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19 gennaio 2015

Giovanni Lo Porto, rapito tre anni fa in Pakistan

Non si hanno più sue notizie dal gennaio 2012, quando fu rapito insieme a un collega tedesco rilasciato lo scorso ottobre

La recente liberazione delle due cooperanti italiane rapite in Siria ha reso nuovamente attuale il tema degli italiani che, per vari motivi e in alcuni casi da anni, sono sotto sequestro da parte di organizzazioni criminali o terroristiche all’estero. Oltre al caso spesso ricordato di padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita di cui non si hanno più notizie dal 2013 in seguito al suo probabile rapimento in Siria, c’è quello meno noto di Giovanni Lo Porto, scomparso nel gennaio del 2012 mentre si trovava in un’area tribale al confine tra Pakistan e Afghanistan. Da tre anni non si sa che fine abbia fatto e se ne parla molto poco, anche in seguito alla richiesta del governo italiano di non diffondere troppe informazioni per non complicare le indagini.

Giovanni Lo Porto ha 40 anni, è di Palermo ed è un esperto di collaborazione internazionale. Ha conseguito una laurea in materia a Londra, nel Regno Unito, e successivamente si è specializzato in Giappone. Ha lavorato all’organizzazione e alla gestione di iniziative umanitarie nella Repubblica Centrafricana e ad Haiti. Nelle prime settimane del 2012 Lo Porto raggiunse il Pakistan, dove avrebbe dovuto iniziare a lavorare per conto dell’organizzazione non governativa (ONG) tedesca Welt Hunger Life, nell’ambito di un progetto per portare aiuto alle popolazioni ancora in difficoltà in seguito alla grande alluvione del 2010. Stando alle ricostruzioni, molto parziali e difficili da verificare, pochi giorni dopo il suo arrivo un gruppo di quattro persone avrebbe assaltato la sede dell’ONG rapendo Lo Porto insieme al suo collega tedesco Bernd Muehlenbeck. Per mesi dal giorno del rapimento non si seppe praticamente nulla sui due ostaggi: solo qualche sporadica notizia con informazioni talvolta in contraddizione tra loro.

Nel dicembre del 2012, però, fu diffuso un video nel quale era visibile solo Muehlenbeck con alcune informazioni dirette sul rapimento: «Ora siamo in difficoltà. Per favore accogliete le richieste dei mujahidin. Possono ucciderci in qualsiasi momento. Non sappiamo quando. Può essere oggi, domani o tra tre giorni». Il fatto che parlasse al plurale fu considerato importante per ipotizzare che insieme a lui ci fosse ancora Lo Porto.

Muehlenbeck fu liberato in Afghanistan a ottobre del 2014, con un’operazione organizzata dalle forze speciali tedesche. I sequestratori lo consegnarono in una moschea alla periferia di Kabul, dopo che per giorni agenti in borghese avevano seguito alcune persone sospette nella capitale dell’Afghanistan. I rapitori avevano chiesto un riscatto, ma il governo tedesco non diede informazioni in merito dopo la liberazione. Non furono inoltre diffuse pubblicamente informazioni sulle condizioni di Lo Porto.

Durante la sua informativa in Parlamento della settimana scorsa sulla liberazione delle cooperanti italiane in Siria, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha confermato che il governo è impegnato a lavorare per riportare in Italia sia padre Dall’Oglio sia Lo Porto, ricordando che si tratta di “due vicende alle quali lavoriamo con discrezione giorno per giorno”. Gentiloni non ha dato nessun altro tipo di informazioni né sul punto a cui sono le trattative con i sequestratori, ammesso ci siano canali di comunicazione aperti, né sulle condizioni delle due persone sequestrate.

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