Il Manifesto Siria, una guerra «civile» dentro l'altra Il regime mantiene il controllo di Damasco. I qaedisti dell'ISIL si rafforzano a Nord Ovest, il Fronte al-Nusra a Nord Est. A Sud i profughi palestinesi continuano a morire. Roma, 22 gennaio 2014, Nena News Mentre a Ginevra si apre la tanto attesa conferenza di pace, in Siria si continua a combattere una guerra civile dai contorni ogni giorno più disumani. Oltre 130mila i morti in tre anni di conflitto interno, milioni gli sfollati in tutto il Medio Oriente. Il Paese è completamente distrutto, le reti sociali ed economiche sono in frantumi. Negli ultimi mesi alla battaglia interna tra opposizioni e governo, si è aggiunta una grave faida armata intestina tra le stesse formazioni di ribelli, tra islamisti-nazionalisti da una parte e qaedisti dall'altra, entrambi sunniti ma su fronti opposti. Lunedì due autobomba sono esplose al confine con la Turchia, a Bab al-Hawa nella provincia di Idlib, lasciandosi dietro un bilancio di 16 vittime. A controllare Bab al-Hawa è il Fronte Islamico, formazione islamista nata nei mesi scorsi e oggi in guerra ormai con il sempre più potente gruppo qaedista dell'ISIL, lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante. Negli ultimi venti giorni oltre mille ribelli sono rimasti uccisi negli scontri intestini alle opposizioni, una guerra civile nella guerra civile che sta permettendo la costante avanzata dell'esercito governativo. A Nord, nelle province di Aleppo e Idlib, è l'Esercito Libero Siriano - sostenuto da altre formazioni islamiste - a combattere contro l'ISIL accusato di fare gli interessi del presidente Bashar al-Assad. Nelle regioni settentrionali del Paese si assiste da settimane ad un'ampia spaccatura tra gruppi vicini per ideologia o per obiettivi, ma sempre più distanti sul campo di battaglia. Sebbene la maggior parte dei ribelli sia sunnita - in opposizione alla famiglia Assad, sciita alawita - una parte delle opposizioni resta di natura laica, come l'Esercito Libero Siriano. Dall'altra il Fronte Al-Nusra e l'ISIL - entrambi affiliati di Al Qaeda - fanno della Sharia l'obiettivo finale dello scontro anche armato e sono sostenuti da numerosissimi jihadisti stranieri. Intorno una galassia di svariati gruppi minori, laici e islamisti. Il Fronte al-Nusra, presente in tutto il Paese, controlla per lo più il territorio ad Est ed in particolare Shahadeh e Al-Omar, aree ricche di petrolio. L'ISIL, da parte sua, è riuscito in brevissimo tempo a garantirsi il controllo di parte del Nord Ovest siriano e di città chiave come Raqqah e comunità nelle province di Aleppo e Idlib, fino a Latakia. A Nord Est un ruolo consistente è giocato anche dai miliziani curdi, attivi nella provincia di Hasakah e impegnati in scontri contro i gruppi islamisti. Sotto il controllo curdo è caduta parte della stessa città di Hasakah, oltre a diverse comunità della provincia. Gli ultimi mesi hanno però visto un'avanzata continua dell'esercito governativo verso Nord con la ripresa di Al-Safira, ad Aleppo, di Khanaser, Qara, Nabek e Ariha. Ma la roccaforte del regime di Bashar Assad resta Damasco: gruppi di ribelli mantengono il controllo di alcuni quartieri e periferie intorno alla capitale ma, grazie anche al sostegno dei miliziani di Hezbollah, la capitale siriana resta ancora nelle mani del governo. A Sud il principale fronte di scontro armato resta Daraa dove, a pagare il prezzo del conflitto, sono ancora una volta i civili palestinesi: ieri sei rifugiati del campo profughi di Daraa, al confine con la Giordania, sono rimasti uccisi in una serie di bombardamenti da parte dell'aviazione governativa di Damasco. L'esercito siriano è da giorni impegnato in combattimenti a Sud per consolidare le proprie posizioni e sta compiendo una serie di attacchi nelle province di Damasco, Homs e Deir Ezzor, tentando di approfittare delle divisioni interne alle opposizioni. Notizie dolorose che si accompagnano a quelle altrettanto drammatiche che giungono dal campo profughi palestinese di Yarmouk, presso Damasco, controllato all'interno dai ribelli dell'Esercito Libero Siriano e assediato all'esterno dall'esercito lealista: dopo mesi di assedio, sabato per la prima volta sono entrati aiuti umanitari per una popolazione ridotta letteralmente alla fame. Almeno 41 i morti per malnutrizione, mentre il campo si svuotava: dei 250mila residenti ne restano oggi poco più di 18mila.
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