engish version and links below Electronic Intifada Le origini dell’attacco Mentre l’esercito israeliano metteva a ferro e a fuoco la Cisgiordania e grida di vendetta divampavano da Gerusalemme alle colonie, il governo Netanyahu sapeva che i tre adolescenti erano morti. Tra censura, menzogne e manipolazione, la ricostruzione dell’ultimo mese di violenza in Palestina Roma, 12 luglio 2014, Nena News Dal momento in cui il mese scorso i tre ragazzi israeliani sono stati dichiarati dispersi, il primo ministro Benjamin Netanyahu e l’apparato militare e di intelligence [Shin Bet, ndt] del paese hanno impedito il flusso di informazioni al pubblico. Attraverso una miscela tossica di propaganda, sotterfugi e incitamento, hanno infiammato una situazione precaria, manipolando gli israeliani nel sostenere la loro agenda fino a quando hanno reso un incubo assolutamente evitabile inevitabile. Polizia israeliana, funzionari dell’intelligence e Netanyahu sapevano, a poche ore dal rapimento, che i tre ragazzi erano stati uccisi. E sapevano chi fossero i primi sospetti meno di un giorno dopo la segnalazione del sequestro. Invece di rivelare questi dettagli al pubblico, lo Shin Bet ha imposto un ordine di censura sui media nazionali, proibendo ai giornali di riferire che i ragazzi erano quasi certamente stati uccisi, e vietando loro di rivelare l’identità dei loro sospetti assassini. Lo Shin Bet ha anche mentito ai genitori dei ragazzi rapiti, facendo loro credere che i loro figli fossero vivi. Invece di ordinare un intervento limitato per catturare i presunti responsabili e recuperare i corpi dei ragazzi, Netanyahu ha organizzato una campagna internazionale di pubbliche relazioni aggressiva, chiedendo simpatia e indignazione da parte dei leader mondiali: questi ultimi hanno avuto l’impressione che i ragazzi scomparsi fossero ancora vivi. Nel frattempo, le forze armate israeliane imperversavano in tutta la Cisgiordania occupata e bombardavano la Striscia di Gaza in una campagna di punizione collettiva ingannevolmente confezionata per gli israeliani e per il mondo come una missione di salvataggio. I dettagli critici che erano a conoscenza di Netanyahu e dell’apparato militare e di intelligence, sono stati rivelati al pubblico israeliano solo dopo il rapimento di oltre 560 palestinesi, di cui almeno 200 ancora detenuti senza accuse; dopo il raid delle università palestinesi e il saccheggio di innumerevoli abitazioni; dopo l’uccisione di sei civili palestinesi da parte delle forze israeliane; dopo che la polizia dell’Autorità palestinese addestrata dagli americani aveva assistito i soldati israeliani nell’attacco ai giovani palestinesi nel centro di Ramallah; dopo il presunto furto da parte delle truppe israeliane di $ 3 milioni di dollari; e dopo che la stravaganza delle relazioni pubbliche internazionali di Israele aveva fatto il suo corso. L’assalto in Cisgiordania è arrivato sulla scia del crollo dei negoziati guidati dagli Stati Uniti per i quali questi ultimi hanno incolpato Netanyahu e subito dopo la ratifica dell’accordo di unità di Hamas con l’Autorità Palestinese controllata da Fatah. Netanyahu stava ancora soffrendo per il riconoscimento da parte degli Stati Uniti del governo palestinese di unità nazionale quando è stato raggiunto dalla notizia del rapimento dei tre ragazzi. Visto che non bisogna mai perdere l’occasione di danneggiare i palestinesi, lui e la sua cerchia ristretta hanno pensato bene di attingere al sequestro per un valore massimo di propaganda. Settimane dopo l’incidente, è ormai chiaro che il governo israeliano, i servizi segreti e l’esercito si siano dotati di una copertura per fornire a loro stessi spazio politico per una campagna militare che aveva poco a che fare con il salvataggio di eventuali adolescenti rapiti. La campagna di disinformazione che essi hanno intrapreso ha scagliato una popolazione pesantemente indottrinata e comprensibilmente militarizzata in una frenesia tribalistica, provocando un’ondata di incitamento ad alto livello, culminata con la scioccante uccisione per vendetta di un adolescente palestinese innocente e disordini in tutta Gerusalemme est. Non è dato sapere quando finirà il caos e quanto lontano si diffonderà. Ma le sue origini sono sempre più chiare. IMBAVAGLIARE LA STAMPA, MENTIRE AI GENITORI DEI RAGAZZI Il 12 giugno, tre giovani israeliani ebrei, Naftali Frenkel, Gilad Shaar e Eyal Yifrach, scompaiono mentre fanno l’autostop da Kfar Etzion, un insediamento illegale nella Cisgiordania occupata. Alle 22.25 Shaar fa’ una chiamata in preda al panico alla polizia israeliana. Durante la chiamata inquietante della durata di due minuti e nove secondi, si possono sentire i presunti rapitori mentre ordinano ai giovani a tenere la testa abbassata. In sottofondo, mentre Shaar chiede aiuto, si sente Radio Israele. Poi si sentono diversi colpi di pistola seguiti da un canto celebrativo, mentre i rapitori dicono: “Abbiamo i tre.” I ragazzi sono stati uccisi. Ci è voluto fino alla mattina successiva perché la polizia collegasse la chiamata effettuata alla denuncia presentata dai genitori dei giovani. In un incontro con i funzionari dello Shin Bet, quel giorno, i genitori dei ragazzi hanno ascoltato la registrazione della telefonata. Bat Galim Shaar, la madre di Gilad Shaar, ha chiesto che gli investigatori le spiegassero il perché degli spari in sottofondo, e se questo significasse che suo figlio era morto. Secondo Bat Galim Shaar, la polizia ha detto che i proiettili erano “a salve”. Quando l’auto utilizzata dai presunti rapitori è stato scoperta bruciata al lato di una strada, lo Shin Bet le ha detto che nessuna traccia di DNA era stata trovata. Eppure, proiettili e sangue erano presenti in tutto l’interno della vettura. Lo Shin Bet aveva mentito ai genitori dei ragazzi scomparsi, al fine di alimentare false speranze che i loro figli fossero ancora vivi. “Quando [lo Shin Bet] alle 6 di venerdì mi ha detto che l’esercito era al lavoro sul posto ha detto Bat Galim Shaar alla televisione israeliana Channel 10 mi sono sentita meglio meglio, come se fossimo in buone mani. Sono stata ingenua, ho detto a tutti che Gilad sarebbe tornato a casa prima dello Shabbat. ” Dopo aver ingannato i genitori delle