http://www.lastampa.it/ Fu davvero BlackRock a ispirare il "cambio di scena" del 2011 in Italia? La RocciaNera negli opachi intrecci fra fondi di investimento e megabanche che si stanno comprando tutto. Il nuovo Limes su Chi ha paura del Califfo? è in edicola, puntualissimo e subito ripreso da tv e social media. Meno attenzione è stata data al numero precedente dedicato a Moneta e Impero (l’impero del dollaro, naturalmente) che proponeva, fra gli altri, un pregevole pezzo su “BlackRock, il Moloch della finanza globale”: un “fondo di fondi” americano con 30mila portafogli e $4,100 miliardi di asset ($4,652 secondo l’ultimo dato SEC, dic 2014) che non solo non ha rivali al mondo, ma è una delle 4-5 ‘istituzioni’ che ricorrono tra i maggiori azionisti delle principali megabanche americane, come vedremo. E non solo di queste: era anche il maggior azionista di DeutscheBank - la banca tedesca che nel 2011 ritirò per prima i suoi capitali investiti in titoli italiani, spingendo il nostro paese sull’orlo del ‘baratro’ e nelle braccia del governo Monti - rivela Limes – nonché grande azionista delle prime banche italiane, e di altre imprese. Sull’ influenza politica della RocciaNera non solo a Wall Street ma nella stessa politica di Washington insiste del resto l’articolo (di Germano Dottori, cultore di studi strategici alla Luiss). BLACKROCK E GLI EVENTI ITALIANI DEL 2011. Il super-fondo “svolse probabilmente un ruolo molto importante nel precipitare la crisi del debito sovrano italiano che travolse nel 2011 il governo presieduto dal governo Berlusconi. Lo spread fra Bund tedeschi e i nostri Btp iniziò infatti a dilatarsi non appena il Financial Times rese noto che nei primi sei mesi di quell’anno Deutsche Bank aveva venduto l’88% dei titoli che possedeva, per 7 miliardi di euro”. Così Limes. “Molti videro un attacco al nostro paese ispirato da Berlino e dai poteri forti di Francoforte, aggiunge”, citando articoli di allora. Probabilmente non era così.
L’articolo rivela infatti che il potente istituto di credito tedesco aveva allora un azionariato diffuso, il 48% del capitale sociale era detenuto fuori dalla Repubblica Federale, e il suo azionista più importante era proprio BlackRock con il 5,1% . (Peraltro oggi la Roccia Nera detiene in Deutsche Bank una quota ancor maggiore, il 6,62% - è il maggior azionista seguito da Paramount Service Holdings, basato alle Isole Vergini Britanniche, al 5,8% - dati ufficiali dic. 2014 Alla pari con una fondazione di Panama e l’ex primo ministro del Qatar riferiva la SEC americana ma a giugno vedi qui. E qui un quadro più aggiornato e articolato ma che sembra coincidere solo in parte).
“Si può escludere che il fondo non abbia avuto alcuna parte in una decisione tanto strategica come quella di dismettere in pochi mesi quasi tutti i titoli del debito sovrano di un paese dell’UE? Se attacco c’è stato non è detto che sia stato perpetrato dalle autorità politiche ed economiche della Germania” sostiene il post, sottolineando l’opacità dei mercati finanziari.
“E’ un fatto – continua - che a picchiare più duramente contro i nostri titoli a partire dall’autunno 2011 siano proprio Standard& Poors e Moodys, piuttosto che Fitch (la terza agenzia di rating)”.
Un’ipotesi interessante, quella di Limes. Che getta una luce nuova su tanta parte della narrazione di questi anni sulla Germania, l'Europa e i PIIGS, a partire dalle polemiche di quell'agosto bollente, con Merkel e Sarkozy fustigati da Giuliano Amato sul Sole24Ore - Amato che in quel 2011 era fra l'altro senior advisor proprio di Deutsche Bank (e chissà che senza la decisione di Deutsche Bank di vendere i titoli di Stato di Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna, la tempesta finanziaria non sarebbe iniziata).
Un'ipotesi realistica, che apre altri interrogativi, sugli intrecci fra potere finanziario e politico, sul “potere sovrano” degli stati, anche della potente Germania. E sulla composizione azionaria di questi istituti - banche varie, fondi, superfondi: di chi sono? Chi decide che cosa, al di là dei luoghi comuni ripetuti delle narrative ufficiali? Proviamo solo ad aprire qualche spiraglio qua e là. Cominciando dalla banca tedesca.
