http://www.sirialibano.com “Crocifissioni di cristiani”, la nuova bufala Non erano cristiani ma musulmani. Non erano stati uccisi per mezzo di crocifissione ma i loro corpi già senza vita erano stati esposti in quel modo barbaro. Il crimine è orrendo, al di là dell’appartenenza confessionale delle vittime. Eppure la “notizia” di “cristiani crocifissi in Siria” ha fatto il giro dei media occidentali, in particolare dei principali mezzi d’informazione italiani. I due maggiori quotidiani italiani Corriere Della Sera e Repubblica hanno dedicato ampio spazio, richiamando le “notizie” in prima pagina con tanto di fotografie “di un crocifisso a Maalula”, la cittadina cristiana nei pressi di Damasco. A spingere i direttori e i capi redattori verso una simile scelta editoriale è stata senza dubbio l’esternazione di Papa Francesco: “Ho pianto quando ho visto la notizia“. Si sa, le affermazioni del Papa fanno sempre notizia. E un cristiano crocifisso in un Paese infestato da al Qaida è un piattino troppo ghiotto per non infilarci mani, faccia e piedi. La bufala non è apparsa solo sulle piattaforme web pro-Asad seguite dai soliti islamofobi, “anti-imperialisti” a senso unico e reazionari “di sinistra”, ma sui giornali più venduti in Italia. E diffusa da numerose altre testate radio, televisive, online. Chi crede ai complotti potrebbe addirittura pensare a una campagna di stampa pro-Asad per legittimare la sua elezione farsa del prossimo 3 giugno. Non sarà così. Ma allora perché? Solo ignoranza nella buona fede, dunque? Soltanto cattivo giornalismo, incapace di verificare le informazioni e le fonti? I fatti: tra le sette persone uccise a Raqqa non vi erano cristiani, erano tutti musulmani e addirittura due dei crocifissi sembra fossero sostenitori o combattenti appartenenti ad altre fazioni ribelli, la loro accusa è quella di avere lanciato degli ordigni esplosivi e aver tentato di uccidere alcuni leader della formazione qaedista dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis). A Raqqa, una città sull’Eufrate controllata dall’Isis, è in atto un’opera di resistenza da parte della società civile che tenta di opporsi all’imposizione di quella che i qaedisti dicono sia la legge islamica. Lo stesso Isis, accusato da più parti di essere altamente infiltrato da servizi di sicurezza stranieri e del regime di Damasco, è impegnato dall’inizio dell’anno in quotidiani scontri con gli altri gruppi ribelli riuniti sotto diverse sigle (Esercito siriano libero, Fronte Islamico, Jabhat al Nusra, ecc…), definiti takfiri e empi. Non importa. Qualsiasi “notizia” che può presentarci il presidente Bashar al Asad come il salvatore della patria (O lui o al Qaida) va bene ed è autentica. In questo senso, un sito cattolico ha definito gli uccisori di Raqqa dei “miliziani anti Asad”, attribuendo ad altri l’opera di disinformazione: “Invano cercherete sui giornali italiani articoli sulla terribile vicenda: qualche breve cenno in qualche articolo, nulla più. È che in questa guerra ragioni di propaganda impediscono di dare conto dei crimini dei ribelli anti-Asad, mentre vengono enfatizzati, se non inventati, quelli di Asad…”. Lo stesso sito citando un’altra fonte arriva perfino a dare il nome di uno degli uccisi: il cristiano Antoine Hanna, un nome che ricorre spesso in questa storia. Ma sui forum jihadisti dell’Isis e in vari tweet di combattenti dell’Isis è possibile leggere la risposta di queste persone al pianto del Papa per i cristiani crocifissi: “Caro Papa Francesco, le persone di Raqqa non sono state crocifisse perché cristiani ma per l’applicazione del Corano versetto 5:33″. La sura in questione recita: “In verità la ricompensa di coloro che combattono Iddio e il Suo Messaggero e si danno a corrompere la terra è che essi saranno massacrati, o crocifissi, o amputati delle mani e dei piedi dai lati opposti, o banditi dalla terra…”. Questo è stato fatto secondo la ferrea applicazione secondo l’Isis della sharia, la legge islamica. Se l’applicazione della sharia da parte dell’Isis fosse veramente coerente con il testo coranico letterale, gli “infedeli” non dovrebbero essere colpiti in quanto tali, nel versetto 2:62 è infatti scritto: “Ma quelli che credono, siano essi ebrei, cristiani o sabei, quelli che credono cioè in Dio e nell’Ultimo Giorno e operano il bene, avranno la loro mercede presso il Signore, e nulla avran da temere né li coglierà tristezza”. Già nel mese di marzo, l’Isis aveva ucciso e poi legato un uomo ad una croce di legno, con l’accusa di aver derubato e poi ucciso un altro musulmano. Tornando ad “Antoine Hanna”. La notizia è che “una persona è stata uccisa e poi legata ad una croce nel villaggio di Meskene”, nella campagna di Aleppo. Strano: diverse fonti cristiane di Aleppo interpellate in questi giorni ricordano che nella campagna della metropoli siriana del nord i cristiani non ci sono mai stati. Non importa. I siti pro-Asad titolano: “Un siriano di nome Antoine Hanna nelle zone rurali della città di Aleppo, ucciso davanti agli occhi dei figli con l’accusa di blasfemia. Ha rifiutato di rinnegare la sua religione e lo hanno crocifisso”. Oppure: “Giovane cristiano di nome Antoine Hanna, crocifisso dai terroristi takfiri sponsorizzati dagli Stati Uniti e dall’occidente, nella località Maskana… accusato di essere empio”. Questa volta la notizia non è ancora