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http://www.infopal.it Sionismo e terrorismo: l’avvio della pulizia etnica ”La Risoluzione di spartizione fu adottata il 29 novembre 1947 e la pulizia etnica della Palestina ebbe inizio ai primi di dicembre del 1947, con una serie di attacchi da parte degli ebrei ai quartieri e ai villaggi come rappresaglia per la devastazione di autobus e centri commerciali durante le proteste palestinesi contro la Risoluziione dell’ONU, che ebbero luogo nei giorni successivi alla sua adozione. Sebbene sporadici, questi primi assalti ebraici furono abbastanza virulenti da provocare l’esodo di un notevole numero di persone (quasi 75.000). Il 9 gennaio del 1948, unità del primo esercito di volontari arabi entrarono in Palestina e si impegnarono in scontri con le forze ebraiche per le strade e gli insediamenti ebraici isolati. Avendo avuto facilmente il sopravvento in queste scaramucce, la leadership ebraica cambiò ufficialmente tattica e da atti di rappresaglia passò a operazioni di pulizia etnica. Seguirono espulsioni forzate a metà febbraio del 1948 quando le truppe ebraiche riuscirono in un giorno solo a evacuare cinque villaggi palestinesi. Il 10 marzo 1948 venne adottato il piano Dalet (*). Il primi obiettivi furono i centri urbani della Palestina che alla fine di aprile erano stati tutti occupati. Circa 250.000 palestinesi furono sradicati in questa fase, accompagnata da vari massacri, il più grave dei quali fu quello di Deir Yassin. Essendosi resi conto di come la situazione andava sviluppandosi, l’ultimo giorno di aprile la Lega Araba decise di intervenire militarmente, ma non prima che il Mandato britannico fosse giunte al termine. Gli inglesi se ne andarono il 15 maggio 1948, e l’Agenzia ebraica dichiarò immediatamente la fondazione di uno Stato ebraico in Palestina, riconosciuto ufficialmente dalle due superpotenze dell’epoca, gli USA e l’URSS. Quello stesso giorno le forze regolari arabe entrarono in Palestina. Nel febbraio del 1948 l’amministrazione americana era già giunta alla conclusione che la Risoluzione di spartizione dell’ONU, lungi dall’essere un piano di pace, si dimostrava la ricetta giusta per continuare l’ostilità e lo spargimento di sangue”. Note (*) Si possono effettuare queste operazioni nella maniera seguente: distruggendo i villaggi (dandogli fuoco, facendoli saltare in aria e minandone le macerie) e specialmente quei centri popolati difficili da controllare con continuità; oppure attraverso operazioni di rastrellamento e di controllo, con le seguenti linee guida: circondare i villaggi e fare retate all’interno. In caso di resistenza si devono eliminare le forze armate e la popolazione deve essere espulsa fuori dai confini dello Stato. Piano Dalet, 10 marzo 1948 Brabo tratto da: “La pulizia etnica della Palestina”, di Ilan Pappe, Fazi editori, 2008, pagg. 58-59 “A partire dalla mattina successiva (18 dicembre 1947, ndr) all’adozione della Risoluzione di spartizione, i 75.000 palestinesi della città furono sottoposti a una campagna di terrore istigata congiuntamente dall’Irgun e dall’Haganà. Arrivati soltanto da pochi decenni, i coloni ebrei avevano costruito le loro case più in alto sulla montagna. Quindi abitavano sopra i quartieri arabi e da lì potevano con facilità bombardarli e fare i cecchini. Avevano cominciato a farlo di frequente fin dai primi di dicembre. Usavano anche altri sistemi di intimidazione: i soldati ebrei rotolavano barili pieni di esplosivo ed enormi palle di acciaio giù nelle aree residenziale arabe e versavano lungo le strade olio misto a carburante, al quale poi davano fuoco. Appena i palestinesi, presi dal panico, correvano fuori di casa per cercare di spegnere quei fiumi di fuoco, venivano colpiti dal fuoco delle mitragliatrici. “Nelle aree dove le due comunità intrattenevano ancora delle relazioni, l’Haganà portava a riparare le automobili nei garage palestinesi, le riempiva di esplosivi e detonatori, e così seminava caos e morte. Dietro questo genere di assalto c’era un’unità speciale dell’Haganà, la Hashahar (‘aurora’), composta di mistarvim - letteralmente in ebraico, “diventare arabo” cioè di quegli ebrei che si travestivano da palestinesi. “(…) La fase che seguì introdusse un capitolo nuovo nella storia della Palestina. (…) Il villaggio scelto dall’Alto Comando fu Balad al-Shaykh, luogo di sepoltura dellao Shaykh Izz al-Din al-Qassam, uno dei leader più venerati e carismatici degli anni Trenta, ucciso dagli inglesi nel 1935 (…). A un comandante locale, Haim Avinoam, venne ordinato di ‘circondare il villaggio, uccidere il maggior numero possibile di uomini e danneggiare le proprietà, ma di astenersi dal colpire donne e bambini’. L’attacco ebbe luogo il 31 dicembre e durò tre ore. Si concluse con la morte di oltre 60 palestinesi, non tutti erano uomini. Ma notate bene che in questo caso si faceva ancora distinzione tra uomini e donne: nell’incontro successivo la Consulta decise che per le operazioni future questa distinzione era una complicazione inutile. Nel momento in cui veniva attaccato Balad al-Shaykh, le unità dell’Haganà di Haifa testarono il campo con un’azione molto più drastica: entrarono in un quartiere arabo della città, Wadi Rushmiyya, espulsero gli abitanti e fecero saltare in aria le case. Si può considerare questo come l’inizio ufficiale delle operazioni di pulizia etnica nelle città palestinesi. Mentre venivano commesse tali atrocità gli inglesi mostravano indifferenza. Queste operazioni erano accompagnate da atti di terrorismo da parte del Irgun e della banda Stern. La loro abilità nel seminare il terrore nei quartieri arabi di Haifa, e anche di altre città, era direttamente influenzata dalla graduale ma evidente rinuncia inglese a qualsiasi tipo di responsabilità nel mantenere la legge e l’ordine. Soltanto nella prima settimana di gennaio l’Irgun eseguì più azioni di terrorismo che in qualsiasi altro periodo precedente. Tra queste, vi fu l’esplosione di una bomba a Jaffa, nella sede del Comitato nazionale locale, Casa Sarraya, che crollò provocando 26 morti. Si proseguì con le bombe all’hotel Samiramis di Qatamon, a Gerusalemme ovest, nel quale morirono molte persone, tra cui il console spagnolo”. Brano tratto da: “La pulizia etnica della Palestina”, di Ilan Pappe, Fazi editore, 2008, pagg. 79-82.
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