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http://www.dailymail.co.uk Donne di guerra Si tratta di donne combattenti che hanno organizzato un’unità in Aleppo lo scorso marzo Nel marzo dello scorso anno, il fotografo Sebastiano Tomada si avventurò ad Aleppo, in Siria, il centro della rivolta contro il presidente Bashar al-Assad, per fotografare i combattenti. Ciò che ha trovato, ha sorpreso il mondo. In mezzo a questa brutale guerra civile nel cuore del Medio Oriente musulmano, un distaccamento di combattenti femminile che aveva preso le armi contro il regime. Le fotografie fecero notizia in tutto l'Occidente. Il Signor Tomada ha incontrato le combattenti, alcune delle quali erano con i figli, in un posto di comando segreto dentro Aleppo. Molti di loro erano state costrette a combattere le ingiustizie e le umiliazioni del regime e dei suoi scagnozzi. Una di loro, Om Ahmad, di 72 anni, madre di tre bambini, gli disse come era fuggita ad Aleppo dopo che la sua casa di Dara'a fu distrutta dai bombardieri. “Ho scelto di prendere un'arma e combattere il regime”, ha detto. Per un'altra donna tra loro, Benifet Ikhla, una 27enne vedova, la sua motivazione era la parità per le donne. “Io combatto per la vita e la libertà, mi batto per dimostrare che uomo e donna sono uguali”, ha detto. Una terza, Fadwa, vedova e madre di tre bambini all'età di soli 20 anni, è stata più nichilista. Ha detto: “Mio marito è morto in prima linea, morirò in prima linea anch’io, che Dio ci aiuti.” Al momento circa 150 donne avevano aderito ad al katiba, che significa battaglione o falange in arabo, e secondo un gruppo di monitoraggio stavano giocando un ruolo chiave nel feroci combattimenti intorno alla città. In quei giorni di primavera del 2013, i ribelli siriani, molti dei quali provenienti da aree rurali vicino ad Aleppo, avevano preso il controllo di gran parte della città e il regime era sulla difensiva. Durante la primavera del 2013, sembrava che i ribelli potessero avere una vittoria decisiva contro le forze del regime. Ma l'assenza di unità tra i vari battaglioni ribelli, che si estendevano dal secolare libero Esercito Siriano, al quale erano affiliate le donne, al fronte islamista al-Nusra, fatta di cooperazione e di resistenza unificata era difficile. Quando il regime, accresciuto dai combattenti del gruppo sciita libanese Hezbollah, ha lanciato la sua controffensiva a fine marzo, le divisioni tra i ribelli sono diventate difficili da ignorare, mentre le atrocità commesse da altri gruppi estremisti cancellavano il loro appoggio pubblico. Il mese scorso l'Osservatorio siriano per i diritti umani ha riferito che almeno 7.000 persone sono state uccise a causa delle lotte intestine ribelli, dal solo mese di gennaio, tra cui circa 650 civili presi nel fuoco incrociato. Ora, mentre le forze speciali dell'esercito siriano spingono su Aleppo, il controllo della città è di nuovo in bilico, con le posizioni dei ribelli sotto assedio, le loro linee di rifornimento in Turchia tagliate. Non vi è più notizia dell’unità femminile dell’FSA, ma la loro memoria vive. http://www.dailymail.co.uk Women of war
They are of women fighters who organised a unit in Aleppo last march In March last year, photographer Sebastiano Tomada ventured to Aleppo, Syria, the centre of the revolt against President Bashar al-Assad, to photograph the fighters there. What he found astonished the world. In the midst of this brutal civil war in the heart of the Muslim Middle East, an entirely female detachment of fighters who had taken up arms against the regime. The photographs he sent back made headlines across the West. And now, nearly a year-and-a-half later, his work has been recognised with a gold medal from the Prix de la Photographie Paris. Mr Tomada met the fighters, some of whom were with their children, in a secret command post inside Aleppo. Many of them had been compelled to fight by injustices and humiliations dealt out by the regime and its henchmen. One of them, Om Ahmad, a 72-year-old mother-of-three, told him how she had fled wit her to Aleppo after her home in Dara'a was destroyed by bombers. 'I chose to pick up a weapon and fight the regime,' she said. For another woman among them, Benifet Ikhla, a 27-year-old widowed by the fighting, her motivation was equality for women. 'I fight for life and freedom, I fight to prove that woman and man are equal,' she said. A third, Fadwa, a widowed mother-of-three aged just 20, was more nihilistic. She said: 'My husband died on the front lines, I will die on the front lines, may God help us.' At the time around 150 women had joined the katiba - which means battalion or phalanx in Arabic - and according to a monitoring group they were playing a key role in the fierce fighting around the city. In those days of spring 2013, Syrian rebels - many of whom came from rural areas around Aleppo - had seized control of large parts of the city and the regime was on the back foot. It looked as if the regime was defeated in the city, despite having broad support among residents. But the lack of unity among the disparate rebel battalions, who ranged from the largely secular Free Syrian Army - with whom the women were aligned - to the outwardly Islamist al-Nusra front, made organised defence difficult. When the regime, backed by fighters from the Lebanese militant group Hezbullah, launched its counter-attack in late March, splits among the rebel groups became difficult to paper over, while atrocities committed by some eroded their public support. Last month the Syrian Observatory for Human Rights reported that as many as 7,000 people have been killed in rebel infighting since January alone, including some 650 civilians caught in the crossfire. Now as Syrian Army special forces make a fresh push on Aleppo, control of the city is again in the balance, with reports that rebel positions are under siege, their supply lines to Turkey in the north cut off. There is no fresh news of the FSA's all-female unit, but their memory lives on.
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