vittime, l’apparato militare e di intelligence israeliano si è mosso per nascondere la verità al pubblico, imponendo una censura che proibiva ai media del paese di riferire il suono degli spari nella chiamata registrata dalla polizia. Secondo il testo dell’ordine di censura, che è stato pubblicato in inglese dal portale Mondoweiss, i militari avevano proibito ai giornalisti israeliani di pubblicare “tutti i dettagli dell’indagine” e “tutti i dati che potrebbero identificarne i sospetti”. Non solo tutti i soggetti coinvolti nell’inchiesta Netanyahu, lo Shin Bet, i militari sapevano da subito che i tre ragazzi scomparsi erano quasi certamente morti, ma avevano anche individuato i due uomini che credevano fossero responsabili del crimine poco più di un giorno dopo che si era verificato. Per legittimare gli obiettivi più ampi dei militari, anche questa informazione è stata nascosta. NASCONDERE I SOSPETTI Il 17 giugno il sito di notizie in lingua araba Rai Al Youm ha riferito che la polizia israeliana e gli agenti dello Shin Bet avevano fatto irruzione nelle case di Marwan Qawasmeh e Amer Abu Eishe, i principali sospettati, a sud della città di Hebron. In quanto portale palestinese di stampa con sede a Londra, Rai Al Youm non è stato oggetto dell’ordine di censura dei militari israeliani ed era quindi libero di pubblicare i nomi dei due sospetti rapitori. Citando un report del portale israeliano Walla! che era stato ripulito dall’ordine di censura o altrimenti reso inaccessibile, Rai Al Youm ha sintetizzato il racconto dal padre di Abu Eishe come segue: “Sabato all’alba [due giorni dopo la segnalazione del presunto sequestro], le forze speciali dell’esercito israeliano hanno fatto irruzione nella casa e interrogato i figli della famiglia cercando di trovare tutte le informazioni che li avrebbero aiutati a capire dove si trovassero, ma non hanno avuto successo”. Il padre di Abu Eishe ha aggiunto che lo Shin Bet aveva arrestato anche la moglie di suo figlio per interrogarla. Uno zio di Qawasmeh ha dichiarato che quattro dei fratelli di suo nipote e sua moglie erano stati arrestati il giorno dopo il presunto rapimento e interrogati. Rai Al Youm ha aggiunto: “Molti dei corrispondenti militari dei media israeliani hanno riferito venerdì scorso una dichiarazione attribuita a un funzionario della sicurezza palestinese, in cui ha detto che l’Autorità Palestinese è sulle tracce di due persone di Hamas scomparse giovedì scorso [il giorno del sequestro] e che le forze di sicurezza dell’Anp hanno fornito le informazioni che dovevano a Israele. E ora è chiaro che questa storia era vera e che Israele li sta cercando e li ha accusati di essere dietro il rapimento.” Allison Deger, corrispondente di Mondoweiss, ha visitato la casa di Qawasmeh e ha confermato che l’esercito e lo Shin Bet aveva portato via alcuni membri maschili della famiglia per un interrogatorio il 14 giugno. In una normale indagine penale di alto profilo, i nomi dei sospetti fuggitivi sono ampiamente pubblicizzati. Gli investigatori affiggono poster dei criminali ricercati in spazi pubblici mentre i funzionari di polizia organizzano conferenze stampa in cerca di aiuto da parte del pubblico. In questo caso, tuttavia, i servizi di intelligence di Israele hanno scelto di mantenere le identità dei loro sospetti in un segreto gelosamente custodito per due settimane. Mentre Netanyahu e i suoi principali deputati accusavano tutti i membri di Hamas per il rapimento, l’ordine di censura dello Shin Bet aveva soppresso tutte le informazioni relative alle identità dei sospetti fino al 26 giugno. Per quel che ne sapeva il pubblico israeliano, i rapitori avrebbero potuto essere ovunque in Cisgiordania, in qualsiasi scuola o casa o caffè o pollaio dove chiunque lontanamente affiliato a Hamas avrebbe potuto riunirsi. Dopo aver manipolato una popolazione particolarmente suggestionabile attraverso l’attenta gestione delle informazioni, i militari avevano ottenuto tutta la latitudine politica di cui avevano bisogno per scatenarsi nelle città lontane dal luogo del delitto. Durante un raid dell’università di Bir Zeit vicino a Ramallah, le truppe israeliane hanno sequestrato centinaia di bandiere di Hamas e le hanno portate via in camion, come se avessero ottenuto preziose testimonianze. Quando l’esercito ha bombardato la Striscia di Gaza, l’unica giustificazione di cui aveva bisogno era che il territorio costiero assediato era governato da Hamas. Un sondaggio pubblicato il 2 luglio ha rivelato che il 76 per cento degli ebrei israeliani ha approvato le azioni dell’esercito e ha espresso un sostegno schiacciante per lo Shin Bet. In breve tempo, l’ordine di censura aveva prodotto il risultato sperato. Nena News Elemento Canaglia Anche se Qawasmeh e Abu Eishe erano ampiamente identificati come membri veterani dell'ala militare di Hamas, che rappresentavano un elemento canaglia che probabilmente ha agito senza informare e contro la volontà della leadership di Hamas. Secondo il giornalista israeliano Shlomi Eldar, i membri del clan Qawasmeh di Hebron si erano guadagnati una reputazione per aver attaccato obiettivi civili israeliani durante il cessate il fuoco tra Hamas e Israele. Mentre una famiglia allargata di oltre 10.000, difficilmente può essere incolpata per le azioni di alcuni dei suoi membri, è da notare che gli attacchi condotti dai combattenti della famiglia sono stati privatamente criticati dai leader di Hamas, come spiega Eldar. La leadership di Hamas considera le loro operazioni, atti autodistruttivi di saccheggio e spesso pagati, sotto forma di assassinii di israeliani. In ogni caso, la violenza ha mandato in frantumi il cessate il fuoco e innescato nuovi attacchi e spargimenti di sangue. "Lo stesso vale adesso", scrive Eldar. "Marwan Qawasmeh e Amer Abu Eishe hanno spinto Hamas in un luogo dove la sua leadership non ha mai voluto andare." La leadership di Hamas deve ancora assumersi la responsabilità per il rapimento e, probabilmente, non era neppure a conoscenza della sua pianificazione. Come osserva il corrispondente militare Amos Harel, di Haaretz, "Finora, non ci sono prove che la leadership di Hamas sia a Gaza o all'estero, fosse coinvolta nel rapimento". Harel aggiunge che la ricaduta del