http://www.maannews.net/ Una tenda tra i detriti a Gerusalemme Est Questa storia è stata pubblicata dall’ufficio stampa della Union of Charitable Societies-Jerusalem. UCS-J è un’organizzazione ombrello con 150 membri di organizzazioni non governative provenienti dai Territori palestinesi. Come altre donne incinte che attendono con impazienza il passaggio alla maternità, quel mattino uggioso May Aldebai stava parlano con il bambino che portava ancora in grembo. Gli raccontava della stanza confortevole che gli aveva preparato, del suo lettino caldo, dei bei vestitini e dei giocattoli che sarebbero arrivati al momento della sua nascita. Mai poteva immaginare che, prima che l’orologio avesse segnato le dieci, tutti i suoi vestitini e giocattoli, insieme ai suoi sogni, sarebbero stati distrutti e seppelliti sotto le macerie della casa della sua famiglia. Nel 2008, Azam Idriss e suo genero Bahaa Aldbai acquistarono un appezzamento di terra nella zona di Ashqariyeh a Beit Hanina, Gerusalemme Est. Due anni dopo richiesero dei prestiti per costruire una casa indipendente e dividerla in due appartamenti che li proteggessero dal freddo invernale e dalla calura estiva. Gli appartamenti sarebbero stati il riparo dell’intera famiglia e avrebbero ospitato quindici persone. Tuttavia, durante la costruzione, furono tormentati dal comune israeliano, che arrivò a multarli per la somma di 170,000 shekel ($48,200) per presunta costruzione abusiva. Soffocati dai debiti legati alla costruzione e dalle multe ricevute a causa della stessa, la famiglia lavorava giorno e notte per ripagare il tutto, augurandosi che la situazione non peggiorasse. Speravano che il tormento finisse e che la casa potesse finalmente diventare un rifugio sicuro dove i bambini potessero crescere nel benessere. Tuttavia, una volta terminata la costruzione, il tormento divenne ancora peggiore. Questa volta a causare problemi furono coloni israeliani che agivano sotto la protezione di forze di occupazione, spiega Idriss. Nello specifico, un colono che si chiamava Ariel King iniziò ad affermare di possedere il terreno nonostante Idriss e Aldbai lo avessero acquistato legalmente. King e altri coloni arrivavano di notte per spiare la casa attraverso le finestre, terrorizzando le donne e gli uomini della famiglia. Ciò avveniva sotto la protezione della polizia israeliana, racconta Idriss. Giornalisti israeliani erano inoltre soliti accompagnare King per filmare la casa dall’esterno, tenendo interviste intorno a essa con lui e altri coloni senza avere il permesso dei veri proprietari della casa. 40 giorni dopo le minacce di King Dopo circa 40 giorni, le minacce di King contro la casa si trasformarono in una vera e propria demolizione. Lunedì 27 gennaio, alle 9, le forze di polizia israeliane, impiegati del comune di Gerusalemme e un gruppo di coloni capeggiato da Ariel King effettuarono un’incursione nella casa ed entrarono nelle camere da letto mentre la famiglia era addormentata. Le autorità israeliane attaccarono la casa senza il minimo rispetto per i suoi abitanti, gettando nel panico i bambini. Senza avvisare preventivamente, le forze israeliane iniziarono a demolire la casa. Non diedero alla famiglia la possibilità di raccogliere le proprie cose, neppure qualche vestito per proteggersi dal freddo inverno o i loro documenti e certificati ufficiali. Nonostante le forze israeliane fossero consapevoli della gravidanza di Mai Aldbai, la sottoposero a fermo per diverse ore, gettandola nel panico e terrorizzandola. Le forze di occupazione assalirono anche altri membri della famiglia, lasciando i bambini traumatizzati come conseguenza della brutale demolizione della loro casa e dell’assalto arbitrario verso la loro famiglia Quando un bambino diventa testimone e vittima Non è stato facile per il piccolo Muhammad Aldbai, di appena due anni, essere testimone del raid, della demolizione e dell’attacco armato della casa della sua famiglia I vicini contattarono suo padre, Bahaa Aldbai, che si trovava al lavoro al momento della demolizione, per informarlo dell’attacco. Al suo arrivo, cercò di proteggere il figlio terrorizzato e la moglie incinta, che era stata trattenuta. Nonostante ciò, le forze di occupazione arrestarono anche lui portandolo in una stazione di polizia nell’insediamento di Neve Yaakov. Tutte queste spaventose immagini dell’attacco, dell’arresto e della demolizione sono registrate nella mente di Muhammad. Ricordarle in continuazione lo ha portato a vivere nel panico, e da allora ha incubi frequenti. Il bambino ha iniziato a balbettare e a soffrire di attacchi improvvisi di grida e pianto e di una paura costante e paralizzante degli sconosciuti. Dopo la demolizione Quindici persone, tra adulti e giovani, vivono ora in due tende, senza protezione dal freddo invernale. Dormono, mangiano e bevono nelle tende perché hanno perso tutti i loro averi, tra cui abiti, documenti e gran parte dei loro risparmi. Quando hanno cercato tra i detriti per trovare il denaro e l’oro che avevano messo da parte per il matrimonio del figlio, non sono riusciti a trovarlo da nessuna parte. Fatena Idriss ipotizza che durante il raid precedente alla demolizione, le forze di occupazione abbiano preso il denaro e l’oro scomparsi, la cui somma ammontava a più di 20 mila shekel ($ 5.700). Nessuna applicazione della Convenzione di Ginevra Questa demolizione non è la prima e non sarà l’ultima. Lo stesso giorno della demolizione della casa di Idriss e Aldbai, le forze di occupazione israeliane hanno demolito quattro case a Beit Hanina e Issawiya. Migliaia di case sono state distrutte dal 1967, migliaia di famiglie sono state cacciate e migliaia di persone vivono attualmente sotto minaccia di demolizione e occupazione. Questa politica di non garantire permessi di costruzione ai palestinesi nella Gerusalemme Est occupata è una delle politiche principali che le forze di occupazione adottano allo scopo di cacciare i palestinesi dalla città. E questo nonostante i residenti di Gerusalemme siano civili che vivono sotto occupazione, quindi si dovrebbe applicare la Quarta Convenzione di Ginevra in base agli standard del diritto internazionale. Molte sono le domande che frullano nella testa di tutti gli abitanti di Gerusalemme che riescono a vivere nella città nonostante le difficili condizioni: Perché i permessi di costruzione sono concessi facilmente a Gerusalemme Ovest ma non a Gerusalemme Est? Perché ai palestinesi che vivono nella Gerusalemme occupata non si applica la Quarta Convenzione di Ginevra? Traduzione di Laura Delia
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