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https://now.mmedia.me Un campo chiamato Siria L'assedio di Yarmouk sta costringendo i palestinesi siriani ad affrontare questioni di sopravvivenza e di identità. Prima di afferrarmi per la testa mi sussurrò all’orecchio, "Ehi tu, ragazza Quds!". Poi strinse le manette ai polsi e mi tirò la testa all'indietro, premendo la gamba contro la mia, mentre io rimasi con gli occhi bendati. La sua voce ha cominciato ad aumentare: «Come si può organizzare una protesta contro il regime sapendo che abbiamo dato tanto per il vostro paese?" Questa era la prima volta che mi confrontavo direttamente con la mia identità. Quello che il funzionario dell'intelligence dell’aviazione disse, era strano per me, come se stesse cercando di separarmi dalla mia infanzia, dalla mia adolescenza, dalla mia gioventù, e dai miei ricordi, strappandomi via da una nazione in cui non mi ero mai considerata un estranea. Mi ha spinto a chiedermi per la prima volta: Sono una palestinese o una siriana? E ci dovrebbe essere una differenza? I residenti del campo di Yarmouk, siano essi palestinesi o siriani, sono sottoposti alla stessa sofferenza dell'assedio imposto dal regime siriano, lo stesso regime che afferma costantemente nei suoi discorsi che "si distingue da e sostiene la causa palestinese". Il campo di Yarmouk è stato istituito nel 1957 per fornire residenza e rifugio per i profughi palestinesi in Siria. Secondo l'UNRWA, l'agenzia delle Nazioni Unite con il compito di fornire servizi sociali ai rifugiati palestinesi, Yarmouk non è un campo ufficiale, anche se è considerato come il più grande concentramento di profughi palestinesi in Siria. L'assedio parziale del campo è iniziato il 26 dicembre 2012, dopoche migliaia di sfollati accorrevano in Yarmouk per fuggire ai pesanti bombardamenti delle zone limitrofe, messi in atto dal regime. L'assedio ha poi attraversato diverse fasi, l'ultima delle quali è stato il quinto giorno del Ramadan del 2013, quando tutte le entrate e le uscite nella zona sud di Damasco sono state ermeticamente sigillate. "All'inizio dell'assedio, le persone erano in grado di fornire materiali di soccorso, ma i prodotti alimentari e le forniture mediche iniziarono a scarseggiare quando l'assedio divenne più duro, e il regime ha impediva a qualsiasi cosa di entrare nel campo. Il numero di decessi dovuti alla malnutrizione aumentava" dice Abdallah, un giovane che vive a Yarmouk. "Più di 1.000 casi hanno bisogno di interventi chirurgici urgenti. L’ospedale Palestina della Mezzaluna Rossa, sta operando ad una capacità minima del 90%, le forniture mediche non sono disponibili. Inoltre, ora è l' unico ospedale nel campo, e i bombardamenti del regime non lo hanno risparmiato". Abdallah ha aggiunto: "I residenti del campo sono lasciati senza altra scelta, se non cercare di andare avanti con la loro vita con tutto ciò che trovano lungo la strada. Eppure questo non è né facile né sicuro. Due giorni fa, una famiglia intera si è avvelenata perché mangiavano i gatti. In un'altra famiglia, il padre ha cercato di bruciare i suoi figli, vivi, perché non era in grado di dar loro da mangiare ... Il prezzo di un chilogrammo di riso è compreso tra 10.000 e 12.000 SYR. Le persone non hanno soldi per comprare a questo prezzo. Sono una delle poche persone che possono permettersi un pasto composto di sottaceti ed erbe aromatiche di cactus e ibisco". Il 24enne Abdallah lavora con un gruppo di giovani sulla trasmissione di notizie, documentano i casi, e danno soccorso. Vive nel campo con la madre, che è anche un attivista. "Per me, il campo è la Palestina. Noi siamo parte della rivoluzione siriana contro la persona che sta ostacolandone la liberazione. Non penso di essere palestinese o siriana. Io appartengo a questo paese sul piano umanitario