rapimento "effettivamente congela la riconciliazione Fatah-Hamas." Perché, la leadership di Hamas, avrebbe autorizzato un'operazione che minacciava così chiaramente di disfare i risultati politici raggiunti dal movimento, distruggendo l’affare della vantata unità e lasciando senza rivali Abbas nella West Bank? La propaganda del blitz del governo israeliano, soffoca le domande come queste, che fanno riflettere. A sua volta, l'ordine di bavaglio ostruisce il flusso di informazioni che avrebbero complicato la propaganda. Determinati a riformulare la narrazione dei media internazionali attorno alla grave situazione di Israele, causata dal terrorismo palestinese, Netanyahu è andato all'offensiva. #BringBackOurBoys Il 17 giugno, lo stesso giorno in cui l'esercito israeliano ha forzatamente confiscato le telecamere a circuito chiuso in Beitunia che avevano registrato dei suoi soldati mentre uccidevano due ragazzi palestinesi disarmati, durante la protesta del Nakba Day, l’ambasciatore israeliano Ron Prosor alle Nazioni Unite apparve dietro un leggio presso la Missione delle Nazioni Unite a New York City. "Sono passati cinque giorni da quando i nostri ragazzi scomparsi" tuonò Prosor, "e chiedo alla comunità internazionale, dove sei? Dove sei?" Riferendosi al governo di unità nazionale Fatah-Hamas, Prosor ha aggiunto: "Tutti quelli che, nella comunità internazionale, si precipitarono a benedire questo matrimonio dovrebbero guardare negli occhi dei genitori straziati, e avere il coraggio di assumersi le loro responsabilità condannando il rapimento. La comunità internazionale ha sostenuto un cattivo affare e Israele sta pagando per questo". Accanto a Prosor c'era un grande cartello che mostrava i volti sorridenti dei tre ragazzi mancanti sotto un hashtag di lettura #BringBackOurBoys. La propaganda del Blitz di Israele si stava avvicinando al suo apice. Per giorni, i leader delle brigate addestrate alla propaganda online di Israele, traamite il portavoce dell’unità dell'esercito israeliano, all'Agenzia ebraica, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, hanno inondato i social media con l'hashtag #BringBackOurBoys. Imitando la promozione di Michelle Obama dell’hashtag #BringBackOurGirls, che mirava a sensibilizzare al rapimento di studentesse nigeriane da parte di militanti islamici, la moglie del primo ministro israeliano, Sara, ha registrato un ritratto di se stessa accigliata su Facebook con una carta che diceva: #BringBackOurBoys. La campagna di social media si è riverberata in tutta la comunità ebraica negli Stati Uniti, mentre nelle sinagoghe di tutto il paese venivano esposti nastri gialli, in uno spettacolo attentamente coordinato, di solidarietà con i ragazzi mancanti. A New York, i politici locali apparvero ai raduni pro-Israele, mentre i diplomatici americani dall’ambasciatore alle Nazioni Unite Samantha Power, all'ambasciatrice Susan Rice, gareggiavano tra loro per offrire il tributo più emozionante ai ragazzi rapiti. Rachel Frenkel, la madre del rapito Naftali Frenkel, fu invitata dal governo israeliano al Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani a Ginevra, in Svizzera, ad invocare l'aiuto internazionale per salvare suo figlio. L'intera campagna di propaganda è stata messa in scena, nonostante Netanyahu e la sua cerchia interna fossero a conoscenza che i ragazzi erano quasi certamente morti. Ed è stato attivata per ordine dello Shin Bet, che anche i corrispondenti stranieri come Jodi Rudoren responsabile dell'ufficio di Gerusalemme del The New York Times, ha onorato. Il governo israeliano ha rifiutato di consentire ai fatti di interferire con quello che sembrava un’opportunità politica. Dietro l'immagine pietosa ha influenzato, prima del mondo intero, la società israeliana, che ribolliva di sete di sangue. Una pagina di Facebook creata spontaneamente chiedeva l'esecuzione di un prigioniero palestinese per ogni ora che i ragazzi fossero rimasti dispersi, mentre un’altra che scriveva "Il popolo di Israele chiede vendetta" ha raccolto più di 35.000 "mi piace" in pochi giorni, per lo più da giovani israeliani. Manipolata da una campagna di inganno e disinformazione, a credere che i "loro ragazzi" erano ancora vivi, il pubblico israeliano stava per ricevere una notizia scioccante. Una tomba poco profonda Alle 06:00 di mattina del 30 giugno, i corpi di Frenkel, Shaar e Yifrach sono stati trovati in Halhoul, all'ingresso nord di Hebron nella Cisgiordania occupata. Deposti in una fossa poco profonda in un terreno di proprietà di Marwan Qawasmeh, uno dei due uomini sospettati del loro rapimento e uccisione. I corpi sono stati scoperti non dallo Shin Bet, ma da una squadra di volontari del Campo Scuola di Kfar Etzion che ha guidato i soldati alla posizione. Da parte sua, l'esercito era stato troppo occupato a invadere le case palestinesi in settori lontani come Nablus, per poter scandagliare in modo efficace la proprietà di un sospettato a meno di 10 chilometri dal luogo del rapimento. Ore dopo la scoperta, le forze israeliane hanno fatto esplodere cariche esplosive all'interno delle case delle famiglie Qawasmeh e Abu Eishe. La demolizione seguiva l'annuncio che l'esercito stava nuovamente istituendo la sua politica di demolizioni punitive contro le famiglie dei palestinesi accusati di terrorismo. Quel pomeriggio, Netanyahu ha impresso il tono per la risposta nazionale, pubblicando osservazioni sul suo account personale di Twitter che aveva appena esternato in una riunione di gabinetto: Benjamin Netanyahu - 23:40 - 30 giugno 2014 Il Premier al Consiglio dei Ministri: con pesante dolore abbiamo trovato tre corpi. Tutti i segni indicano che sono i nostri giovani rapiti Eyal, Gilad e Naftali. 