Ansa Minaccia Isis? Asad ora vuole riscuotere Di fronte a un Occidente sempre più allarmato dalla minaccia dello Stato islamico (Isis) che controlla ampie porzioni di Iraq e Siria, il regime di Damasco, solo un anno fa accusato di aver gassato centinaia di civili e autore di numerosi crimini documentati, si propone a Stati Uniti e alleati come il pompiere di un incendio che, secondo alcuni, ha contribuito ad alimentare. Dopo aver per circa un anno lasciato i jihadisti, provenienti dall’Iraq, liberi di risalire lungo l’Eufrate fino a eleggere come capitale Raqqa nel nord della Siria, da fine maggio Damasco ha preso a compiere inediti raid aerei contro postazioni dello Stato islamico in quell’area. Da giorni, l’Isis tenta di impadronirsi della base aerea di Tabqa, l’ultima sacca di resistenza lealista nella regione. In questo quadro e all’indomani delle prime timide aperture statunitensi sull’ipotesi di ampliare le operazioni aeree contro lo Stato islamico anche nelle sue roccaforti in Siria, il governo di Damasco apre adesso a un “coordinamento informale” tra i suoi servizi di intelligence e quelli dei Paesi occidentali. Nel nome della “guerra al terrorismo”. Per questa intesa Damasco fissa però un prezzo: le potenze occidentali riaprano i contatti politici con il regime siriano, messo al bando, almeno ufficialmente, da Stati Uniti e Unione Europea sin dall’inizio della brutale repressione delle manifestazioni anti-governative del 2011. Una fonte siriana “di alto livello” citata oggi dal quotidiano libanese as Safir, da decenni vicino al potere di Damasco, parla della possibilità di uno scambio “informale” di elementi tra intelligence occidentali e siriane. Di fatto, afferma la fonte, “l’esercito iracheno e quello siriano già si scambiano informazioni, in particolare per quanto avviene nelle operazioni aeree, e l’esercito iracheno riceve informazioni anche dagli Usa e dall’Iran”. Nei giorni scorsi, la stampa panaraba affermava che un corridoio informativo sotto-traccia tra Damasco e Washington già esiste, proprio grazie al fatto che i servizi di sicurezza di Teheran e di Mosca forniscono dati ai loro colleghi di Baghdad che, a loro volta, sono autorizzati a condividerli sia con i siriani sia con i consiglieri americani presenti nella capitale irachena. Parlando a Damasco il 19 agosto, il vice ministro degli esteri siriano, Faysal al Miqdad, frenava su ogni eventuale ipotesi di scambio formale tra Siria e Stati Uniti: “il coordinamento internazionale per combattere l’Isis deve avvenire nel quadro degli accordi e delle risoluzioni internazionali”, aveva detto. La fonte citata oggi da Safir afferma invece che il regime siriano si dice disposto a collaborare, a patto di veder riaperti i canali politici con Europa e Usa. Un messaggio, afferma sempre la fonte, recapitato più volte a Damasco dalle autorità siriane a appresentati delle intelligence tedesca, svedese, austriaca e bulgara, di recente tornati alla corte di Assad proprio in nome della comune “minaccia del terrorismo”. (Ansa).
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