http://osservatorioccmo.altervista.org/ Per gli Armeni di Kessab Nel 1915 si è consumato uno dei più efferati genocidi dello scorso secolo. In un impero ottomano ormai agonizzante e percorso da ventate di nazionalismo, di cui era interprete l'organizzazione conosciuta come “giovani turchi”, si scatenò la caccia agli esponenti della piccola, ma radicata minoranza armena. Gli Armeni sono cristiani, anzi furono una delle prime nazioni a diventare interamente cristiane, e per questo la loro vita non fu mai facile all'interno di un impero che innalzava la bandiera dell'Islam militante. Ma quello che avvenne nel 1915 superò per orrore ogni precedente persecuzione. Decine di migliaia di persone furono strappate dalle loro case e brutalmente massacrate sul posto o avviate, in lunghe colonne, verso le zone più inospitali dell'Anatolia dove vennero letteralmente lasciate morire di fame e di stenti. I villaggi armeni vennero distrutti e le chiese profanate e trasformate in moschee o locali pubblici. Molti Armeni fuggirono dalla Turchia per non essere vittime dei pogrom e trovarono rifugio e protezione nelle nazioni vicine tra cui Siria e Libano che, pur essendo formalmente parte dell'Impero Ottomano, non solo non si associarono ai massacri, ma anzi nascosero e protessero i fuggitivi. Fu così che in Siria e Libano nacquero grosse comunità armene e sopravvissero quelle più antiche che vi risiedevano già da molti secoli. Una di queste ultime vive (forse meglio dire viveva fino al 21 marzo di quest'anno) nella piccola città di Kessab al confine tra Siria e Turchia ed a pochi chilometri dall'importante porto siriano di Latakia. Seimila persone, per oltre due terzi Armeni, che abitavano in sei piccole frazioni in una zona montuosa fino a pochi giorni fa risparmiata dalla guerra. IL 21 marzo però dal confine turco sono arrivate gli integralisti islamici dell'ISIL e del fronte Al Nusra che hanno prima bombardato e poi attaccato Kessab, costringendo l'intera popolazione a fuggire ed a cercare rifugio nella vicina Latakia. Fatto assolutamente nuovo, l'esercito turco, che presidia il confine a pochi chilometri da Kessab, non solo ha lasciato passare le bande armate, ma addirittura, secondo molti testimoni oculari, le ha appoggiate con l'artiglieria ed i blindati ed ha lanciato missili contro gli aerei siriani, uno dei quali è stato abbattuto. L'intenzione dei guerriglieri è sicuramente quella di minacciare Latakia per distogliere forze siriane dalla battaglia in corso nel Qalamoun. I Turchi invece sembrano cercare un casus belli per poter attaccare la Siria, come parrebbero confermare le intercettazioni dei discorsi tra esponenti del regime di Erdogan resi pubblici probabilmente da ambienti militari turchi ostili alla linea del premier. Non è sicuramente un caso per che, per dare il via a questa loro nuova linea, i Turchi abbiano scelto di attaccare un villaggio armeno, colpendo così oltre che la Siria, anche i loro tradizionali nemici. Probabilmente Erdogan contava sul fatto che la Russia -impegnata sul fronte ucraino- non si sarebbe esposta più di tanto in difesa dell'alleato siriano. Così ovviamente non è stato perchè immediatamente tre navi russe alla fonda nel porto di Tartous hanno fatto rotta verso quello di Latakia. Una presenza simbolica, ma sufficiente a far capire ad Ankara che la strada intrapresa avrebbe potuto portare a conseguenze pericolose. Vedremo gli sviluppi. L'attacco a Kessab ha suscitato grande emozione tra gli armeni di tutto il mondo ed ha riaperto ferite sanguinose. Vi è stato un duro messaggio del Presidente Armeno Serzh Sargasyan e prese di posizione di esponenti della Chiese Armene (Cattolica e Apostolica). Vi è stato anche un appello all'ONU da parte di un'associazione armena degli Stati Uniti, ovviamente ignorato sia dal destinatario che dai mass media. Ne riportiamo, in segno di stima e solidarietà per il caro popolo armeno un ampio stralcio. “ L'Associazione Educativa Kessab chiede l'immediato intervento delle Nazioni Unite per proteggere la minoranza armena che vive nella sua antica patria a Kessab in Siria. In questo momento è in corso una battaglia nella Siria occidentale al confine della Turchia. L'antica città cristiano-armena di Kessab ed i villaggi che la circondano sono stati attaccati all'alba del 21 marzo da uomini armati che sono scesi dalle colline circostanti danneggiando edifici, distruggendo strade e colpendo le finestre. Gli Armeni di Kessab sono stati costretti a fuggire dai loro luoghi natali ed a cercare rifugio nella vicina città di Latakia. Testimoni ci hanno riferito che i Turchi hanno dato via libera al passaggio alle forze ribelli che stanno combattendo contro l'esercito siriano. Ci è stato anche riferito da testimoni che truppe turche si sono unite all'attacco contro l'esercito siriano. Gli Armeni cristiani sono vissuti in pace nella regione di Kessab per oltre quattro secoli creando un eden agricolo nelle colline che dividono la Siria e laTurchia. Durante e dopo il genocidio degli Armeni ad opera dei Turchi nel 1915 la Siria ha accolto decine di migliaia di profughi armeni, dando loro la cittadinanza, senza che vi fosse, fino ad oggi il minimo incidente. (…) In spirito di pace e nel rispetto delle leggi internazionali e dei diritti umani (inclusi quelli delle minoranze religiose) noi rispettosamente chiediamo: che le Nazioni Unite chiedano l'immediata cessazione dei bombardamenti della regione di Kessab e degli attacchi indiscriminati contro i civili da parte dei ribelli e delle truppe turche che agiscono in flagrante violazione del diritto internazionale e di ogni legge umanitaria; che le Nazioni Unite assicurino la sicurezza fisica e la protezione legale degli Armeni di Kessab e di tutti gli Armeni e membri delle altre minoranze religiose in Siria sottoposte al fuoco incrociato di questa catastrofe umanitaria; che le Nazioni Unite forniscano assistenza umanitaria alle persone fuggite da Kessab e dai villaggi circostanti. Persone che sono state costrette a lasciare la loro terra natale, i loro antichi villaggi e il loro lavoro a causa di questi bombardamenti e di questi attacchi armati; che le Nazioni Unite assicurino il ritorno alle loro case agli Armeni di Kessab.” Superfluo dire che l'appello non ha avuto risposta.
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