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http://www.greenreport.it 11 novembre 2015
Uno sviluppo rispettoso del clima salverebbe dalla povertà più di 100 milioni di esseri umani
Banca Mondiale: «L’Africa e l’Asia meridionale le regioni più minacciate»
Secondo il rapporto della Banca Mondiale (BM) “Shock Waves : Managing the Impacts of Climate Change on Poverty”, «Non solo il cambiamento climatico impedisce già ad una parte dell’umanità di sfuggire alla povertà, ma entro il 2030 più di 100 milioni di persone potrebbero cadere sotto la soglia della povertà, senza la messa in opera di uno sviluppo rapido e solidale che non nuoccia al clima, accompagnato da misure di riduzione delle emissioni in grado di proteggere le popolazioni sfavorite». Il rapporto dedicato alla gestione degli effetti dei cambiamenti climatici sulla povertà è uno dei contributi della Banca Mondiale in vista della Conferenza delle parti dell’Unfcc che si aprirà a Parigi il 30 novembre e il documento BM avverte i leader mondiali che «Le popolazioni povere sono già molto minacciate dagli shock legati al clima: cattivi raccolti dovuti alla diminuzione della piovosità, fiammate dei prezzi alimentari provocate da fenomeni meteorologici estremi, crescita dell’incidenza delle malattie sotto l’effetto di ondate di caldo e di inondazioni, ecc.». Secondo gli autori del rapporto, «Questi shock rischiano di ridurre a niente dei progressi ottenuti difficilmente, causando delle perdite irreversibili e facendo ricadere nella povertà le persone colpite, soprattutto in Africa e nell’Asa del Sud». Il presidente del Gruppo della Banca mondiale, Jim Yong Kim, ha sottolineato che «Questo rapporto stabilisce che non sarà possibile mettere fine alla povertà se non prendiamo misure energiche per attenuare la minaccia che il cambiamento climatico fa pesare sui poveri e se non riduciamo massicciamente le emissioni nocive. Sono i più poveri ad essere duramente colpiti dal cambiamento climatico. La sfida alla quale siamo attualmente di fronte consiste nell’evitare che la deregolamentazione del clima non sprofondi nell’estrema povertà decine di milioni di esseri umani». Il rapporto conferma che «I più poveri sono più esposti della popolazione media agli shock climatici come le inondazioni, le siccità e le ondate di caldo. Essi perdono, inoltre, una parte molto più grande del loro patrimonio quando sono colpiti da questi flagelli. Nei 52 Paesi per i quali sono disponibili dei dati, l’ 85% della popolazione vive in paesi dove i poveri sono più esposti della media alle siccità. I più poveri sono anche i più minacciati dall’aumento delle temperature e vivono in zone dove la produzione alimentare dovrebbe diminuire a causa dei cambiamenti climatici». I ricercatori della Banca mondiale dimostrano che «La lotta contro la povertà e contro il cambiamento climatico sono più efficaci se sono condotte simultaneamente». Secondo loro, «Un eventuale aumento della povertà sarà prima di tutto il risultato di fattori agricoli. Gli studi di modellizzazione indicano che il cambiamento climatico potrebbe ridurre, a livello mondiale, i rendimenti delle coltivazioni in una proporzione che andrebbe fino al 5% nel 2030 e al 30% nel 2080. Dopo i problemi agricoli, I fattori più determinanti sono gli effetti dell’aumento delle temperature sulla salute (aumento dell’incidenza della malaria e dei casi di diarrea e arresto della crescita) la produttività della manodopera». In Africa il cambiamento climatico potrebbe portare ad un aumento dei prezzi delle derrate alimentari che potrebbe arrivare fino al 12% nel 2030 e al 70% intorno al 2080, «Un colpo molto duro per i Paesi dove il consumo alimentare delle famiglia più povere rappresenta più del 60% delle spese totali», fanno notare i ricercatori. Lo studio BM, che si interessa particolarmente degli aspetti riguardanti l’agricoltura, la salute e le catastrofi naturali, chiede misure come il rafforzamento dei sistemi di protezione sociale e la copertura sanitaria universale, «Capaci di accrescere la resilienza delle popolazioni povere, parallelamente alla messa in atto di misure basate specificamente sul clima per facilitare l’adattamento al cambiamento climatico: rafforzamento dei dispositivi di protezione contro le inondazioni, sistemi di alletta rapida, colture resistenti ai rischi climatici, etc». Ma lo studio ricorda ai leader mondiali che stanno preparando valige ed aerei per andare alla COP21 di Parigi che «Nello stesso tempo, è necessario lanciare un’offensiva generalizzata contro le emissioni di gas serra per escludere la minaccia a lungo termine che il cambiamento climatico fa pesare sulla riduzione della povertà. Tuttavia, è importante progettare le misure di attenuazione in maniera che non penalizzino i poveri. Per esempio, i risparmi prodotti dalla soppressione delle sovvenzioni a favore dei combustibili fossili potrebbero essere reinvestiti in programmi miranti ad aiutare le famiglie sfavorite a far fronte al rincaro del carburante». Il rapporto evidenzia che «Il sostegno della comunità internazionale sarà a essenziale per la messa in opera di un gran numero di queste misure nei Paesi poveri, soprattutto per quel che riguarda gli investimenti che presentano dei costi iniziali elevati – trasporti urbani o infrastrutture energetiche resilienti, per esempio – ai quali bisogna assolutamente procedere per evitare di restare bloccati in scenari a forte intensità di carbonio». “Shock Waves” esamina anche le iniziative che hanno dato buoni risultati per dimostrare che delle buone politiche di sviluppo possono proteggere le popolazioni povere dagli shock climatici e fa l’esempio di quello che è successo dopo il tifone Yolanda nelle Filippine: è stato utilizzato un sistema di trasferimenti monetari condizionati per distribuire rapidamente un aiuto finanziario di emergenza alle popolazioni colpite. Invece in Uganda gli effetti congiunti di attività di formazione e istruzione e dell’introduzione di nuove varietà agricole hanno fatto aumentare del 16% i redditi delle famiglie contadine. Stephane Hallegatte, economista senior della Banca mondiale, che ha diretto il team che ha redatto il rapporto, conclude: «Il futuro non è deciso in anticipo. Abbiamo la possibilità di raggiungere i nostri obiettivi di riduzione della povertà di fronte al cambiamento climatico, ma a condizione di fare subito delle scelte giudiziose in materia di politiche pubbliche».
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