http://www.iljournal.it Nel 2014 sono arrivati in Italia 9mila minori. Ecco la storia di una di loro Nel dramma degli immigrati clandestini che arrivano nel nostro paese dal mare c'è ancor quello ancor più terribile da sopportare dei minori, troppo spesso da soli “In Libia eravamo molestati, ci dicevano di andarcene… Abbiamo deciso di partire, anche morire in mare era meglio dell’inferno che vivevamo in Libia”, il racconto è di Nadia, 15 anni, di Homs, mentre riposa in un centro di accoglienza a Milano prima di proseguire con i suoi fratellini e i genitori il loro viaggio verso la Danimarca. Novemila minori come Nadia sono sbarcati sulle coste italiane nei primi mesi di questo 2014. E spesso sono senza famiglia, amici o parenti. “Certo -spiega sempre Nadia- sapevamo che avremmo rischiato la vita affrontando il viaggio in mare, ma erano successe troppe cose brutte. C’era una famiglia che voleva obbligarmi con la forza a sposare il loro figlio. Mentre ero a scuola quel ragazzo mi perseguitava e molestava in continuazione. Ha persino mandato lettere ai miei genitori minacciando di rapirmi. I miei genitori si sono spaventati -racconta ancora Nadia- perché eravamo in una piccola cittadina, e in quel posto tutti si conoscevano ed erano tutti armati. Potevano facilmente fare quello che dicevano. Avrebbero anche potuto uccidere i miei familiari se si fossero opposti al matrimonio. C’erano tante ragazze nella mia stessa situazione, e per questo volevano tutte scappare dalla Libia”. “I paesi europei del nord e centro Europa -scrive Save The Children- in particolare Svezia, Norvegia, Germania e Svizzera, sono la meta finale di queste famiglie, che non vogliono restare in Italia, ma proseguire il loro viaggio per raggiungere familiari o amici che hanno trovato condizioni di accoglienza e integrazione dignitose in quei paesi. Tendono ad abbandonare il prima possibile i centri di prima accoglienza in cui vengono trasferiti dopo lo sbarco sulle nostre coste, possibilmente senza farsi identificare dalle autorità italiane, per il timore, una volta raggiunto il paese europeo obiettivo finale del loro viaggio, di essere rimandati indietro in Italia, primo paese di ingresso nell’Ue, come prevede il Regolamento Dublino”
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