Originale: teleSUR English La vera minaccia in Europa Subito dopo le sparatorie a Charlie Hebdo e al supermercato kosher, le forze di sicurezza in Belgio hanno dato il via a una massiccia caccia all’uomo per quelle che hanno descritto come cellule dormienti jihadiste che stavano per organizzare nuovi attacchi terroristici. Tuttavia, secondo molti osservatori, l’operazione sembrava avere origine meno da dura intelligence che dalla polizia che premeva il bottone del panico. Soffiare sulle fiamme La paranoia che correva nel pubblico non sorprende dal momento che i media occidentali, particolarmente la CNN sensazionalista, hanno dipinto un’immagine di migliaia di jihadisti “caserecci” che tornano in Europa per seminare il terrore dopo l’addestramento militare in Yemen, Iraq e Siria ricevuto per mano di Al Qaida e dell’Isis, mentre le agenzie di sicurezza avevano poca capacità di occuparsene. La CNN ha avvertito la sua audience in tutto il mondo che, secondo le fonti di intelligence “20 cellule dormienti formate da un numero di persone compreso tra 120 e 180 potrebbero essere pronte ad attaccare in Francia, Belgio e Olanda. La sensazione di stare entrando in un periodo eccezionale è stata rafforzata dalle apparizioni sui media di personaggi di alto profilo da parte di cosiddetti esperti della sicurezza, come il senatore statunitense John McCain, il capo dell’Interpol Jurgen Stock e l’ex capo della CIA Leon Panetta. McCain annuncia che la minaccia per l’Occidente è così grande, che soltanto schierare “truppe di terra” in Iraq e in Siria per combattere l’Isis, fermerà la marea terrorista in Occidente. Stock esorta a colpire i sospetti terroristi prima che loro vi colpiscano.” Panetta dice che l’assalto terrorista sta ora entrando in un “capitolo molto più pericoloso” che richiederà sorveglianza e azione più coordinata da parte delle forze di sicurezza statunitensi ed europee. Avverte, sulla CNN, cosa che non ci stupisce, che l’Isis e Al Qaida “sono impegnate in un tentativo molto più aggressivo per condurre azioni violente non soltanto in Europa, ma penso che sia soltanto questione di tempo di prima che lo dirigano anche contro gli Stati Uniti.” L’affermazione di Panetta è una speculazione irresponsabile mascherata da opinione di esperto. Quella che non è una speculazione è che la situazione delle comunità di immigrati in Europa, per prendere a prestito le sue parole, sta entrando in un nuovo capitolo pericoloso. Mentre le reazioni ufficiali dei governi occidentali agli eventi di Parigi hanno seguito in modo predominante le linee del discorso liberale, accennare a temi come “apertura” e “assimilazione” degli immigrati e della comunità musulmana, gli immigrati in tutto il continente temono che la soluzione reale presa in considerazione da un numero sempre maggiore di europei bianchi sia quella proposta dal Primo Ministro ungherese Viktor Orban che ha dichiarato seccamente : “Non dovremmo considerare l’immigrazione economica come se fosse di una qualche utilità, perché porta soltanto guai e minacce agli europei. Perciò l’immigrazione deve essere fermata. Questa è la posizione dell’Ungheria.” Per ironia, aveva appena partecipato alla “Dimostrazione per l’Unità” l’11 gennaio a Parigi alla quale erano presenti migliaia di immigrati musulmani che mostravano lo slogan “Je suis Charlie.” La Francia come epicentro Avendo la più grossa comunità europea di immigrati che ammonta a oltre 4 milioni, la Francia è diventata il focus della del continente per l’immigrazione. Le opinioni di Obama di inasprire i controlli sugli immigrati, sono riflesse a livello interno da Marine Le Pen che, in un contro-editoriale pubblicato sul New York Times, non ha chiesto soltanto di “limitare l’immigrazione” ma anche di “privare i jihadisti della loro cittadinanza,” una proposta che molti immigrati hanno accettato si applicasse non soltanto agli attivisti jihadisti, Il Fronte Nazionale della Le Pen è in un periodo fortunato, avendo ottenuto il 26% dei voti, cioè, 4,1 milioni di voti nelle elezioni di maggio per il Parlamento europeo, un risultato definito dal Primo Ministro francese Manuel Valls, come “uno shock, un terremoto.” I recenti sondaggi mostrano che il presidente Francois Hollande perderebbe nel ballottaggio con la Le Pen se si svolgesse oggi. Nel suo contributo al Times, la Le Pen richiama l’attenzione sul fatto che “Sia dalla destra che dalla sinistra, una serie di amministrazioni francesi, non sono