http://www.huffingtonpost.it Siria: rilanciare il ruolo della società civile nonviolenta
In questi giorni è andato in scena in Parlamento il dibattito sulle missioni internazionali, come ormai ciclicamente avviene a causa dell'insana abitudine, sviluppatasi negli ultimi anni, di prorogare ogni volta solo di pochi mesi le operazioni in corso, senza alcun respiro progettuale. Eppure quanto avviene attorno a noi richiederebbe ora più che mai un momento di seria riflessione e di confronto vero: le missioni internazionali hanno tra di loro una natura diversa, e meriterebbero ciascuna una trattazione a parte. Una cosa è ISAF, la missione che ci vede impegnati con la Nato in Afghanistan, altra è UNIFIL in Libano, dove svolgiamo una funzione di peacekeeping; per questo, prima o poi, il Parlamento dovrà avere il potere e la possibilità di occuparsene singolarmente, senza nessuna costrizione temporale o finanziaria. Tra i vari capitoli ancora aperti vi è anche quello siriano, che solo pochi mesi fa aveva portato la comunità internazionale sull'orlo dell'abisso e di cui in tanti sembrano quasi essersi dimenticati. Il conflitto dura ormai 3 anni, ed in questo periodo è evidente la forte polarizzazione delle parti in campo, con da un lato le forze lealiste e dall'altro forze che si richiamano al fondamentalismo religioso ed all'Esercito Libero Siriano, intimamente legato al Consiglio Nazionale Siriano. L'opposizione è estremamente frammentata, con diversi scontri avvenuti recentemente tra l'Esercito Libero Siriano e le forze fondamentaliste, ed il fronte curdo si è coalizzato nel luglio scorso arrivando a controllare parte del Nord del Paese. I combattimenti con le milizie islamiste di Jabat al Nusra ed i bombardamenti da parte dell'esercito del regime di Damasco sono però tuttora continui, ed in questo contesto tra le vittime della guerra civile, oltre alle ormai centinaia di migliaia di morti ed ai milioni di rifugiati e sfollati, è possibile contare anche le forze pacifiche che hanno dato il via alla protesta nel marzo del 2011, per poi essere brutalmente schiacciate dalla violenza delle armi; al momento queste persone continuano ugualmente a portare avanti la loro protesta contro il regime e le milizie islamiste, subendone le durissime conseguenze. Gli effetti di questa guerra sono disastrosi: oltre due milioni di profughi, 146.000 morti e centinaia di migliaia di bambini privati del futuro, che vivono una condizione permanente di denutrizione e di violenza, fino ad essere arruolati negli schieramenti contrapposti in campo. La società civile è attiva ed alla continua ricerca di interlocutori, affinché a prevalere non siano solo le ragioni della violenza e delle armi. Giornalisti, associazioni, artisti e gruppi di rifugiati chiedono esclusivamente che la loro voce venga ascoltata, ed un primo incontro delle opposizioni nonviolente si è tenuto già nell'agosto del 2012 presso la Comunità di Sant'Egidio; il movimento nonviolento siriano ha, però, molte attività in corso che non riescono a coprire tutte le aree del Paese, nonostante l'ottimo lavoro delle radio libere, attive in tutte le zone liberate, e delle numerose associazioni umanitarie e sociali nate tra i rifugiati siriani. Lo stesso PYD, principale partito curdo siriano, ha espresso, attraverso la voce del suo responsabile degli affari esteri durante un recente incontro alla Camera dei Deputati, la richiesta di cessare il fuoco e di poter partecipare al tavolo negoziale di Ginevra 2. Il decreto legge 2/2014, quello per l'appunto sulle missione internazionali, nell'art. 9 prevede una spesa di 1.110.160 euro per interventi volti a sostenere i processi di stabilizzazione nei Paesi in situazione di fragilità, conflitto o post-conflitto; questo stanziamento di fondi può rappresentare una potenziale risorsa da mettere in campo per la costruzione di un incontro internazionale della società civile siriana e dei gruppi pacifici del Paese, in coerenza con quanto previsto dal decreto in materia di diplomazia preventiva. Un incontro del genere sarebbe del tutto simile ad iniziative già realizzate dal MAE - DGAP con alcune componenti civili dell'opposizione civile, ma soprattutto permetterebbe di ridare l'opportunità all'Italia di ricoprire un ruolo centrale di sostegno alle forze pacifiche della società civile, così da costruire ponti di dialogo concreti tra le forze sociali siriane. Iniziamo un percorso, diamo finalmente continuità al nostro lavoro diplomatico, immaginiamo questo come primo possibile passo cui dar seguito con il coinvolgimento, in future iniziative, di tutte le organizzazioni sociali italiane attive da anni sulla questione siriana.
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