stata ripresa dai siti cattolici. Speriamo non lo facciano perché il presunto cristiano ucciso a Meskene ha guarda caso lo stesso nome e cognome del presunto cristiano ucciso a Raqqa. Evidentemente questa volta la macchina della disinformazione si è inceppata. Si veda il comunicato dell’Isis sul crimine commesso a Meskene. La fotografia dell’uomo crocifisso a Meskene è comparsa per la prima volta in un tweet di Dylan @ProSyriana, apparentemente un cristiano siriano sostenitore del Presidente Asad, con la seguente dicitura: “uno dei tre uccisi e crocifissi a Meskene (Aleppo) dopo essere stati accusati di essere infedeli dai ribelli”. Non vi sono riferimenti al fatto che l’uomo fosse cristiano, forse ha indotto in confusione i supporter italiani di Asad la parola “infedele”, che però viene utilizzata dall’Isis anche verso gli altri ribelli musulmani, considerati takfiri e infedeli. Una fonte presente a Meskene appena contattata conferma l’uccisione avvenuta nella località di Aneza, ma nega che si tratti di un cristiano. Sostiene fosse originario di Akraba, vicino a Sfera; un profugo di Meskene lo avrebbe riconosciuto come una persona che stazionava ai posti di blocco di Khanaser, quindi sarebbe un soldato o una persona che lavorava per il regime. Sarebbe stato crocifisso da membri dell’Isis per spaventare i combattenti ribelli che stazionano nella zona di Meskene e per indurli ad abbandonare l’area. La storia dei cristiani perseguitati nel Levante arabo in guerra è un antico cavallo di battaglia di chi vuole mantenere il proprio controllo politico, economico ma anche culturale affidando le chiavi del potere al regime di turno. Non è dunque cosa nuova. È comunque degno di nota l’accanimento dei siti italiani pro-Asad su questo tema. Su queste piattaforme si diffondono false notizie e fotografie spacciandole per verità. Una delle più clamorose era una fotografia di un gruppo di donne velate e incatenate accanto a un uomo barbuto con la spada. Secondo quanto propagandato si trattava di donne di Aleppo vendute come schiave dai salafiti nei mercati, i più precisi le definivano donne sciite vendute come schiave dopo essere state violentate. Peccato che la fotografia risalisse al 2007 e rappresentasse delle donne sciite immortalate in una rappresentazione della festività dell’Ashura nel villaggio di Nabatiyeh in Libano. Nel settembre del 2013 l’agenzia cattolica di informazione Fides era stata costretta a smentire la notizia che riguardava l’uccisione di 130 cristiani ad Aleppo: “È del tutto falsa la notizia di un massacro di 130 cristiani ad Aleppo, che sarebbe stato compiuto da gruppi dell’opposizione siriana, come riportato nei giorni scorsi da massmedia libanesi e alcuni siti web”. Un sacerdote interpellato da Fides notava: Tali notizie servono a diffondere terrore, soprattutto hanno l’obiettivo di innescare una guerra settaria. Vorrebbero anche indurre i cristiani ad armarsi, facendo sì che il conflitto assuma un volto sempre più confessionale e una piega pericolosa, vicina a quella della guerra del Libano. Inoltre sembrano preparare il terreno a una parcellizzazione dello stesso territorio siriano su base settaria. Questo va contro la storia, la cultura e il reale volto della società siriana, da sempre caratterizzata da pluralismo e multiformità, nella convivenza”. Nella rete di propaganda è finita anche “una donna lapidata dai fondamentalisti a Raqqa”. Della vittima si conosceva solo il cognome: al Jasim. Tuttavia la fotografia era un’immagine tratta dal film “The stoning of Soraya” in cui l’attrice iraniana Mozhan Marno viene lapidata. Più di recente e all’indomani dell’attacco al villaggio armeno (quindi cristiano) di Kasab a nord-est di Latakia da parte di miliziani fondamentalisti, è stata diffusa in rete una fotografia di “Un bambino cristiano ucciso dai ribelli a Kasab”. L’immagine mostrava un bambino di qualche mese con una cuffietta di lana circondato da uomini che puntano verso di lui dei vecchi fucili. Si tratta di una vecchia fotografia che non riguarda la Siria, ma lo Yemen. Su alcuni siti la didascalia della fotografia era la seguente: “Questo bambino è stato catturato dai terroristi perché è un bambino di un’altra religione, quindi un bambino infedele, ma soprattutto è un bambino di una famiglia pro governo siriano”. Come per miracolo questa foto è passata dai siti pro-Asad a un sito di informazione cattolico ed è stata usata come esempio del danno causato dai “fondamentalisti sostenuti dall’Occidente contro la Siria e i siriani”. Da più di un anno, attivisti siriani a favore della rivoluzione ma contrari all’Isis, denunciano le sue violazioni nei confronti della popolazione tra il silenzio quasi generale dei media, dei siti pro-Asad e dei siti cattolici attenti alla notizia riguardante il cristiano o la notizia brutale, come se i continui bombardamenti degli aerei del regime sulla popolazione civile non fossero sufficientemente cruenti. Ora l’Isis che è combattuto dagli altri ribelli, diventa il paradigma per rappresentare la rivoluzione, quindi garante della sicurezza e dei cristiani può essere solo il regime. Ma come diceva il sacerdote intervistato dall’Agenzia Fides “Tali notizie servono a diffondere terrore, soprattutto hanno l’obiettivo di innescare una guerra settaria”.
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