23:40 - 30 giugno 2014 Essi sono stati rapiti e assassinati a sangue freddo da animali umani. A nome di tutto il popolo ebraico, vorrei dire alle care famiglie, 23:40 - 30 giugno 2014 le madri, i padri, nonne e i nonni, fratelli e sorelle. Siamo profondamente addolorati, l'intera nazione piange con voi. 23:40 - 30 giugno 2014 Satana non ha ancora creato la vendetta per il sangue di un bambino piccolo. Neppure la vendetta per il sangue dei tre giovani puri che erano sulla loro> 23:40 - 30 giugno 2014 Via di casa versso i loro genitori che non li vedranno più. Hamas è responsabile e Hamas pagherà. Possa la memoria dei 3 ragazzi essere benedetta. I commenti di Netanyahu hanno sconcertato gli estranei, ma per quelli all'interno dei confini stretti della vita ebraica israeliana, avevano una risonanza familiare. Da Kishinev a Gerusalemme La dichiarazione di Netanyahu allude alla strofa finale della poesia di uno scrittore ebraico, Chaim Bialik, dal titolo: "Sulla Carneficina": Maledetto chi dice: "Vendicami" Vendetta come questa, la vendetta per il sangue di un bambino, Satana stesso non l’ha ideata Lasciate che il sangue trafigga l'abisso! Lasciate che il sangue penetri le profondità delle tenebre, Lasciate che conssumi le tenebre e comprometta Tutte le fondamenta marce della terra. Nel versetto di Bialik, un lamento bruciante è ancorato al linguaggio biblico, il poeta drammatizza un brutale pogrom incitato dallo zar russo nel 1903, che lasciò decine di ebrei morti nella città di Kishinev. Bialik seguì il suo primo canto di Kishinev con "La città della Carneficina", un lavoro incendiario, ammonendo le vittime del pogrom per la loro presunta passività a fronte dei predoni armati. Rapporti di resistenza feroce da parte dei locali furono convenientemente trascurati. La poesia ha contribuito a radicalizzare migliaia di giovani ebrei in tutta l'Europa orientale, ispirando la formazione di comitati di autodifesa e convincendo ondate di aderenti alla filosofia militante del sionismo. Tra quelli più influenzati da Bialik era Vladimir Jabotinsky, un attivista sionista di destra che in seguito sarebbe diventato un benefattore politico del padre di Netanyahu, Benzion. Nella sua appropriazione grezza dei versi di Bialik, Benjamin Netanyahu riformula la logica dei progrom russi disegnandola sui militanti palestinesi, tracciando una linea senza soluzione di continuità tra l'incubo ebraico di pre-guerra, l'Europa e l'esperienza israeliana odierna. Nella visione di Netanyahu, gli "animali umani" della Palestina avevano ereditato lo spirito genocida della teppaglia dello zar e ripeterebbero i loro crimini a meno che gli ebrei non fossero pronti a combattere. Naturalmente, gli ebrei israeliani sono l'esatto opposto degli abitanti dei piccoli villaggi russi all’inizio del secolo che circondavano se stessi contro i pogrom e la pulizia etnica. A differenza dei perseguitati dell'Europa orientale, gli ebrei israeliani consistono in un nuclearizzato, grande potere militare del Signore con il pieno sostegno dell’unica superpotenza del mondo, sopra una popolazione palestinese fuori casta, in gran parte indifesa. Da parte sua, Netanyahu condivide più atteggiamenti in comune con lo zar russo che incitava le minoranze religiose per deviare dai suoi problemi politici che con Bialik, lo scriba itinerante che ha incanalato il dolore dei membri più deboli della sua società. Lo sfruttamento della persecuzione storica ebraica è stata una caratteristica costante della retorica di Netanyahu, si espose audacemente lo scorso ottobre, durante un discorso televisivo a livello nazionale quando, senza alcun fondamento accusò il movimento nazionale palestinese di un aver avuto ruolo diretto nella Shoah. Questa volta, in mezzo a un ambiente pericolosamente sotto pressione, la demagogia ha contribuito a mettere in moto l'ondata di violenza che minacciava di inghiottire l'intera società israeliana. Poi si è ridotta alla vista del pubblico, mantenendo un silenzio cospicuo per diversi giorni mentre gli elementi estremisti, incoraggiati, hanno preso il controllo delle strade. "Assassinio, sommosse, incitamento, vigilantismo" Mentre folle di giovani ebrei si dispiegavano a ventaglio sul centro di Gerusalemme, cantando "Morte agli arabi" e cercando i palestinesi per aggredirli, i soldati israeliani in servizio attivo hanno usato Facebook per chiedere vendetta, pubblicando foto di se stessi con le armi che erano addolorti di usare. Con un sondaggio dell’opinione pubblica israeliana scattato dopo il funerale, i ragazzi israeliani che sostengono il partito di estrema destra Casa Ebraica guadagnavano terreno sulla destra Likud, parvenu politici israeliani si precipitavano a pubblicare bandi per la vendetta di sangue e l’annientamento di Hamas. Ayelet Shaked, un astro nascente della destra Casa Ebraica, ha pubblicato un invito al genocidio dei palestinesi su Facebook che ha guadagnato migliaia di "mi piace" israeliani. Il Rabbino Noam Perel, segretario generale del Bnei Akiva, il più grande movimento giovanile sionista religioso del mondo, ha alzato la posta del fanatismo quando ha chiamato alla trasformazione dell'esercito israeliano in "un esercito di vendicatori, che non si fermerà davanti a 300 Filistei cazzoni" L’appello di Akiva allude al primo libro di Samuele, in cui il personaggio biblico David, uccide duecento Filistei e riporta i loro peni come prova che l’aveva fatto. Sullo sfondo della febbre acuta da incitamento, una piccola automobile entrata nelle vie secondarie di Shuafat, un quartiere palestinese di Gerusalemme Est, il 2 luglio. Dietro le finestre oscurate erano giovani arrabbiati a caccia di ragazzi arabi. A seguito del rapimento fallito di un bambino di dieci anni nello stesso quartiere il giorno prima, un gruppo di uomini ha afferrato un 16enne di nome Muhammad Abu Khudair, gettandolo nell’auto e correndo via. Abu Khudair è stato poi trovato morto la mattina dopo nei boschi di Givat Shaul appena a ovest di Gerusalemme, con ustioni sul 90 per cento del suo corpo. Come hanno fatto dopo il rapimento dei tre ragazzi israeliani, lo Shin Bet ha imposto un ordine di bavaglio alle indagini, apparentemente nella speranza di ritardare la notizia che Abu Khudair era stato vittima dell'estremismo ebraico. E come prima, la polizia ha inondato i media israeliani con la disinformazione, questa volta insinuando che l'adolescente assassinato era stato ucciso da membri della sua famiglia per essere gay. The Electronic Intifada ha ottenuto un repertorio CCTV che mostra i volti dei presunti assassini di Abu Khudair proprio mentre lo rapivano. Il video è stato nascosto per diversi giorni al pubblico israeliano nel quadro di un nuovo ordine di Shin Bet. Quando la polizia ha finalmente arrestato gli