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17 dicembre 2014

Il Tav a Vicenza è una grande opera di frattura urbana

In questi tempi di spending review e crisi economica, spendereste 2 miliardi di euro in una grande opera che permetterà di arrivare in treno da Vicenza a Milano 6 minuti prima? In una città colpita dall’alluvione del 1 novembre 2010 e dove basta una pioggia intensa per rischiare di finire sott’acqua, spendereste 2 miliardi di euro per costruire due nuove stazioni in zone considerate a rischio idrogeologico “f3” (cioè elevato) e “f2” (medio)? E soprattutto investireste 2 miliardi di euro per un progetto dove non si ha la certezza che tutti i treni d’alta velocità fermeranno perché, come ha dichiarato in Camera di Commercio lo stesso progettista dello studio di fattibilità Gianmaria De Stavola, “saranno i gestori del servizio ferroviario a decidere quanti lo faranno in base alla domanda”?

A Vicenza, oggi, queste domande purtroppo non sono retoriche. Infatti si sta cominciando a discutere sul progetto che riguarda il passaggio del Tav nella tratta Montebello-Grisignano di Zocco. Nella nostra città attualmente fermano quotidianamente 22 frecciabianca in direzione Milano e 21 in direzione Venezia e contemporaneamente sono stati ridotti in entrambe le tratte i treni regionali. Ci troviamo di fronte all’ennesima grande opera che ci viene presentata come essenziale per lo sviluppo del nostro territorio, ma che in realtà comporterà spreco di risorse pubbliche, cementificazione e distruzione del territorio. Paradossalmente, l’aspetto più impattante non sarà il raddoppio della linea ferroviaria con l’aggiunta di due nuovi binari per i treni d’alta velocità, ma l’insieme di tutte le opere corollarie, che sono necessarie a Vicenza per permettere il passaggio dell’alta velocità. Infatti è prevista la costruzione di due nuove stazioni: una in fiera alla periferia ovest della città, l’altra al tribunale, a Borgo Berga, in una zona già devastata da una colata di cemento tra due fiumi. L’attuale stazione in centro città verrà chiusa, così, per permettere il collegamento rapido tra il centro e la fiera, si dovrebbe predisporre una linea di filobus che da Ponte Alto, passando per viale San Lazzaro, dovrebbe arrivare a Borgo Berga. Per permettere il passaggio del filobus in strade già intasate dal traffico, dovrebbero essere interrati i binari per 3 km ai Ferrovieri, così da poter costruire una strada al posto degli attuali binari. In più in viale Fusinato dovrebbe essere costruito un tunnel sotto Monte Berico, che spunterebbe in Riviera Berica, destinato alle auto e alla creazione di “un bypass idraulico” per intercettare le piene del Retrone. Tatiana Bartolomei, dell’Ordine dei geologi, si definisce perplessa rispetto a questa “scelta a forte impatto sull’ambiente naturale”.

Questo stravolgimento radicale della parte ovest della città viene definita dai progettisti dell’opera una “ricucitura urbana”, perché i quartieri di San Lazzaro e Ferrovieri non dovrebbero più essere separati dalla linea ferroviaria. Facciamo i complimenti all’inventiva e a questa capacità di coniare accattivanti espressioni, ma a noi più che una ricucitura questo progetto ci sembra “una frattura urbana”. E rischia di essere una frattura anche con la cittadinanza, se non verrà coinvolta in un processo partecipativo attraverso incontri informativi nei quartieri prima della votazione in consiglio comunale, prevista già per l’8 gennaio. Non sono sufficienti le audizioni aperte ad associazioni, comitati e cittadini, quando si parla di un progetto che rivoluzionerà il versante ovest della città con un tale impatto sul nostro territorio. Il progetto è stato presentato solo la settimana scorsa e non può essere un’approvazione, questa sì “ad altissima velocità” in consiglio comunale l’8 gennaio. Bisogna prendere più tempo per approfondire tutti i nodi critici, altrimenti, come è stato con il Dal Molin, si rischia l’ennesima imposizione di una grande opera senza aver prima coinvolto i cittadini Inoltre questa accelerazione risulta sospetta, soprattutto vedendo chi ha progettato le opere complementari, l’ingegnere Gianmaria De Stavola dello studio di progettazione “Idroesse Infrastrutture Spa”. Si parla dello studio responsabile del preliminare del Passante di Mestre o del controstudio sui flussi di traffico riguardo “Veneto City” a Dolo.

Abbiamo già visto come, nella nostra Regione, dietro alla realizzazione di queste opere si sia nascosto un sistema di corruzione e spartizione di fondi pubblici. Se ci sono risorse da spendere, l’opera di cui Vicenza ha bisogno “ad alta velocità” sono interventi reali sul rischio idrogeologico, in modo da mettere in sicurezza zone ad esempio come Ca’ Tosate, Sant’ Agostino, Borgo Berga da alluvioni ed allagamenti.

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