Foto: I parenti addolorati sul corpo di 26-year-old Ahmed Fahmawi, che è stato ucciso dai soldati israeliani a Ein Al campo profughi durante un raid notturno, Nablus, Cisgiordania, 22 giugno 2014. Secondo fonti mediche palestinesi, i soldati israeliani uccisi Fahmawi vicino alla sua casa dopo aver fatto irruzione nel campo profughi in cerca di tre coloni israeliani. |
english version below http://972mag.com Quando i soldati israeliani provocano e i palestinesi muoiono Nonostante le affermazioni di Netanyahu sull'autodifesa, testimonianzae di soldati israeliani suggeriscono che il crescente numero di vittime palestinesi sono il risultato di tattiche volutamente provocatorie. In risposta ai numeri dell’escalation di morti palestinesi, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha offerto la scusa che l'azione militare israeliana in Cisgiordania "comporta un certo attrito con la popolazione civile", e che "non abbiamo intenzione di far del male a nessuno, ma le nostre forze agiscono come necessario per l'auto-difesa e di tanto in tanto ci sono vittime o feriti sul lato palestinese, a seguito delle azioni di autodifesa dei nostri soldati." Al momento di questo intervento, sei palestinesi sono stati uccisi nella massiccia operazione militare che è stata lanciata dopo il rapimento di tre giovani israeliani nei pressi di un insediamento in Cisgiordania. Ma i tentativi di far passare il crescente numero di vittime palestinesi disarmate come "auto-difesa" è vacuo, specialmente se si tiene conto della testimonianza di ex soldati israeliani raccolte da Breaking the Silence. In un evento che ha avuto luogo pochi giorni prima di "Operation Brother’s Keeper" è stata resa pubblica, la testimonianza di ex soldati che hanno raccontato le tattiche di routine utilizzate dai militari israeliani. Il fondatore del gruppo, Yehuda Shaul, è enfatico: "le testimonianze che abbiamo raccolto non sono eccezionali, ma riflettono la procedura operativa standard". Un sergente testimonia che di recente, nel 2014 la sua unità ha utilizzato una tattica nota come "provocazione e reazione", che egli descrive come "l'atto di entrare in un villaggio, facendo un sacco di rumore, in attesa che scaglino le pietre e poi li arrestate, dicendo: Lì, stanno lanciando pietre" Un altro soldato, il sergente Avner Gvaryahu, testimonia che: Usciamo notte dopo notte, disegnando fuoco. Andiamo nei vicoli che sappiamo essere pericolosi. Facciamo arresti, tutti i tipi di arresti. Ma il punto più alto della notte viene quando disegnamo fuoco, creiamo una situazione in cui ci sparano contro. E' una situazione, completamente folle, ma ci sei dentro, è difficile da spiegare. Stai guardando attraverso il binocolo alla ricerca di qualcuno da uccidere. Questo è quello che si vuole fare. E vuoi uccidere lui. Ma vuoi ucciderlo davvero? Ma questo è il tuo lavoro. Come rilevato da un recente articolo di +972 da Yael Marom, una notizia rilasciata da ultra-ortodossi cita un ufficiale che spiega la stessa tattica durante le operazioni in corso: Netanyahu sostiene che presto rivelerà la prova che Hamas è dietro il rapimento dei tre giovani israeliani. Ma indipendentemente dalla colpevolezza di qualsiasi gruppo, è chiaro che molti palestinesi senza alcun collegamento con il rapimento vengono puniti collettivamente, e in alcuni casi uccisi, come conseguenza di azioni militari volutamente provocatorie. L’Operazione Fratello Custode, prende in prestito una nota frase biblica coniata da Caino, utilizzata durante il tentativo di schivare la responsabilità per l'omicidio di suo fratello Abele. Forse prendere a prestito le parole di un oscuro assassino risulta più appropriato di quanto i PR militari volessero intendere.
Foto: Relatives grieve over the body of 26-year-old Ahmed Fahmawi, who was killed by Israeli soldiers at Al Ein Refugee Camp during a night raid, Nablus, West Bank, June 22, 2014. According to Palestinian medical sources, Israeli soldiers killed Fahmawi near his home after they raided the refugee camp in search of three Israeli settlers. http://972mag.com When Israeli soldiers provoke and react, Palestinians die Despite Netanyahu’s claims of ‘self-defense,’ testimony by Israeli soldiers suggests that mounting Palestinian casualties are the result of intentionally provocative tactics. In response to the mounting numbers of Palestinian deaths, Prime Minister Benjamin Netanyahu offered the excuse that Israeli military action in the West Bank “entails a certain friction with the civilian population,” and that “we have no intention of deliberately harming anyone but our forces are acting as necessary for self-defense and from time to time there are victims or casualties on the Palestinian side as a result of the self-defense actions of our soldiers.” At the time of this posting, six Palestinians have been killed in the massive military operation that was launched after the kidnapping of three Israeli youth near a West Bank settlement. But attempts to cast the rising number of unarmed Palestinian casualties as “self-defense” rings hollow when taking into account the testimony of former Israeli soldiers collected by Breaking the Silence. In an event that took place just days before “Operation Brother’s Keeper” was launched, the public testimony of former soldiers recounted routine tactics used by the Israeli military. The group’s founder, Yehuda Shaul, is emphatic that, “the testimonies we have collected are not exceptional,” but reflect standard operating procedure. One sergeant testifies that as recently as 2014 his unit used a tactic known as “Provocation and reaction,” which he describes as, “the act of entering a village, making a lot of noise, waiting for the stones to be thrown at you and then you arrest them, saying: ‘There, they’re throwing stones.’” Another soldiers, Sergeant Avner Gvaryahu, testifies that: What we’d do was go out night after night, drawing fire, go into alleys that we knew were dangerous. There were arrests, there were all kinds of arrests. But the high point of the night was drawing fire, creating a situation where they fired at us. It’s a situation, totally insane, you’re in it, it’s hard to explain. You’re looking through the binoculars and searching for someone to kill. That’s what you want to do. And you want to kill him. But do you want to kill him? But that’s your job. As noted by a recent +972 article by Yael Marom, an ultra-Orthodox news outlet quotes an officer saying that the same thing is happening during current operations: The officer stated that the army is intentionally trying to agitate the population in order to provoke stone throwers, which will allow Israeli snipers to kill them. “There was a group of snipers on the roof an entire unit that moves on the outskirts of Jenin in order to make noise and raise tensions,” he said. “This was actually the true goal: to provoke them into causing disorder, and then put down those causing the disorder.” Netanyahu claims he will soon reveal proof that Hamas is behind the abduction of the three Israeli youth. But regardless of any group’s culpability, it is clear that many Palestinians with no connection to the kidnapping are being collectively punished, and in some cases killed, as a result of intentionally provocative military actions. “Operation Brother’s Keeper” borrows a well-known biblical phrase coined by Cain, used while attempting to dodge responsibility for the murder of his brother Abel. Perhaps borrowing the words of an obfuscating killer is more appropriate than the Israeli military’s PR officers intended.
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