assassini sospetti di Abu Khudair, hanno curiosamente messo in scena una conferenza stampa simultanea su un omicidio non correlato di una giovane donna ebrea, suggerendo senza alcuna prova evidente che era stata vittima di un terrorista palestinese. Il 4 luglio, l'autopsia ha rivelato che gli assassini di Abu Khudair lo avevano bruciato vivo. Proteste e diffusione dei disordini, da Shuafat a tutta Gerusalemme Est e nelle zone nord di Israele. Nel frattempo, i nazionalisti ebrei postavano su Facebook per organizzare più linciaggi. Netanyahu emerse brevemente il giorno prima in una cerimonia per l’Independence Day, presso il consolato degli Stati Uniti a Gerusalemme. Con l'ambasciatore americano in Israele Dan Shapiro seduto al suo fianco, il primo ministro è stato costretto a confrontarsi con l'abbuffata di razzismo che ha contribuito a ispirare. Parlando in inglese ad uso e consumo dei suoi ospiti americani, Netanyahu ha dichiarato, "Assassinii, sommosse, istigazione, vigilantismo, non hanno posto nella nostra democrazia. Ed è di questi valori democratici che ci differenziano dai nostri vicini e ci uniamo con gli Stati Uniti." Fuori, il caos non mostrava alcun segno di riflusso. Nota del redattore: Questo articolo è stato corretto dopo la pubblicazione originale per chiarire che due pagine popolari di Facebook che chiedevano vendetta sono state createdopo la scomparsa dei ragazzi israeliani; l'articolo originariamente menzionava solo una pagina. The Electronic Intifada
Netanyahu government knew teens were dead as it whipped up racist frenzy “Cursed be he who says, ‘Avenge!‘ “ Chaim Bialik, from “On The Slaughter” From the moment three Israeli teens were reported missing last month, Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu and the country’s military-intelligence apparatus suppressed the flow of information to the general public. Through a toxic blend of propaganda, subterfuge and incitement, they inflamed a precarious situation, manipulating Israelis into supporting their agenda until they made an utterly avoidable nightmare inevitable. Israeli police, intelligence officials and Netanyahu knew within hours of the kidnapping and murder of the three teens that they had been killed. And they knew who the prime suspects were less than a day after the kidnapping was reported. Rather than reveal these details to the public, Israel’s Shin Bet intelligence agency imposed a gag order on the national media, barring news outlets from reporting that the teens had almost certainly been killed, and forbidding them from revealing the identities of their suspected killers. The Shin Bet even lied to the parents of the kidnapped teens, deceiving them into believing their sons were alive. Instead of mounting a limited action to capture the suspected perpetrators and retrieve the teens’ bodies, Netanyahu staged an aggressive international public relations campaign, demanding sympathy and outrage from world leaders, who were also given the impression that the missing teens were still alive. Meanwhile, Israel’s armed forces rampaged throughout the occupied West Bank and bombarded the Gaza Strip in a campaign of collective punishment deceptively marketed to Israelis and the world as a rescue mission. Critical details that were known all along by Netanyahu and the military-intelligence apparatus were relayed to the Israeli public only after the abduction of more than 560 Palestinians, including at least 200 still held without charges; after the raiding of Palestinian universities and ransacking of countless homes; after six Palestinian civilians were killed by Israeli forces; after American-trained Palestinian Authority police assisted Israeli soldiers attacking Palestinian youths in the center of Ramallah; after the alleged theft by Israeli troops of $3 million in US dollars; and after Israel’s international public relations extravaganza had run its course. The assault on the West Bank arrived on the heels of the collapse of the US-led framework negotiations, for which the US blamed Netanyahu, and immediately after Hamas’ ratification of a unity deal with the Fatah-controlled Palestinian Authority. Netanyahu was still smarting from the US recognition of the unity government when news of the kidnapping reached him. Never one to miss an opportunity to undermine the Palestinians, he and his inner circle resolved to milk the kidnapping for maximum propaganda value. Weeks after the incident, it is now clear that the Israeli government, intelligence services and army engaged in a cover-up to provide themselves with the political space they required for a military campaign that had little to do with rescuing any kidnapped teens. The disinformation campaign they waged sent a heavily indoctrinated, comprehensively militarized population into a tribalistic frenzy, provoking a wave of high-level incitement, the shocking revenge killing of an innocent Palestinian teen and rioting across East Jerusalem. Where the chaos will end and how far it will spread is unknown. But its origins are increasingly clear. Gagging the media, lying to teens’ parents On 12 June, three Jewish Israeli youths, Naftali Frenkel, Gilad Shaar and Eyal Yifrach, went missing while hitchhiking from Kfar Etzion, an illegal settlement in the occupied West Bank. At 10:25pm, Shaar placed a panicked call to Israeli police. During the eerie call lasting two minutes and nine seconds, the supposed kidnappers can be heard ordering the youths to keep their heads down. Israel Radio plays in the background as Shaar repeatedly appeals for help. Then several gunshots can be heard followed by celebratory singing as the kidnappers remark, “We got three.” The teens had been killed. It took until the next morning for the police to connect the call to a missing persons report filed by the youths’ parents. In a meeting with Shin Bet officials that day, the teens’ parents listened to a recording of the phone call. Bat Galim Shaar, the mother of Gilad Shaar, demanded investigators explain to her why gunshots can be heard in the background, and if this meant that her son was dead. According to Bat Galim Shaar, police claimed the bullets were “blanks.” When the car used by the alleged kidnappers was discovered