Sono più ricchi e più potenti che mai e stanno distruggendo i loro nemici, in altre parole la popolazione in generale.
Il regista finlandese Aki Kaurismaki lo definisce capitalismo sadico.
Beh, sai, il capitalismo è intrinsecamente sadico; di fatto Adam Smith riconobbe che quando è scatenato e liberato da limiti esterni, si manifesta la sua natura sadica, perché è intrinsecamente feroce. Che cos’è il capitalismo? Significa cercare di massimizzare i propri guadagni personali a spese di tutti gli altri. In effetti un famoso economista premio Nobel, James Buchanan, ha detto una volta che l’ideale di ogni essere umano è di essere un padrone con tutti gli altri suoi schiavi; quella è la nostra situazione ideale. E dal punto di vista dell’economia neoclassica, perché no? L’ideale è quello.
Un mondo senza diritti o responsabilità?
Un mondo senza regole e nel quale i potenti ottengono tutto quello che vogliono. E per qualche miracolo tutto funziona bene. E’ interessante che Adam Smith abbia affrontato ciò con la famosa espressione “mano invisibile”, che tutti buttano lì oggi. (…) Ora vediamo che quando il capitale è liberato dalle regole, particolarmente nel caso dei mercati finanziari, naturalmente tutto va a game all’aria. E’ questo che sta oggi affrontando l’Europa.
Sorprendentemente, 25 anni dopo la caduta del Muro di Berlino, un partito di sinistra come Syriza ha vinto un’elezione in Europa. E’ come se le politiche della troika abbiano riportato dai morti il vecchio nemico …
In realtà non la vedo così … Tanto per cominciare c’è un mucchio di mitologia riguardo al nemico. La Russia era più lontana dal socialismo di quanto siano gli Stati Uniti; la rivoluzione bolscevica è stata una grande sconfitta per il socialismo; ha minato il movimento socialista e ha condotto a una tirannia autocratica in cui i lavoratori sono stati fondamentalmente quello che Lenin chiamava un esercito proletario sotto il controllo di un leader che non aveva nulla a che vedere con il socialismo.
Syriza non è un segno che il pendolo della storia sta invertendo la sua direzione?
Syriza è un partito di sinistra in base ai parametri odierni, ma non particolarmente a motivo dei suoi programmi. E’ un partito anti-neoliberista. Non chiede il controllo dell’industria da parte dei lavoratori.
Naturalmente, non si tratta di veri rivoluzionari.
Non sono nemmeno socialisti tradizionali. Non è una critica; penso sia un bene, e lo stesso vale per Podemos, che fondamentalmente è un partito che sta emergendo contro un’aggressione neoliberista che sta strangolando e distruggendo i paesi della periferia.
Parliamo della stampa. Lei è stato un critico duro del The New York Times e del New Yorker in due articoli recenti. Il declino dei giornali tradizionali è dovuto a quanto sono vicini al potere o, come affermano i loro direttori, è colpa di Internet?
Scrivo riguardo al The New York Times e al New Yorker perché quello che mi interessa è il genere di estremi liberali. Voglio dire, lascerò a qualcun altro denunciare le notizie della Fox, che sono una barzelletta. Ma quelle che mi interessano sono le riviste intellettuali ai limiti esterni alla critica accettabile. Sono delle specie di guardiani. Dicono: puoi arrivare sin qui, ma non oltre. Ed esistono per interessi particolari. Dottrinalmente non penso siano cambiati, dunque sono stati semplicemente altrettanto protettivi del potere statale per tutto il tempo. Date un’occhiata all’invasione e al rovesciamento della democrazia in Guatemala, fortemente supportati; al rovesciamento del sistema parlamentare iraniano nel 1953, supportato con molta forza; alla Guerra del Vietnam, forte sostegno per tutto il tempo. Di fatto l’unica critica alla Guerra del Vietnam, sino a oggi, è che essa è fallita. Quando Obama è considerato un grande eroe morale perché si è opposto all’invasione dell’Iraq, che cosa ha detto? Ha detto che era stata una cantonata, perché non aveva funzionato. Se avesse funzionato, sarebbe andato bene …
Guardiani del potere, ma non della democrazia …?
La stampa è in un declino molto grave, ma penso che si tratti fondamentalmente dell’operatività dei mercati. I media sono fondamentalmente creati da grandi imprese e, essenzialmente, vivono di pubblicità e le loro fonti di capitale sono semplicemente la diffusione, per questo la stampa è in declino. Così se si prende, diciamo, The Boston Globe, soleva essere decisamente un buon giornale, uno dei migliori del paese. Ma oggi fondamentalmente non ha alcuna notizia indipendente. Pubblica servizi d’agenzia o attinge qualcosa dal The New York Times e ha pochissimi corrispondenti. E questo sta succedendo in tutto il paese. Non è una faccenda dottrinale: ha a che fare con il funzionamento della società del mercato; se non fai abbastanza soldi, declini.
E non è strano che questi canali mediatici continuino a difendere un modello che li ha portati alla rovina?
Dottrinalmente, in prevalenza, e non solo negli Stati Uniti, si limitano ad appoggiare il potere. Negli Stati Uniti si tratta del potere delle imprese e dello stato. Ci sono deviazioni. Di fatto The Wall Street Journal, il principale giornale economico, pubblica denunce di crimini delle imprese, buoni articoli, in realtà. Non è che siamo in uno stato fascista.
Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
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Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/syriza-and-podemos-are-a-reaction-against-the-neoliberal-assault-strangling-peripheral-countries/