riuscite a il problema o il compito che deve essere raggiunto..” Questa è probabilmente l’unica affermazione precisa che c’è nel pezzo. Non è che le successive amministrazioni non abbiano avuto la possibilità di occuparsi del problema in modo decisivo. La più grossa opportunità era stata fornita 10 anni fa dai tumulti di massa nelle banlieues, cioè le miserabili periferie delle città francesi. Le sommosse del 2005 che sono durate per 20 notti e che hanno provocato l’incendio di 9.000 veicoli, e la distruzione di 80 scuole e di molte aziende commerciali, hanno portato davanti agli occhi della Francia e del mondo la disperazione delle società di immigrati che abitavano nelle periferie e il tremendo risentimento dei loro giovani. Come ha scritto Mary Dejevsky del quotidiano The Independent, le sommosse hanno offerto uno scorcio della “Francia che è abbandonata tra città e campagna, dietro brutte mura di cemento, confinata entro alti edifici in disfacimento… la Francia che ha fallito….E’ stato in queste periferie che i giovani armati di Charlie Hebdo, i fratelli Kouachi, Cherif e Said sono nati, sono stati allevati e hanno lavorato. L’illusione di uguaglianza Le sommosse potrebbero essere state l’inizio di un processo di comunità che si integrano veramente, che erano definite francesi ma che non hanno avuto le possibilità che avevano altri francesi. Tuttavia, per dieci anni, quasi nulla del tipo di riforma sostanziale è stato fatto per accelerare l’assimilazione degli immigrati e per migliorare le loro condizioni di vita. Un problema chiave, paradossalmente era radicato nell’ideologia della Rivoluzione Francese. Come ha osservato uno specialista dell’immigrazione francese: “Parte del problema è l’approccio francese all’integrazione, basato sul concetto che ognuno è uguale. L’idea che siamo uguali è una fantasia. Alle minoranze etniche si continua a dire che non esistono.” L’ideologia francese ufficiale è così attenta a cancellare le particolarità, che il governo non permette che le statistiche vengano guastate dalla religione o dalla etnicità. Il risultato dei paraocchi ideologici è, come lo descrive Guy Arnold, “una società piena di risentimento di cittadini francesi ipoteticamente uguali che sono cresciuti nel cuore della capitale francese sotto gli occhi ciechi di governi successivi che semplicemente non hanno voluto sapere.” Laicità La vita degli immigrati è stata ulteriormente complicata da un’altra eredità della Rivoluzione Francese, il principio centrale di laicità. La separazione di Chiesa e stato è stata sempre rigida in Francia, ma in anni recenti ha rasentato l’intolleranza, con un impatto devastante sui rapporti tra Musulmani e la società dominante. Invocando la laicità, un movimento che trae appoggio dalla sinistra e dalla destra, nel 2004 è stato in grado di far approvare una legge che proibisce la hijab, un velo che copre la testa e il petto, nelle scuole pubbliche. Questa è stata seguita, nel 2011, da un’altra legge, di nuovo con l’appoggio di tutto lo spettro ideologico, che criminalizzava l’atto di nascondere la propria faccia in pubblico, di fatto vietando altri due tradizionali articoli di abbigliamento indossarti dalle donne musulmane: la niqab, un velo che copre tutta la faccia, e il burqa, un indumento esterno che copre la donna dalla testa ai piedi. Alcuni analisti sostengono che non era tanto l’ideologia della laicità che era responsabile, ma gli ideologi pedanti e i politici egoisti che hanno permesso che il problema sfuggisse al controllo invece di appellarsi al senso comune e alla tolleranza per permette che questi due normali capi dell’ abbigliamento femminile musulmano diventassero parte di un diverso stile sartoriale, come in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Fallimento del modello Francese Una terza ragione per l’assenza di riforme era la convinzione compiaciuta tra i tecnocrati che il “modello di assimilazione francese” nel complesso stesse funzionando e che le sommosse del 2005 fossero semplicemente una rappezzatura irregolare sulla strada. Nel “modello francese”, secondo l’analista Francois Dubet, “il processo di immigrazione si supponeva seguisse tre fasi distinte che portavano a creare “delle persone francesi eccellenti.” Prima, una fase di integrazione economica in settori di attività riservate agli immigrati e caratterizzate da sfruttamento brutale. Secondo, una fase di partecipazione politica tramite i sindacati e i partiti