burned by a roadside, the Shin Bet told her no DNA was found. In fact, bullets and blood were present throughout the interior of the car. The Shin Bet had lied to the parents of the missing teens in order to stoke false hopes that their sons were alive. “When [the Shin Bet] told me finally at 6:00am Friday that the army was on the job, I felt better as if we were in good hands,” Bat Galim Shaar told Israel’s Channel 10. “I was naïve, I told everyone Gilad would be home before Shabbat.” Having deceived the victims’ parents, Israel’s military-intelligence apparatus moved to conceal the truth from the general public, imposing a gag order that barred the country’s media from reporting on the sound of gunshots in the recorded call to police. According to the text of the gag order, which was first published in English at Mondoweiss, the military had forbidden Israeli reporters from publicizing “All the details of the investigation” and “All details that might identify the suspect.” Not only did all involved in the investigation Netanyahu, the Shin Bet, the military know right away that the three missing teens were almost certainly dead, they had identified the two men they believed were responsible for the crime little more than a day after it occurred. To legitimize the military’s wider goals, they withheld this information as well. Hiding the suspects On 17 June, Arabic-language news site Rai Al Youm reported that Israeli police and Shin Bet agents had raided the homes of Marwan Qawasmeh and Amer Abu Eishe, the main suspects, near the southern West Bank city of Hebron. As a Palestinian news outlet based in London, Rai Al Youm was not subject to the Israeli military’s gag order and was therefore free to publish the names of the two accused kidnappers. Citing a report in the Israeli online news outlet Walla! which was either scrubbed due to the gag order or otherwise rendered inaccessible, Rai Al Youm summarized an account by the father of Abu Eishe as follows: “On Saturday at dawn [two days after the alleged kidnapping was reported], special forces of the Israeli army stormed into the house and interrogated sons of the family trying to find any information that could lead them to his whereabouts but they were unsuccessful.” Abu Eishe’s father added that the Shin Bet had also arrested his son’s wife to interrogate her about his whereabouts. An uncle of Qawasmeh remarked that four of his nephew’s brothers and his wife were arrested the day after the alleged kidnapping and interrogated. Rai Al Youm added: “several of the military correspondents in the Hebrew media have reported last Friday on a statement attributed to a Palestinian security official in which he said that the PA [Palestinian Authority] is tracking two Hamas personnel who disappeared last Thursday [the day of the kidnapping] and that the security forces of the PA have given the information they have to Israel. And now it’s clear that this story was true and that Israel is looking for them and has charged them with being behind the kidnapping.” Allison Deger, a correspondent for Mondoweiss, visited the Qawasmeh home and confirmed that the army and Shin Bet brought several male members of the families in for interrogation on 14 June. In a normal high-profile criminal investigation, the names of fugitive suspects are widely publicized. Investigators prominently display posters of the wanted criminals in public spaces while police officials stage press conferences appealing for help from the public. In this case, however, Israel’s intelligence services chose to keep their suspects’ identities a closely-held secret for two weeks. While Netanyahu and his top deputies blamed the entire membership of Hamas for the kidnapping, the Shin Bet gag order suppressed all information relating to the identities of the suspects until 26 June. As far as the Israeli public knew, the kidnappers could have been anywhere in the West Bank, in any schoolhouse or coffee house or hen house where anyone remotely affiliated with Hamas congregated. Having manipulated an exceptionally suggestible population through the careful management of information, the military had all the political latitude it needed to rampage through cities far from the scene of the crime. During a raid of Birzeit University near Ramallah, Israeli troops seized hundreds of Hamas flags, carting them away in trucks as though they had obtained valuable evidence. When the army bombarded the Gaza Strip, the only justification it needed was that the besieged coastal territory was governed by Hamas. A poll released on 2 July revealed that 76 percent of Jewish Israelis approved of the army’s actions and expressed overwhelming support for the Shin Bet. In the near term, the gag order had produced its intended result. Rogue element Though Qawasmeh and Abu Eishe were widely identified as veteran members of Hamas’ military wing, they comprised a rogue element that likely acted without the knowledge and against the wishes of Hamas leadership. According to Israeli journalist Shlomi Eldar, members of the Qawasmeh clan of Hebron have earned a reputation for attacking Israeli civilian targets during ceasefires between Hamas and Israel. While an extended family of over 10,000 can hardly be blamed for the actions of some of its members, it is notable that attacks carried out by fighters from the family were privately criticized by top Hamas leaders, as Eldar explains. Hamas leadership regarded the operations as self-destructive acts of freebooting and often paid for them in the form of Israeli assassinations. In each case, the violence shattered ceasefires and inspired renewed bouts of bloodshed. “The same is true now,” Eldar writes. “Marwan Qawasmeh and Amer Abu Eishe have taken Hamas to a place where its leadership never intended to go.” Hamas leadership has yet to take responsibility for the kidnapping and likely had no knowledge of its planning. As Haaretz military correspondent Amos Harel notes, “So far, there is no evidence that Hamas’ leadership either in Gaza or abroad was involved in the kidnapping.” Harel adds that the fallout of the kidnapping “effectively froze the Fatah-Hamas reconciliation.” Why would Hamas leadership have