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2 luglio 2014

Siria, le verità di Brahimi

E’ sempre bene aspettare che un mediatore, un politico, un diplomatico vada in pensione per poter raccontare con libertà i dietro-le-quinte a cui ha assistito durante il suo incarico. E’ il caso di Lakhdar Brahimi, controverso mediatore Onu sulla Siria dall’agosto 2012 alla primavera 2014.

L’anziano diplomatico algerino ha rilasciato di recente alcune interviste alla stampa internazionale e panaraba. Proponiamo qui sotto alcuni estratti in italiano dell’intervista pubblicata il 6 giugno 2014 dal sito in inglese del settimanale tedesco Der Spiegel.

La soluzione proposta da Brahimi era una transizione ordinata con Bashar al Asad che avrebbe guidato questo processo accettando di ritirarsi dal potere nella nuova Siria.

La Siria di oggi rischia invece di diventare una nuova Somalia, infestata dai signori della guerra. Per questo, afferma, servirebbe una forza militare di interposizione Onu composta da 20/30mila caschi blu. Ma le parti coinvolte nel conflitto siriano devono accordarsi su questo.

Sulla figura di Asad: il raìs è totalmente al corrente di quanto sta avvenendo in Siria, in termini di armi usate, di distruzione, di civili uccisi e arrestati.

E sui crimini: questi “sono commessi da entrambe le parti. Ma il regime ha uno Stato, a un esercito di 300mila uomini, ha l’aviazione. Cose che l’opposizione non ha”.

Brahimi ha mediato tra gennaio e febbraio 2014 un incontro a Ginevra tra opposizioni in esilio e regime. Il regime è andato a Ginevra con l’intenzione di non fare nessuna concessione, afferma il diplomatico arabo ora in pensione. “Le opposizioni sono andate a Ginevra totalmente impreparate: non volevano cedere sulla fine politica di Asad ma erano pronte a dialogare. Entrambe le parti sono state spinte al tavolo svizzero dai rispettivi partner internazionali”.

La tregua di Homs? E’ stata raggiunta a seguito dell’assedio condotto dal regime per affamare la gente. E’ un risultato del progetto di guerra del governo. E’ stata una vittoria del governo.

E per quanto riguarda lo Stato islamico, che tra Iraq e Siria è ormai operativo in un territorio grande quanto l’Ungheria, non è interessato alla questione siriana, afferma Brahimi. E il regime lo tollera “per dimostrare che il futuro del Paese senza Assad sarà così”.

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