L’ANGLO-AMERICANIZZAZIONE DI DEUTSCHE BANK e la trasformazione dell'istituto nato nel 1870, da banca che storicamente ha per missione il finanziamento dell’industria a banca che genera metà dei suoi profitti dal trading di derivati , valute, titoli, cartolarizzazioni, è storia non troppo lontana. Risale a quando, col crollo dell’URSS, l’attenzione della finanza angloamericana si concentra sull’Europa. E avviene a seguito di misteriosi omicidi.
Alfred Herrhausen, presidente della banca e consigliere fidato del cancelliere Khol aveva in mente uno sviluppo della mission tradizionale e stilò addirittura un progetto di rinascita delle industrie ex comuniste, in Germania, Polonia e Russia. Andò persino parlarne a Wall Street. Venne improvvisamente freddato fuori dalla sua villa, a fine 1989. Si disse dalla RAF, magari invece dalla Stasi, come qualcuno scrisse, o da altri. Stessa sorte tocca al suo successore, un altro economista che si era opposto alla svendita delle imprese ex comuniste elaborando piani industriali alternativi alla privatizzazione. Ucciso nel 1991 da un tiratore scelto. Dopo di lui a Deutsche Bank - alla sua sede londinese - arriva uno squadrone di ex Merril Linch, compreso il capo che diventa presidente, riorganizzando tutto in senso ‘moderno’, anche troppo? La banca che deve portare sfortuna, perché anch’egli muore, a soli 47 anni in uno strano incidente del suo aereo privato. Va meglio al suo giovane braccio destro, Anshu Jain, un indiano, jainista, passaporto britannico, cresciuto professionalmente a New York, tutt’oggi presidente della banca diventata prima al mondo per quantità di derivati, spodestando JPMorgan: è esposta per 55.000 miliardi, 20 volte il Pil tedesco, a fronte di depositi per 522 miliardi.
LO SCONTRO COL POTERE POLITICO. “Quanto è pericoloso il potere di mercato delle maggiori banche di investimento?” Se lo chiedeva due anni fa lo Spiegel riportando un durissimo scontro fra Deutsche Bank e il ministro tedesco dell’ Economia Wolfgang Schauble. Scriveva il settimanale: “Un pugno di società finanziarie domina il trading di valute, risorse naturali, prodotti a interesse. Migliaiaia di investitori comprano, vendono, scommettono. Ma le transazioni sono in mano a un club di istituti globali come Deutsche Bank, JP Morgan, Goldman Sachs. Quattro banche maneggiano la metà delle transazioni di valute: Deutsche Bank, Citigroup, Barclays e UBS.
BLACKROCK COMPRA IN ITALIA (o l’Italia?) “Un’altra ragione che dovrebbe farci prestare attenzione alla Roccia Nera è che ha messo radici in molte realtà imprenditoriali nel nostro paese”, scrive Limes. “Che si sta comprando l’Italia”, titolava più spiccio Europa quotidiano, quando un certo allarme si spargeva nel Bel Paese (qui l'Espresso). A fine 2011 la Roccia aveva il 5,7% di Mediaset, il 3,9% di Unicredit, il 3,5% di Enel e del Banco Popolare, il 2,7% di Fiat e Telecom Italia, il 2,5% di Eni e Generali, il 2,2% di Finmeccanica, il 2,1% di Atlantia(che controlla Autostrade) e Terna, il 2% della Banca Popolare di Milano, Fonsai, Intesa San Paolo, Mediobanca e Ubi.
E oggi? Molte di queste quote sono cresciute e BlackRock è ormai il primo azionista di Unicredit col 5,2%, il secondo azionista di Intesa-SanPaolo, col 5%. Al 5% anche la partecipazione di Atlantia, al 9,4% sarebbe quella di Telecom. “Presidi strategici che permetteranno a BlackRock di posizionarsi al meglio in vista delle privatizzazioni prossime venture invocate da molti ‘per far scendere il debito’” scrive Limes. La nuova ondata, dopo quella del 1992-93 a prezzi di saldo, seguita alla brutale speculazione sulla lira che ne aveva tagliato il valore del 30%? La Grecia c’è già dentro, ma resiste. La crisi dei PIIGS a che altro serve se no?
NON E’ IL SOLO. Aggiungiamo che State Street Corporations, un altro colosso americano, non un fondo di investimenti ma una storica ‘banca di custodia’ basata a Boston che nel 2003 aveva acquistato la divisione Securities di Deutsche Bank, nel 2010 ha comprato l’ attività di “banca depositaria” di Intesa SanPaolo(custodia globale, controllo di regolarità delle operazioni, calcoli, amministrazione delle quote dei fondi e di servizi ausiliari come gestione dei cambi e del prestito di titoli, qui Sole24Ore ).
