Comitato No Trident - Napoli sabato 21 novembre 2015
La guerra ha fatto un altro decisivo passo avanti. La strage di Parigi rende più urgente la lotta contro la guerra
La vera novità è che la guerra che i paesi occidentali, e la Francia in primis, hanno esportato in giro per il mondo, rimanendone sostanzialmente immuni finora sul proprio territorio, arriva anche in casa propria, facendo toccare con mano cosa voglia dire vivere in una situazione di conflitto armato.
Per questo motivo, per quanto colpiti dalla morte di tante vittime civili a Parigi, non ci associamo al coro unanime che il circo mediatico e le istituzioni stanno mettendo in campo. Si tratta infatti di lacrime ipocrite e colpevoli, che servono a nascondere le responsabilità di chi da circa 30 anni non sta facendo altro che portare saccheggio, morte e distruzione nella maggior parte dei paesi del Medio Oriente e dell’Africa. Quegli stessi giornalisti non hanno espresso il minimo di commozione e di condanna per i recenti attentati a Beirut, all’aereo russo fatto cadere nel Sinai o alle bombe contro la manifestazione di Ankara. Evidentemente i morti occidentali sono speciali, mentre gli altri sono di una razza inferiore e non meritano compassione e rabbia. Quando gli eserciti delle potenze occidentali hanno bombardato ed invaso interi paesi, con la scusa di difendere i diritti umani, di esportare la democrazia e tante altre fandonie che ci hanno raccontato, solo per mascherare una politica neocoloniale tesa a ristabilire su di essi la supremazia delle grandi potenze occidentali e dei loro capitali, quegli stessi giornalisti ne hanno esaltato le presunte ragioni umanitarie.
Le migliaia di morti civili, la distruzione di intere città, provocati dai nostri aerei da 10 km di altezza, oppure con i droni guidati da qualche asettica stanza di comando in una delle tante basi militari disseminate in giro per il mondo, i missili lanciati da centinaia di km di distanza da navi militari, non fanno testo: sono considerati effetti collaterali delle nostre bombe intelligenti, e soprattutto non sporcano le mani dei nostri eserciti del sangue di quelle vittime innocenti, colpevoli solo di essere nati nel paese sbagliato.
I piromani che hanno attizzato in tutti i modi possibili l’incendio del Medio Oriente vengono presentati con il volto rassicurante dei pompieri, come le vittime incolpevoli di una violenza immotivata. L’aggressione a freddo della Libia, proprio da parte di Francia e Inghilterra, per ristabilire il proprio controllo su di essa con il supporto attivo anche dell’Italia, scompaiono dalla memoria dei nostri gazzettieri quando si tratta di capire il perché del caos attuale. Il sostegno fornito alla destabilizzazione della Siria, coprendo e finanziando proprio quelle formazioni del radicalismo islamico che poi sono confluite nell’ISIS, pensando di poter combattere dietro le quinte una guerra per interposta persona contro Assad ed i suoi alleati, sono completamente rimossi da qualsiasi serio bilancio di come siamo arrivati a questo punto. E non diverso è l’atteggiamento quando si tratta di valutare l’inferno che sono diventati i diversi paesi dell’Africa Sub sahariana, dove proprio la Francia, che li considera il proprio giardino di casa, rafforza la sua presenza. Dove non arriva la corruzione delle classi dirigenti locali, o i colpi di Stato fomentati direttamente, si interviene con il proprio esercito e con le proprie armi di distruzione di massa per ribadire la subordinazione di questi paesi alle esigenze imperiali della Francia. Come è avvenuto recentemente proprio in Mali.
Ora l’ISIS, la cui nascita ed il cui rafforzamento sono stati favoriti dalle politiche attivamente seguite in Iraq,in Libia e in Siria dalle potenze occidentali allo scopo di destabilizzare quei paesi in concorso con le potenze dell’area mediorientale come la Turchia e le petromonarchie, viene indicato come il nemico principale. Ma questo accade solo perché la creatura da essi stessi alimentata è sfuggita loro di mano e pretende di avere interessi propri ed un proprio progetto che contrastano con quelli di chi l’ha tenuto in incubazione e ne ha favorito l’espansione. Ma anche la favola del male assoluto dedito solo al crimine efferato e alla negazione di ogni umanità non regge più a fronte di una indagine minimamente seria sulle capacità di proselitismo dimostrate da quest’organizzazione.
Se si vuole comprendere da dove trae la sua forza di attrazione l’ISIS che, come abbiamo visto con gli ultimi attentati e con quelli di gennaio, raccoglie adesioni anche tra diversi nativi francesi, forse sarebbe il caso di riconsiderare il saccheggio, le distruzioni e le morti, provocati dalla ultrasecolare politica dei paesi occidentali e dalla Francia in prima fila. La stessa conformazione attuale del vicino oriente è il frutto della spartizione a tavolino decisa da Francia ed Inghilterra agli inizi del secolo scorso, per spartirsi la zona in rispettivi protettorati ed impedire la creazione di una nazione araba in grado di contrastare le loro mire espansionistiche.
