Now Lebanon
24/07/2014

La sindrome di Aleppo
di Fidaa Itani
Traduzione e sintesi di Laila Zuhra.

La disperazione crescente di una rivolta ormai spaccata

Bombardamenti, devastazione e morte. Ogni volta che ci si dimentica del problema principale in Siria, ecco che torna prepotentemente in primo piano. Il regime si rifiuta di cedere, trascinando il Paese e il suo popolo nel baratro con sé. Le diverse fazioni sono occupate a combattersi a vicenda ma, allo stesso tempo, si impegnano a distribuire aiuti alla popolazione, incentivare scuole, gestire panetterie, distribuire carburante e, naturalmente, ottenere fondi da qualsiasi fonte possibile.

Il fallimento del progetto di governo transitorio dell’opposizione ha dato alle forze locali il controllo totale su tutte le fasce della società siriana. Le regioni liberate stanno ancora aspettando che qualcuno le salvi per poter ricominciare a vivere, mentre l’intervento dell’opposizione esterna nella vita civile è in continua diminuzione. Questo ruolo sempre più blando ha trasformato le varie fazioni combattenti in mini-Stati che controllano la riabilitazione delle reti idriche ed elettriche e la raccolta dei rifiuti; istituiscono reti di telefonia mobile con l’assistenza di attori occidentali; riavviano l’istruzione nelle scuole pubbliche; distribuiscono gli aiuti provenienti dai Paesi sostenitori, in particolare l’Arabia Saudita e il Qatar, ma senza tener conto dei bisogni reali, dal momento che i continui sfollamenti hanno reso troppo difficile determinare il conteggio della popolazione.

La quantità di farina distribuita è, solitamente, determinata sulla base della fedeltà di ogni fazione al Paese donatore. Il Fronte al-Nusra, invece, acquista centinaia, a volte migliaia, di tonnellate di farina, cuoce il pane nelle sue panetterie e ne rivende o ridistribuisce una parte alla popolazione civile; allo stesso modo, l’ISIS ottiene aiuti dal mercato nero, oppure confiscando merci dai camion che ferma ai posti di blocco.

Le varie fazioni siriane, in definitiva, non sono riuscite a portare la loro lotta al di fuori dei confini dei loro villaggi, né a gestire correttamente le regioni civili, prendendo in eredità il già fallito Stato siriano, mentre il destino di queste regioni e di coloro che vi vivono è ancora tutto da definire.

In tutte queste dinamiche un ruolo fondamentale è giocato dalla Turchia: il confine meridionale del Paese è un importante punto di osservazione per l’intelligence turca, che sovrintende tutte le attività transfrontaliere relative alla rivoluzione siriana.

Fondato cinque mesi fa, il Military Operation Center (MOC), era stato pensato per eseguire operazioni militari e coordinare gli aiuti sotto la supervisione della CIA. Il flusso di aiuti, tuttavia, non viene ancora monitorato in modo efficace, soprattutto nel settore finanziario e monetario, e gran parte di questi fondi va a finire nelle mani del Fronte al-Nusra e dell’ISIS.

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