BLACKROCK E GLI INTRECCI CON LE MEGABANCHE. La Roccia Nera di chi è, chi sono i suoi azionisti principali? Cercando nel web ci si ritrova in un labirinto di scatole cinesi, un terreno opaco e cangiante.
Azionista n. 1 di BlackRock, nel prospetto di Yahoo finanza (il più chiaro, dic.2014) col 21,7% è PNC Financial Services Group Inc. , antica banca di Pittsburg, la 5°per grandezza negli Usa, pur meno nota. PNC era proprietaria della RocciaNera fino al 1999, racconta Bloomberg (nov 2010, parla di PNC e Bank of America che ne vendono quote). Azionisti n. 2 e 3 sono Norges Bank, la Banca Centrale di Norvegia, e Wellington Management Co., altro fondo di investimenti, di Boston (2100 investitori istituzionali in 50 paesi, $869 miliardi di asset, investimento minimo $5 milioni, per dire).
Poi però tra gli azionisti ‘istituzionali’ - i più rilevanti - troviamo State Street Corporation, FMR-Fidelitye Vanguard Group (ancora una società di investimenti, gestisce $3000 miliardi di assets), fondata nel 1977 dal presidente di quella Wellington a cui appare legata in varie combinazioni. Le stesse quattro società Vanguard, BlackRock, State Street e FMR-Fidelity con Wellington sono gli unici azionisti istituzionali di PNC! Non solo.
I magnifici quattro. Queste quattro società si ritrovano con varie quote fra gli azionisti delle principali megabanche. I “Big Four” li chiamava un post in cui ci siamo imbattuti tempo fa, riproposto negli ultimi anni da vari blog. Un titolo di sapore complottista (“Le grandi famiglie che governano il mondo”) e la scoperta che era apparso nel 2011 anche su Pravda.ru, induceva ai peggiori sospetti. Scansando i pregiudizi abbiamo fatto delle verifiche.
Ebbene, i Big Four effettivamente costituiscono un nucleo sempre presente nelle maggiori banche ‘sistemiche’. Non solo le prime quattro – JP Morgan, Bank of America, Citigroup, Wells Fargo - ma anche in banche d’affari come Goldman Sachs, Morgan Stanley, Bank of NY Mellon. Le stesse State Street, Vanguard e BlackRock, FMR-Fidelity che non sono propriamente banche tranne la prima, sembrano possedersi a vicenda.
A ricorrere nell’azionariato istituzionale di questi istituti ci sono anche altre società e banche, ma i magnifici quattro non mancano mai. Neppure nella compagine azionaria di Moodys e di Standard& Poors (del gruppo Mc GrawHill che la controlla, dove tra i 4 spicca FMR-Fidelity, vedi anche qui).
In America e anche in Europa, a quanto pare.
BARCLAYS, PER ESEMPIO. Prendiamo Barclays, la megabanca britannica che risale al 1690. (trai suoi azionisti, accanto ai soliti BlackRock, Vanguard, e a Capital Research & Management ce n’è uno speciale, col 6,18%, : Qatar Holding LLC, sussidiaria del fondo sovrano qatarino specializzata in investimenti strategici . La stessa holding qatarina è anche maggior azionista di Credit Suisse, seguita dall’Olayan Group dell' Arabia Saudita che ha partecipazioni in una caterva di società di ogni genere, mentre nell’altra megabanca elvetica, UBS , si ritrova BlackRock, una sussidiaria di JPMorgan, una di Singapore e la Banca di Norvegia di cui sopra, ma non divaghiamo troppo).
Ebbene Barclays Investment Group compariva tra i grandi azionisti di BlackRock, e viceversa, ma PRIMA della crisi del 2008. Dopo, non più, almeno in apparenza. Così racconta un post su Global Research di Matthias Chang, che propone tabelle interessanti che mostrano come nel 2006 ‘Barclays Octopus'- come la chiamava il post - fosse davvero la piovra che allarga i suoi tentacoli ovunque . Insieme alla sua alleata State Street.
Del resto nel 2011 la rivista scientifica New Scientist traendo spunto da un vasto e serissimo studio svizzero sulla concentrazione dell’economia globale (con dati del 2007 però) raccontava che 147 corporations controllano il 40% dell’economia globale ed elencava le prime 50, la maggioranza delle 20 al top erano banche.
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