Forse sarebbe il caso di interrogarsi sulla marginalizzazione e la razzizzazione imposta a quote crescenti di popolazione delle disumane periferie delle grandi città. Alla frustrazione provocata tra tanti giovani più che disposti ad integrarsi nel paese in cui sono nati, e continuamente umiliati facendo sentire su di loro il peso delle proprie origini familiari, della esclusione scientificamente programmata da quel modello di vita propagandato quotidianamente da quegli stessi mass media come il migliore dei mondi possibile.
Il fatto che tanti giovani si facciano affascinare da un progetto reazionario come quello dell’ISIS e siano disposti a sacrificare la propria vita per esso, non è indice della natura perversa dell’Islam, o della inferiorità razziale degli arabi e dei musulmani,come si continua a propagandare in maniera più o meno esplicita da parte della grande stampa, ma segnala a chi ha occhi per vedere, quanto sia crescente ed intollerabile il senso di frustrazione, di emarginazione e di insofferenza di una massa di giovani per un futuro da cui si sentono totalmente esclusi e prevaricati. Ma segnala anche l’assenza di qualsivoglia prospettiva alternativa credibile tanto nelle metropoli occidentali quanto nelle aree del Medio Oriente disposta a battersi per il superamento di questo sistema sociale fondato sulla logica del profitto che dietro le sue luccicanti vetrine nasconde solo sfruttamento bestiale, oppressione e degrado delle relazioni umane.
Le emozioni e lo sbigottimento da parte della maggioranza della popolazione, provocati dagli attentati di Parigi, vengono utilizzate per fomentare un clima sciovinistico e xenofobo, per chiamare a stringersi intorno al proprio governo e per giustificare un rafforzamento delle politiche di guerra, ma anche per creare consenso verso una svolta autoritaria all’interno utilizzando l’alibi del terrorismo allo scopo di limitare le libertà politiche di quegli stessi cittadini. Senza contare le politiche ancora più repressive che saranno attuate contro gli immigrati, criminalizzati in massa in quanto potenziali terroristi.
Noi antimilitaristi che da sempre denunciamo le politiche di guerra seguite dai nostri governanti e ci battiamo contro di esse, spesso siamo guardati con aria di sufficienza, ma forse avvenimenti come quelli di Parigi, dietro l’onda della comprensibile commozione, possono far intendere a tante persone, come la guerra mondiale sia effettivamente già in corso e che a cominciarla sono state le nostre classi dominanti ed i loro rappresentanti politici e istituzionali. Il fatto che sino ad ora sia stata a senso unico o sia avvenuta per interposta persona ci dice solo che siamo ancora agli inizi di una tendenza destinata a diventare ben più drammatica e orribile di quanto ci sta capitando di vedere se non riusciremo a fermarla. Ci dice che non potremo continuare a seguirla distrattamente dai notiziari della sera, come fosse un fatto che non ci riguarda, salvo svegliarci dal sonno quando qualche schizzo di questa immensa mattanza arriva sotto casa nostra, per domandarci sorpresi come mai possa accadere proprio a noi una cosa simile.
Infatti, al di là della momentanea apparente unità di intenti contro il nemico comune, prosegue la corsa agli armamenti, e proseguono le lotte tra le grandi potenze per appropriarsi di risorse e territori ritenuti stratecigi a discapito dei propri concorrenti.
Il materiale incendiario per un nuovo conflitto militare generalizzato si va sempre di più accumulando ed in una simile condizione la scintilla per l’innesco più o meno casuale o intenzionale è solo questione di tempo. Non sarà la diplomazia che lo potrà fermare, non saranno le momentanee intese tra le grandi potenze, ma solo il protagonismo di coloro che non sono più disposti a farsi intruppare dietro le campagne nazionaliste che mirano solo a creare il consenso della popolazione verso quel conflitto cui si vanno concretamente preparando.
Chi, scosso dagli avvenimenti francesi ritiene di non poter restare più passivo spettatore di quanto sta avvenendo, si attivizzi e si unisca a noi nella lotta contro il militarismo e la guerra, per indirizzare tutta la propria rabbia contro i principali responsabili di questo quotidiano macello. Contro chi per pura sete di profitto continua a produrre e a vendere armi anche a coloro contro cui sostiene di combattere, contro chi in nome della sicurezza e degli interessi nazionali, militarizza sempre di più i nostri territori ed emana leggi sempre più autoritarie per difendersi non da un supposto nemico esterno, ma da possibili reazioni dei suoi stessi cittadini colpiti dalle conseguenze di una politica che li impoverisce quotidianamente per difendere i privilegi delle classi dominanti.
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