politici. Terza, una fase di assimilazione culturale e di fusione dell’entità nazionale francese, mentre la cultura originaria viene mantenuta, nel tempo, unicamente nella sfera privata.” Ciò che i tecnocrati non hanno fronteggiato è stato che negli anni ’90 il meccanismo che sosteneva il modello si è guastato in gran parte a causa di un sistema economico capitalista nella morsa di politiche neo-liberali per generare gli impieghi semi-specialistici e non specialistici per i giovani migranti che erano serviti come mezzi di integrazione nella classe lavoratrice per una precedente generazione di immigrati. La disoccupazione giovanile in molte delle periferie raggiungeva il 40%, quasi il doppio della media nazionale. Con la mancanza di occupazioni stabili, i giovani immigrati mancavano della base per la quale potevano essere incorporati nei sindacati, nei partiti politici, e nelle istituzioni culturali. Ostacolati da cecità ideologica verso la disuguaglianza, dal modo errato di trattare il problema del vestito da donna musulmano, e dal fallimento tecnocratico di rendersi conto che il neoliberalismo aveva interrotto la scala economica verso l’integrazione, le autorità hanno iniziato a usare sempre di più misure repressive per trattare il “problema degli immigrati.” La soluzione ha assunto la forma di un più severo sorveglianza delle periferie, dando risalto al controllo dei giovani uomini, e, soprattutto, di un aumento delle espulsioni. Quando Nicolas Sarkozy è diventato presidente della Francia nel 2007, l’espulsione è diventato il metodo preferito di trattare con gli immigrati. Dato che il suo Ministro degli Interni ha avuto carta bianca, nel 2011 sono stati espulsi 32.912 immigrati, un aumento del 17% rispetto all’anno precedente. Il ministro, Claude Gueant, si impegnava regolarmente nell’uso di una retorica esplosiva anti-immigrati e anti-islamica che collegava gli immigrati al crimine e alla droga e asserendo che il fatto che i Musulmani pregassero in strada aveva fatto sì che i “francesi non si sentivano più a casa. Mentre si avvicinavano le elezioni presidenziali del 2012, tormentare musulmani e immigrati è diventato il mezzo per cui Sarkozy ha tentato, senza successo, la base di destra di Marine Le Pen per impedire che Francois Hollande venisse eletto presidente nel 2012. Dove era la sinistra? La Sinistra è stata particolarmente assente come forza decisiva che modellava la politica dell’immigrazione. Questo è accaduto perché, per lo più la Sinistra si emarginava da sola. I socialisti in gran parte hanno accettato il modello di assimilazione dei tecnocrati, mentre il Partito Comunista della Francia (PCF) oscillava tra l’ostilità e una preoccupata accettazione degli immigrati. Non riuscendo a capire la dinamica del capitalismo di creare nuovi strati di lavoratori emarginati, il PCF in gran parte si atteneva rappresentare, provvedere, e proteggere la sua tradizionale classe di operai dell’industria. In effetti, il PCF era inizialmente ostile agli immigrati, e la dirigenza del partito votava per limitare l’immigrazione nel 1980 e i governi locali dominati dal PCF si opponevano all’ingresso degli immigrati in progetti di case popolari. Attualmente, sebbene il partito appoggi la regolarizzazione di immigrati privi di documenti, il PCF e la comunità di immigrati si guardano con sospetto reciproco. Con questo non voglio dire che non ci siano stati tentativi da parte della sinistra militante di organizzare gli immigrati. Piccoli gruppi maoisti si cimentavano nel mobilitandoli, negli anni ‘70 e ’80. Ma con il crollo dell’Unione Sovietica e del progetto socialista, molti attivisti progressisti evitavano di organizzare settori non organizzati della classe operaia, che consideravano come un fallito agente di cambiamento, mentre altri si evolvevano come burocrati del sindacato. Alcuni militanti sono invece diventati attivi nel movimento anti-globalizzazione con base in gran parte formato dalla classe media, mentre alcuni degli intellettuali progressisti più promettenti, come Alain Badiou, attualmente celebrato, si sono spostati dalla politica alla filosofia. (Badiou quando era un giovane accademico aveva fondato una formazione maoista: l’Unione Francese Comunista Marxista-Leninista che tentava di organizzare gli immigrati in lavoratori consapevole delle differenze di classe. Nello scorso decennio, un problema in particolare eroso i legami già tenui della Sinistra con la comunità degli immigranti