http://www.lenius.it/ Scomparsi tre israeliani. C’è da preoccuparsi? Una finestra sulla Palestina è la testimonianza diretta di Anna, ricercatrice che risiede nei Territori Occupati e da quelle terre cercherà di inviarci notizie non filtrate su quello che realmente accade. Cosa è successo?
Quando? Come è successo?
Chi li ha rapiti?
Dove? Nei pressi di Allon Shvut, nel blocco colonico di Gush Etzion, tra Bethlhem ed Hebron, a sud della West Bank. E adesso?
Perché?
Ma ci dobbiamo preoccupare?
Succede che la sera del 12 giugno tre ragazzi, tra i 16 e i 19 anni, coloni ebrei, studenti presso la scuola rabbinica di un insediamento colonico a sud della West Bank non raggiungono mai casa. Il primo ministro israeliano, Netanyahu, non ha dubbi: i tre coloni sono stati rapiti da un gruppo armato palestinese del movimento di Hamas. Hamas è un’organizzazione politica palestinese, paramilitare, spesso identificata come movimento islamico di resistenza, il cui scopo è la creazione di uno Stato Islamico Palestinese. Dal 2007 è alla guida del governo della Striscia di Gaza. Vivo a Ramallah, e vedo la città cambiare. Alcuni negozi sono chiusi in segno di protesta o di solidarietà, c’è meno movimento del solito, ci sono molte più sirene durante la notte. Ci sono le incursioni militari israeliane. Oltre ad Hebron, dove fino ad ora si sono concentrate la maggior parte delle misure punitive, anche le altre città palestinesi vengono prese di mira: Ramallah, Nablus, Al-Bireh. Raid, arresti (circa 150 i palestinesi arrestati, tra cui deputati ed ex ministri), rastrellamenti, distruzioni, uccisioni. Ahmed Arafat, ragazzo palestinese del campo profughi di Jalazone, 19 anni, viene ucciso con un colpo di pistola sparato al petto. Mentre Hamas continua a negare di essere coinvolto nella scomparsa dei tre ragazzi e ritiene l’accusa infondata, Netanyahu addita ora anche il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), Abu Mazen (Mahmud Abbas), come principale responsabile della sorte dei tre coloni. Tuttavia, il presidente Abu Mazen, tra i fondatori dell’organizzazione politica, paramilitare, Al-Fatah (Movimento di Liberazione Nazionale), controlla solo il 14% del territorio della West Bank. E inoltre, il rapimento è avvenuto in Area C, zona sotto il totale controllo militare e civile israeliano. Da quando ho appreso la notizia, il 13 giugno, ad oggi, 16 giugno, sono passati solo tre giorni. Eppure, è stato un crescendo di violenze senza sosta. Ogni giorno si aggiungono decine di arresti, feriti, attacchi, incursioni, chiusure di checkpoint. I movimenti all’interno della West Bank cominciano a diventare lenti, incerti e pericolosi, i coloni attaccano le auto palestinesi lanciando pietre. Succede anche che lo scorso 23 aprile è stato firmato un accordo di riconciliazione (dopo la frattura del 2007) tra le fazioni di Fatah e Hamas, per formare un governo di unità nazionale. Accordo che ha aggravato la tensione tra il governo Netanyahu, forte del sostegno statunitense, e l’Autorità Nazionale Palestinese. E ora c’è chi parla di un piano architettato da Israele per distruggere quest’intesa in vista delle prossime elezioni. Adesso, la sera, il canto del muezzin è spezzato da sirene e spari. Adesso molti piani che avevo fatto per le prossime settimane vengono rovesciati. Adesso più che mai le notizie da leggere al mattino si moltiplicano e capita di dover accertarmi che l’amico che vive nel luogo in cui la sera prima ha avuto luogo un raid delle forze israeliane, stia bene. Eppure, ancora mi dicono di non preoccuparmi. Mi dicono che qui è normale. |
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