prima di tutto. Lascerò il campo di Yarmouk solo se la mia vita sarà minacciata, e se lascio il campo, non tornerò. Non riesco a immaginare le strade del campo senza Hassane e Ahmad Koussa, Ahmad al Sahli, Munir al Khatib, Bassam Hamidi, Iyas Nouaymi, Jaafar e gli altri". I tentativi del regime di sottomettere Yarmouk non sono iniziati con questo assedio, ma subito nei primi giorni della rivoluzione. Il regime siriano e l'OLP adescavano gli impulsivi giovani palestinesi con il sogno di liberare la terra con lo storming attraverso il confine siro -israeliano nell'area del Golan. Il regime aveva contemporaneamente rimosso i posti di blocco sulle strade che conducono al Golan. Questo piano del regime ha portato alla morte di 30 palestinesi, uccisi dalle forze israeliane lungo il confine. Altri 20 sono stati uccisi dal PFLP -GC durante i funerali delle vittime del confine. Questo evento divenne noto come il "massacro puro". "Sembra che il regime abbia chiesto ad Ahmad Jibril di cercare di diffondere il suo controllo su Yarmouk sfruttando ogni metodo possibile, e questo è ciò che Jibril ha cercato di fare usando suoi scagnozzi che molestarono l'Esercito siriano libero, ostacolando alcune delle sue operazioni. I teppisti guidarono la gente lontano intimidendoli con le armi, oltre ad aiutare il regime ad arrestare un gran numero di giovani del campo", dice Mohammad, che fu sfollato da Yarmouk prima che il campo passasse sotto l’assedio totale mesi fa. "I residenti del campo e l'Esercito Siriano Libero, che è composto da giovani del campo e residenti, sono in subbuglio", ha continuato Mohammad, che si è rifiutato di divulgare il suo nome completo per paura di ritorsioni contro i familiari rimasti nel campo. "Le proteste si sono rinnovate e sono state sempre più forti fino a quando i Mig ci hanno bombardato". Durante la prima ondata di bombardamenti su Yarmouk, il regime ha usato i Mig, segnando un punto di svolta per tutto il campo. Il bombardamento poi esteso alla moschea di Abdel Kader al Husseini e alle case intorno ad essa, portando la morte a 170 civili e provocando la fuga di un gran numero di residenti del campo verso il Libano. Il campo di Yarmouk ha preso parte alla rivoluzione siriana fin dai primi mesi, con i giovani del campo urlavano gli stessi slogan della rivoluzione siriana sotto il titolo "palestinesi e siriani sono uno". "A quel tempo, ho scoperto che non ero solo un palestinese, ma anche un siriano -palestinese che condivide con il popolo siriano la stessa aria, acqua, bombe e missili" dice un residente del campo, Tha'er al-Sahli. "Dentro al campo, ho scoperto la terribile estensione della sofferenza a cui i primi rifugiati palestinesi furono sottoposti, così come sono testimone degli sfollati siriani provenienti da tutto il paese e del loro afflusso in Yarmouk, che hanno scelto come rifugio contro la repressione militare". Appelli umanitari per salvare i residenti assediati nel campo sono echeggiati per oltre otto mesi, ma senza alcun risultato, così come molte carovane di soccorso hanno provato senza riuscirci ad entrare nel campo. L'ultima carovana è di Lunedi scorso, costretta a tornare indietro sotto un fuoco intenso del regime. Abdallah ha detto a NOW, "In molti hanno lanciato diversi tentativi in questo mese per portare aiuti a Yarmouk, compresi prodotti alimentari e forniture mediche, ma il regime siriano li ha affrontti impedendogli di venire in nostro aiuto, anche gli aiuti inviati da organizzazioni internazionali come l' UNRWA e la Croce Rossa, sono rimasti fuori. Questa crisi può essere risolta e agli aiuti essere permesso di entrare solo dopo la Conferenza di Ginevra II. I civili e i residenti assediati sono le vittime di un regime spietato, ma il campo rimarrà, anche se sarà parte di un altro campo più grande, chiamato Siria".