musulmani. Mentre tutti i settori sono stati in grado unirsi contro il razzismo e la Islamofobia, un dibattito debilitante ha diviso i loro ranghi riguardo al problema della hijab: alcuni consideravano il suo uso in posti pubblici come una violazione della laicità e altri difendevano il diritto delle donne di indossarlo. Con l’ossificazione della politica di classe, i temi etnici, culturali, nazionali e razziali, sono arrivati a dominare il dibattito pubblico sia dentro che fuori dalle periferie. Per i giovani delle periferie, il vuoto creato dall’assenza della sinistra ha avuto conseguenze importanti. Come si è espresso Dubert, “il carattere tradizionale dell’attivista di sinistra che appoggia la protesta collettiva della popolazione sta sparendo dietro la figura religiosa che incarna la strada alternativa per una vita dignitosa e morale in una città ‘al di fuori del mondo reale,” in una comunità protetta da una società percepita come una cosa impura.” Leggendo i resoconti della loro parabola non si può fare altro che considerare la possibilità che in altre circostanze, Cherif e Said Kouachi sarebbero probabilmente stati maturi per il reclutamento in un movimento progressista. Non essendoci invece alcuna figura nella sinistra laica a fornir loro una guida ai loro sentimenti di ingiustizia e al loro idealismo, quel vuoto, nel caso di Cherif, è stato riempito da Faryd Benyettou, un devoto Musulmano di discendenza algerina, che instancabilmente tenevano discussioni di gruppo con giovani impressionabili, incoraggiandoli a unirsi alla jihad e predisporre, secondo un rapporto investigativo, “un gasdotto per giovani Musulmani francesi, per andare a raggiungere la rete di Al Qaida di Abu Musab al-Zarqawi in Iraq. Il resto, come si dice, è storia. Un influsso inevitabile? La vera minaccia in Francia e in Europa non è la fantasia di mille cellule jihadiste dormienti pronte a rovinare la società. La vera minaccia è la repressione delle comunità migranti da parte degli stati dei sicurezza nazionale con l’appoggio di un segmento significativo della maggioranza della popolazione mobilitata dalle forze di destra. Queste stanno diventando sempre più sofisticate nel divulgare il loro progetto reazionario. Nel suo recente contro-editoriale sul New York Times, Marine Le Pen evoca il nome dell’icona liberale Albert Camus e diffonde il discorso repubblicano: “Noi, i francesi, siamo visceralmente attaccati alla nostra laicità, alla nostra sovranità, alla nostra indipendenza, ai nostri valori. Il mondo sa che quando la Francia viene attaccata è la verità che subisce un colpo…il nome del nostro paese, la Francia, risuona ancora forte come un invito alla libertà.” Alcuni commentatori hanno interpretato questo nuovo stile come “uno spostamento verso il centro.” Si sbagliano. E’ l’intento estremista mascherato da discorso repubblicano laico. Ciò che è inequivocabile, tuttavia, è la sicurezza con cui la Le Pen parla all’Occidente. E’ la sicurezza di una persona che sente di essere nell’anticamera del potere. L’influsso della Le Pen e di altri leader simili dell’estrema destra è inevitabile? In Francia, come in Europa nel suo complesso, la relazione tra la società dominante e la comunità degli immigrati, è una storia di occasioni perdute, di iniziative timide e di fallimenti nella dirigenza. E’ anche una storia di abdicazione. Un attore fondamentale che aveva svolto un ruolo nell’integrazione e nel miglioramento di comunità in precedenza oppresse e sfruttate, hanno abbandonato la scena, lasciando il campo a fondamentalisti razzisti e religiosi. Tuttavia una Sinistra laica che colma il divario crescente tra le comunità, asserendo, oltre le reali differenze di religione, cultura ed etnicità, il prevalente interesse comune di persone come i lavoratori che sono sfruttati e divisi da un capitalismo neoliberale aggressivo e che li raduna attorno a un progetto di trasformazione emancipatoria, è ancora il miglior antidoto dell’Europa al vortice che si sta sviluppando. Se la Sinistra europea sia pronta alla sfida, è, tuttavia, un’altra storia. In quanto presidente del Comitato di affari per i lavoratori d’oltremare della Camera dei Rappresentanti delle Filippine, Walden Bello si occupa di problemi che affrontano i lavoratori immigrati. Da: Z Net Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Fonte: http://zcomm.org/znet/article/the-real-threat-in-europe
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