authorized an operation that so clearly threatened to unravel the movement’s political achievements, wrecking the vaunted unity deal and leaving Abbas without rival in the West Bank? The Israeli government’s propaganda blitz drowned out sobering questions like these. In turn, the gag order obstructed the flow of information that would have complicated the propaganda. Determined to reframe the international media’s narrative around Israel’s plight at the hands of Palestinian terrorism, Netanyahu went on the offensive. #BringBackOurBoys On 17 June, the same day the Israeli army forcibly confiscated CCTV cameras in Beitunia that captured footage of its soldiers killing two unarmed Palestinian boys during a Nakba Day protest, Israeli Ambassador to the United Nations Ron Prosor appeared behind a lectern at the UN Mission in New York City. “It has been five days since our boys went missing,” Prosor thundered, “and I ask the international community, where are you? Where are you?!” Referring to the Fatah-Hamas unity government, Prosor added: “All those in the international community who rushed to bless this marriage should look into the eyes of the heartbroken parents and have the courage to take responsibility by condemning the kidnapping. The international community bought in to a bad deal and Israel is paying for it.” Beside Prosor stood a large placard displaying the smiling faces of the three missing teens beneath a hashtag reading #BringBackOurBoys. Israel’s propaganda blitz was approaching its apex. For days, leaders of Israel’s trained online propaganda brigades from the Israeli army spokesperson’s unit, to the Jewish Agency, to the Prime Minister’s Office flooded social media with the #BringBackOurBoys hashtag. Mimicking Michelle Obama’s promotion of the #BringBackOurGirls hashtag that aimed to raise awareness of the kidnapping of Nigerian schoolgirls by Islamist militants, the Israeli prime minister’s frowning wife, Sara, posted a portrait of herself on Facebook holding a card that read, #BringBackOurBoys. The social media campaign reverberated throughout Jewish communities across the US, as synagogues around the country displayed yellow ribbons in a carefully coordinated show of solidarity with the missing teens. In New York City, local politicians appeared at pro-Israel rallies, while American diplomats from US Ambassador to the UN Samantha Power to Ambassador Susan Rice competed with one another to deliver the most emotional tribute to the kidnapped teens. Rachel Frenkel, the mother of the kidnapped Naftali Frenkel, was junketed by the Israeli government to the UN Human Rights Committee in Geneva, Switzerland to plead for international help in rescuing her son. The entire propaganda campaign was set into high gear despite Netanyahu and his inner circle’s knowledge that the teens were almost certainly dead. And it was enabled by the Shin Bet’s gag order, which even foreign correspondents like The New York Times Jerusalem bureau chief Jodi Rudoren honored. The Israeli government refused to allow the facts from interfering with what seemed like a political opportunity. Behind the pitiable image it affected before the world, Israeli society seethed with bloodlust. A spontaneously-created Facebook page calling for the execution of one Palestinian prisoner for each hour the teens remained missing, while another called “The People of Israel Demand Revenge” garnered more than 35,000 “likes” from mostly young Israelis in just a few days. Manipulated by a high-level campaign of deception and disinformation into believing that “their boys” were still alive, the Israeli public was about to receive shocking news. A shallow grave At 6am on 30 June, the bodies of Frenkel, Shaar and Yifrach were found in Halhoul at the northern entrance to Hebron in the occupied West Bank. They lay in a shallow grave on property owned by Marwan Qawasmeh, one of the two men suspected in their kidnapping and killing. The bodies were discovered not by the Shin Bet, but by a team of volunteers from the Kfar Etzion Field School who led soldiers to the location. For its part, the army had been too busy invading Palestinian homes in areas as far away as Nablus to effectively comb the property of a suspect less than 10 kilometers from the site of the kidnapping. Hours after the discovery, Israeli forces detonated explosive charges inside the Qawasmeh and Abu Eishe family homes. The destruction followed an announcement that the army was re-instituting its policy of punitive home demolitions against the families of Palestinians accused of terrorism. That afternoon, Netanyahu set the tone for the national response, publishing remarks on his personal Twitter account that he had just delivered in a cabinet meeting: Benjamin Netanyahu - 11:40 PM - 30 Jun 2014 PM at the Cabinet meeting: With heavy grief we found 3 bodies. All signs indicate they are of our abducted youths Eyal, Gilad and Naftali. 11:40 PM - 30 Jun 2014 They were abducted & murdered in cold blood by human animals. On behalf of the entire Jewish People, I would like to tell the dear families- 11:40 PM - 30 Jun 2014 the mothers, fathers, grandmothers and grandfathers, and brothers and sisters we are deeply saddened, the entire nation weeps with you. 11:40 PM - 30 Jun 2014 Vengeance for the blood of a small child, Satan has not yet created. Neither has vengeance for the blood of 3 pure youths who were on their> 11:40 PM - 30 Jun 2014 way home to their parents who will not see them anymore. Hamas is responsible and Hamas will pay. May the memories of the 3 boys be blessed. 