Oximity
29/12/2013
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7 gennaio 2014

La Palestina sta morendo nel campo di Yarmouk
di Salim Salamah
Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.

L’autore dedica quest’articolo ad Abdullah al-Khatib, per aver scelto di difendere il sogno di una piccola Palestina all’interno della Siria.

Mentre scrivevo questo pezzo, avevo di fronte a me una lista di nomi: erano quindici persone, tutte morte per la fame e la disidratazione nel campo di Yarmouk, a circa 7 chilometri a sud di Damasco. Tra le vittime un neonato, molti giovani uomini, e poi ragazzini le cui madri hanno solo potuto chiedere del cibo fino alla fine, finché non hanno più parlato.

Si parla di un uomo, Fayez Sadeh, che per sentire meno i morsi della fame ha legato una corda attorno al proprio stomaco: è morto così, coi segni della fame ben visibili sulle sue membra. Attivisti hanno descritto un bambino di 6 anni le cui ultime parole prima di morire sarebbero state: “Racconterò a Dio quello che ci avete fatto”.

Quanto sta accadendo è il frutto di un’arma da guerra usata da Assad: far morire di fame per punire ed esercitare pressione sulle zone che osano ribellarsi al suo regime. Il convoglio europeo che avrebbe dovuto raggiungere il campo con gli aiuti umanitari lo scorso 28 dicembre, non è mai riuscito ad entrare. Il percorso avrebbe richiesto agli abitanti di Yarmouk almeno 4 chilometri a piedi: oltre al pericolo delle bombe, per chi non mangia da mesi è una distanza non facile da riempire.

Da più di un mese ormai, dal 26 novembre, sul suo blog Stop the Siege (Fermiamo l’Assedio), il giovane palestinese siriano di Moadamiya che si fa chiamare Qusai Zakarya, ha annunciato uno sciopero della fame per attirare l’attenzione sulle condizioni di Yarmouk. I ventimila abitanti del campo stanno ricevendo l’appoggio solidale anche del filosofo tedesco Jurgen Habermas e del pensatore americano Noam Chomsky nell’iniziativa dell’International Hunger Strike.

Dall’associazione PAHR/Syria per i diritti umani è giunto il dato, fornito da Alaa Aboud, di almeno 25 morti documentate a Yarmouk per via della fame, tra cui molti bambini, e di almeno 127 palestinesi siriani morti sotto tortura nelle carceri del regime di Damasco. “I palestinesi hanno già sofferto abbastanza in Palestina, con lo stato di apartheid di Israele ed il fascismo dei regimi arabi,” commenta Alaa, “ma i palestinesi in Siria è come se soffrissero due volte: prima nella lotta per la loro Palestina, ed ora nella battaglia per la loro Siria, in cui si sono integrati grazie ad anni di convivenza coi loro cari siriani”.

Dai dati forniti dall’UNRWA si apprende poi che il numero di palestinesi in Siria che hanno bisogno di assistenza è di 540 mila persone, mentre i rifugiati registrati nel 2013 raggiungono il numero di 482 mila: restano fuori 58 mila palestinesi di cui non si conoscono i bisogni. Alaa Aboud ritiene che il regime di Assad – col suo assedio imposto al campo di Yarmouk – stia violando il Diritto Internazionale.

Aboud cita anzitutto la IV Convenzione di Ginevra del 1949 che prevede la tutela dei civili in tempo di guerra. Anche il secondo protocollo della convenzione (8 giugno 1977) che prevede la Tutela delle Vittime di Conflitti Armati Non-Internazionali è violato dal regime, che sta contravvenendo inoltre alla Convenzione per i Diritti del Bambino e allo Statuto di Roma. trattato fondante della Corte Penale Internazionale.

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