https://now.mmedia.me A camp called Syria
The siege of Yarmouk is forcing Palestinian-Syrians to confront questions of survival and identity He whispered to my ear, “Hey you, Quds girl!” before grabbing me by the head. He tightened the shackles on my wrists and pulled my head backwards, pressing his leg against mine as I remained blindfolded. His voice began rising: “How can you organize a protest against the regime knowing that we have [given] so much for your country?” This was the first time I was directly confronted with my identity. What the air force intelligence officer said was strange to me, as though he was trying to separate me from my childhood, my adolescence, my youth, and my memories and to rip me away from a nation in which I had never considered myself a stranger. He drove me to ask myself for the first time: Am I a Palestinian or a Syrian? And should there be a difference? The residents of the Yarmouk camp, be they Palestinians or Syrians, are subjected to the same suffering under the siege imposed by the Syrian regime, this same regime that constantly asserts in its speeches that “it stands by and upholds the Palestinian cause.” The Yarmouk camp was established in 1957 to provide residence and shelter for Palestinian refugees in Syria. According to UNRWA, the UN agency tasked with providing social services to Palestinian refugees, Yarmouk is not an official camp even though it is regarded as the largest gathering of Palestinian refugees in Syria. The partial siege of the camp began on December 26, 2012 after thousands of displaced persons flocked into Yarmouk in order to flee the regime’s heavy shelling of neighboring areas. The siege then went through several stages, the latest of which was on the fifth day of Ramadan in 2013, when all entrances and exits in the southern area of Damascus were tightly sealed off. “At the start of the siege, people were able to provide relief materials, but food products and medical supplies started running low as the siege intensified and the regime prevented anything from coming into the camp. The number of deaths due to malnutrition increased,” says Abdallah, a young man who lives in Yarmouk. “More than 1,000 cases need urgent and speedy surgeries. The Red Crescent’s Palestine Hospital is operating at a minimum capacity as 90% of medical supplies are unavailable. Furthermore, it is now the only hospital in the camp, and regime shelling has not spared it either.” Abdallah added, “Camp residents are left with no other choice but to try to get on with their lives with whatever they find along the road. Yet this is neither easy nor safe. Two days ago, a whole family was poisoned because they ate cats. In another family, the father tried to burn his children [alive] because he was unable to feed them… The price of one kilogram of rice ranges between 10,000 and 12,000 SYR. People do not have money to buy it at this price. I am one of the few people who can [afford] a meal consisting of pickles and herbs (cactus and hibiscus).” 24-year-old Abdallah works with a group of Yarmouk camp youths on conveying news, documenting cases, and relief. He lives in the camp with his mother, who is also an activist there. “To me, the camp is Palestine. We are part of the Syrian revolution against the person who is impeding the liberation. I do not think about being Palestinian or Syrian. I belong to this country on a humanitarian level first and foremost. I shall leave the Yarmouk camp only if my life is threatened, and if I do leave the camp, I will not return. I cannot imagine the streets of the camp without Hassane and Ahmad Koussa, Ahmad al-Sahli, Munir al-Khatib, Bassam Hamidi, Iyas Nouaymi, Jaafar, and other [friends and relatives.]” The regime’s attempts to subjugate Yarmouk began not with this siege, but instead in the early days of the revolution. The Syrian regime and the PLO lured impulsive Palestinian youths behind the dream of liberating the land by storming through the Syrian-Israeli border through the Golan area. The regime simultaneously removed its security roadblocks on the roads leading to the Golan. This regime plan led to the death of 30 Palestinians, shot dead by Israel forces along the border. 20 others were shot and killed by the PFLP-GC during the funerals of the border victims. This became known as the “pure massacre.” “It seems that the regime asked Ahmad Jibril to try to spread his control over Yarmouk using every possible method, and this is what Jibril tried to do using ‘his thugs’ who harassed the Free Syrian Army and hampered some of its operations. The thugs also drove people away and intimidated them with weapons, in addition to helping the regime arrest a large number of camp youths,” says Mohammad, who was displaced from Yarmouk before the camp came under total siege months ago. “Camp residents and the Free Syrian Army, which is composed of camp youths and residents, are in turmoil,” continued Mohammad, who refused to divulge his full name for fear of retaliation against family members who remain in the camp. “Protests have restarted and were growing stronger until MiGs bombarded us.” During the first wave of shelling of Yarmouk, the regime used MiGs, which marked a turning point for the whole camp. The shelling then extended to the Abdel Kader al-Husseini Mosque and the houses around it, leading to the death of 170 civilians and causing a large number of camp residents to flee to Lebanon. The Yarmouk camp has taken part in the Syrian revolution since its early months, with camp youths brandishing the same Syrian revolution slogans under the headline “Palestinians and Syrians are one.” “At that time, I discovered that I was not only a Palestinian, but also a Syrian-Palestinian who shares with the Syrian people the same air, water, bombs, and missiles,” says camp resident Tha’er al-Sahli. “Inside the camp, I discovered the appalling extent of suffering to which the early Palestinian refugees were exposed as I witnessed the displacement of Syrians from all around the country and their influx into Yarmouk, which they chose as a refuge against military repression.” Humanitarian calls to save the besieged camp residents have been echoing for over eight months, but to no avail, as many relief caravans have tried and failed to enter the camp. The latest such caravan was forced to turn back under intense regime fire last Monday. Abdallah told NOW, “Many parties launched several attempts this month to bring in aid, including food products and medical supplies, to Yarmouk, but the Syrian regime confronted them and prevented aid from coming in, even the aid sent by international organizations such as UNRWA and the Red Cross. This crisis may be solved and aid be allowed to come in after the Geneva II Conference. Civilians and besieged residents are the victims of a merciless regime, but the camp will remain, even if it becomes part of another, greater camp called Syria.”
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