11:40 PM - 30 Jun 2014 Netanyahu’s comments perplexed outsiders, but for those embedded inside the tight confines of Jewish Israeli life, they carried a familiar resonance. From Kishinev to Jerusalem Netanyahu’s statement alludes to the final stanza of a poem by the Hebrew writer Chaim Bialik titled “On The Slaughter”: Cursed be he who says: “Avenge!” Vengeance such as this, vengeance for the blood of a small boy, Satan himself has not devised- Let that blood pierce the abyss! Let that blood pierce the depths of darkness, Let it eat away the darkness and there undermine All the rotted foundations of the earth. In Bialik’s verse, a searing lament anchored in Biblical language, the poet dramatized a brutal 1903 pogrom incited by the Russian Tsar that left scores of Jews dead in the town of Kishinev. Bialik followed his first account of Kishinev with “The City of Slaughter,” an incendiary work admonishing the victims of the pogrom for their supposed passivity in the face of armed marauders. (Reports of ferocious resistance by the locals was conveniently overlooked.) The poem helped radicalize thousands of young Jews across Eastern Europe, inspiring the formation of self-defense committees and winning waves of adherents to the militant philosophy of Zionism. Among those most influenced by Bialik was Vladimir Jabotinsky, the right-wing Zionist activist who would later become a political benefactor to Netanyahu’s father, Benzion. In his crude appropriation of Bialik’s verse, Benjamin Netanyahu recast the Russian pogromist as a Palestinian militant, drawing a seamless line between the Jewish nightmare of pre-war Europe and the present-day Israeli experience. In Netanyahu’s view, the “human animals” of Palestine had inherited the genocidal spirit of the Tsar’s mobs and would repeat their crimes unless Jews were prepared to fight. Of course, Israeli Jews are the exact opposite of turn-of-the-century shtetl dwellers girding themselves against pogroms and ethnic cleansing. Unlike the persecuted outclass of Eastern Europe, Israeli Jews comprise a nuclearized, high-powered military that lord over an outcasted, largely defenseless Palestinian population with full support from the world’s lone superpower. For his part, Netanyahu shares more in common with the Russian Tsar who incited against religious minorities to deflect from his political problems than he does with Bialik, the itinerant scribe who channeled the pain of his society’s weakest members. The exploitation of historical Jewish persecution has been a constant feature of Netanyahu’s rhetoric, on bold display during a nationally televised speech last October when he baselessly accused the Palestinian national movement of a direct role in the Holocaust. This time, amidst a dangerously pressurized atmosphere, his demagogy helped set in motion a wave of vigilante violence that threatened to engulf the whole of Israeli society. Then he shrank from public view, maintaining a conspicuous silence for several days while the extremist elements he emboldened took control of the streets. “Murder, riots, incitement, vigilantism” As mobs of Jewish youths fanned out across central Jerusalem to chant “Death to Arabs!” and search for Palestinians to assault, active duty Israeli soldiers took to Facebook to demand revenge, posting photos of themselves with the weapons they were aching to use. With an Israeli public opinion poll taken after the Israeli teens’ funeral showing the far-right Jewish Home party gaining ground on the right-wing Likud, Israeli political upstarts rushed to issue calls for blood vengeance and the “annihilation” of Hamas. Ayelet Shaked, a rising star of the right-wing Jewish Home party, published a call for the genocide of Palestinians on Facebook that earned thousands of “likes” from Israelis. Rabbi Noam Perel, the secretary general of Bnei Akiva, the world’s largest religious Zionist youth movement, upped the ante on fanaticism when he called for turning the Israeli military into an army of avengers “which will not stop at 300 Philistine foreskins.” Akiva’s appeal alludes to the first book of Samuel, in which the biblical character David kills two hundred Philistines and brings back their foreskins as evidence that he had done so. Against the backdrop of fever-pitched incitement, a small car entered the back streets of Shuafat, a Palestinian neighborhood in East Jerusalem, on 2 July. Behind its darkened windows were angry young men hunting for Arab boys. Following a botched kidnapping of a ten-year-old boy in the same neighborhood the day before, a group of men grabbed a 16-year-old named Muhammad Abu Khudair, threw him in their car and sped away. Abu Khudair was found dead the next morning in the woods of Givat Shaul just west of Jerusalem with burns over 90 percent of his body. As they did after the kidnapping of the three Israeli teens, the Shin Bet imposed a gag order on the investigation, seemingly hoping to delay the news that Abu Khudair was the victim of Jewish extremism. And as before, the police flooded Israeli media with disinformation, this time by insinuating the murdered teen had been killed by members of his own family for being gay. The Electronic Intifada has obtained CCTV footage showing the faces of the alleged killers of Abu Khudair just as they abducted him. The video was concealed for several days from the Israeli public under a new Shin Bet gag order. When the police finally arrested the suspected killers of Abu Khudair, they curiously staged a simultaneous press conference about an unrelated killing a young Jewish woman, suggesting without any clear evidence that she had been the victim of a Palestinian terrorist. On 4 July, an autopsy revealed that Abu Khudair’s killers had burned him alive. Protest and rioting spread from Shuafat across East Jerusalem and into areas of northern Israel. Meanwhile, Jewish nationalists took to Facebook to organize more lynch mobs. Netanyahu surfaced briefly the day before at an Independence Day ceremony at the US consulate in Jerusalem. With US Ambassador to Israel Dan Shapiro seated by his side, the Prime Minister was forced to confront the binge of racism that he helped inspire. Speaking in English for the consumption of his American hosts, Netanyahu declared, “Murder, riots, incitement, vigilantism they have no place in our democracy. And it is these democratic values that differentiate us from our neighbors and unite us with the United States.” Outside, the chaos showed no sign of ebbing. Editor’s note: This article has been corrected since original publication to clarify that two popular Facebook pages calling for revenge were created after the Israeli teens’ disappearance; the article originally mentioned only one page. Max Blumenthal is an award winning journalist and bestselling author.
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