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18.09.2015

 

Burkina Faso, nuovo colpo di stato: cosa sta succedendo nel Paese?

di Emanuele Vena

 

Il Burkina Faso si allontana dai sogni democratici, sprofondando nuovamente in una fase di grande instabilità politica. Un golpe militare ha portato all’arresto del presidente Michael Kafando e del premier Yacouba Isaac Zida, a cui ha fatto seguito lo scioglimento di tutte le istituzioni di transizione deputate a traghettare il governo verso le elezioni del prossimo 11 ottobre, che a questo punto potrebbero essere in serio pericolo.

Il nuovo golpe arriva a poco meno di un anno dal colpo di stato che aveva rovesciato il regime guidato da Blaise Compaoré – presidente sin dal lontano 1987, a seguito dell’omicidio del suo predecessore Thomas Sankara – costringendolo, dopo il tentativo di modificare la Costituzione per farsi rieleggere, ad abbandonare il Paese e a cederne la guida a Kafando, dopo un breve passaggio di consegne con Zida, divenuto poi premier incaricato di guidare il Paese verso la transizione e nuove elezioni libere.

A guidare il colpo di stato è stata la Guardia Presidenziale (RSP), che ha dichiarato – con un messaggio trasmesso in tv ed affidato al tenente colonnello Mamadou Bamba – di aver organizzato il golpe per “mettere fine al degenerato regime di transizione”. Secondo i militari, infatti, il processo portato avanti da Kafando e Zida si è “progressivamente distanziato dall’obiettivo di rifondare la democrazia”, con il governo intento ad utilizzare le forze militari per scopi personali ed a manipolare l’informazione sui media.

Le critiche al governo di transizione hanno riguardato anche la preparazione dell’appuntamento elettorale e delle liste ammesse a parteciparvi. Proprio in riferimento a quest’ultimo aspetto si erano registrate tensioni nelle ultime settimane, con le critiche rispetto alla decisione del governo di considerare ineleggibili alcuni esponenti del partito dell’ex presidente Compaoré, il Congresso per la Democrazia ed il Progresso (CDP). Inoltre, una commissione governativa aveva chiesto lo smantellamento di un’unità speciale dell’esercito, considerata responsabile di  repressioni ed uccisioni durante le proteste che avevano portato alla fuga di Compaoré.

A capo del consiglio di transizione messo in piedi per gestire l’attuale fase è stato posto il generale della RSP Gilbert Dienderé, il quale – contattato da France 24 – ha smentito di aver avuto contatti con l’ex presidente Compaoré, sospettato di essere il regista del nuovo golpe, e ha spiegato che la fase attuale sarà solamente temporanea, con l’obiettivo di organizzare “elezioni inclusive”. Nel frattempo, diversi scontri sono stati registrati nelle ultime ore nella capitale Ouagadougou tra la guardia militare e manifestanti scesi in piazza per protestare contro il golpe, con il ferimento di decine di persone.

Dure le reazioni della comunità internazionale, a partire dall’ONU e soprattutto dalla Francia, che ha condannato l’accaduto e ha chiesto a viva voce la liberazione delle persone arrestate e la re-istituzione di un governo di transizione che porti avanti il processo di democratizzazione dell’ex colonia, posseduta da Parigi sino al 1960.

Ma la situazione preoccupa anche gli Stati Uniti, soprattutto in ottica di contrasto all’offensiva jihadista. Infatti Washington, insieme alla Francia, ha da tempo provveduto ad installare basi militari volte a contrastare l’avanzata dello Stato Islamico nell’Africa Occidentale e le incursioni delle milizie di Boko Haram, che pochi mesi fa hanno ufficializzato la propria affiliazione al califfato. Lo stesso Dienderé aveva fornito un supporto fondamentale per la liberazione di ostaggi occidentali catturati dai fondamentalisti nella zona del Sahel, nell’ottica di una complessiva strategia di contrasto alla penetrazione nella regione da parte delle milizie di Al Qaeda portata avanti dall’allora regime guidato da Compaoré.  

 

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