Il Manifesto Gerusalemme, Israele toglie l’acqua ai palestinesi che vivono oltre il Muro Da oltre un mese le decine di migliaia di palestinesi che vivono nel campo profughi di Shuffat e in altri sobborghi arabi sono senza acqua. Un problema che non affligge la vicina colonia israeliana di Pisgat Zeev Gerusalemme, 10 aprile 2014, Nena News I piatti e le pen-tole da lavare si accu-mu-lano nella cucina di Umm Kha-lil. “Mi scuso per il disor-dine ma non c’è acqua, fino alla scorsa set-ti-mana dal rubi-netto ne usciva un filo, almeno si riu-sciva a bere e a lavare poco alla volta bic-chieri e piatti, ma da due giorni è tutto secco”, si lamenta la donna. “E que-sto è nulla, per-chè non pos-siamo più lavarci, met-tere in fun-zione la lava-trice e soprat-tutto usare lo sciac-quone. E’ ter-ri-bile!”, aggiunge Umm Kha-lil spie-gando che per farsi la doc-cia è costretta ad andare a casa della sorella che, “Gra-zie a Dio”, rie-sce ad accu-mu-lare acqua durante la notte nei ser-ba-toi esterni, i “cilin-dri” neri visi-bili sui tetti di ogni casa pale-sti-nese. I ser-ba-toi dell’abitazione di Umm Kha-lil sono vuoti come lo sono quelli di quasi tutte le fami-glie di Shuf-fat, unico campo pro-fu-ghi di Geru-sa-lemme Est e una delle loca-lità pale-sti-nesi alla peri-fe-ria della Città Santa che da oltre un mese hanno pochis-sima acqua. Una con-di-zione che si è fatta insop-por-ta-bile con l’arrivo della pri-ma-vera e l’aumento delle tem-pe-ra-ture. “Gli israe-liani ci lasciano in que-sto stato, sino ad oggi non hanno fatto nulla di con-creto per aiu-tarci. Siamo costretti a com-prare l’acqua in bot-ti-glia per bere”, pro-te-sta Jamal al Malki, pro-prie-ta-rio di un nego-zietto di ali-men-tari tra le povere case del campo per rifu-giati, ricor-dando che la stessa Corte Suprema israe-liana ha dato 60 giorni di tempo alle auto-rità per risol-vere il pro-blema. Sino ad oggi però è cam-biato ben poco. I respon-sa-bili israe-liani si difen-dono, affer-mano che la man-canza di acqua cor-rente è il risul-tato di una infra-strut-tura “decre-pita” che non rie-sce più a sod-di-sfare i biso-gni cre-scenti di una popo-la-zione in rapido aumento. Una giu-sti-fi-ca-zione che, allo stesso tempo, genera un inter-ro-ga-tivo: per-ché negli anni pas-sati non sono stati fatti i lavori per lo svi-luppo della rete di distri-bu-zione nella zona di Shuf-fat rima-sta a secco? E non si può fare a meno di notare che la “crisi idrica” non si regi-stra nella parte ovest, ebraica, di Geru-sa-lemme. Nella città più con-tesa della sto-ria dell’umanità, sulla quale Israele ha impo-sto uni-la-te-ral-mente la sua sovra-nità (con-tro il diritto e le riso-lu-zioni inter-na-zio-nali) la rispo-sta a que-sto inter-ro-ga-tivo non può essere solo tec-nica, ma ha anche un impor-tante con-te-nuto poli-tico. I pale-sti-nesi del campo pro-fu-ghi di Shuf-fat uffi-cial-mente sono parte del comune di Geru-sa-lemme ma vivono sul ver-sante cisgior-dano del Muro costruito da Israele intorno alla città. Il fatto che il campo sia stato sepa-rato da Geru-sa-lemme indica, in modo ine-qui-vo-ca-bile, che, nei pro-getti a lungo ter-mine di Israele, quei pale-sti-nesi non saranno più resi-denti della “capi-tale”. Già ora gli abi-tanti del campo devono supe-rare un posto di blocco per uscire e acce-dere al resto della città. A Shuf-fat i ser-vizi comu-nali sono quasi ine-si-stenti e a garan-tire un minimo di vivi-bi-lità è l’intervento dell’Unrwa (Onu) e delle asso-cia-zioni cari-ta-te-voli. Que-sta situa-zione si riscon-tra anche in altri sob-bor-ghi pale-sti-nesi che Israele cede-rebbe subito e molto volen-tieri all’Autorità nazio-nale di Abu Mazen, se esi-stes-sero le con-di-zioni poli-ti-che per farlo. Il quo-ti-diano Haa-retz un paio d’anni fa rivelò che le strut-ture pub-bli-che israe-liane offrono sem-pre meno, quasi nulla, a quei pale-sti-nesi (circa 50 mila) con resi-denza uffi-ciale a Geru-sa-lemme ma che vivono fuori dai con-fini muni-ci-pali. Per-sone che in futuro non saranno parte della popo-la-zione della città e per que-sto tra-scu-rate (a dir poco) dagli occu-panti israe-liani e che, allo stesso tempo, non pos-sono essere assi-stite dall’Anp per-chè ancora parte di Gerusalemme. “Stiamo par-lando di una zona che è stata tagliata fuori dal resto della città spiega Ronit Sela, por-ta-voce dell’Associazione per i Diritti Civili in Israele, che ha avviato la bat-ta-glia legale per conto dei resi-denti Shuf-fat una zona che è stata tra-scu-rata, anche prima della costru-zione del Muro, lasciata senza infra-strut-ture men-tre il numero di per-sone con-ti-nuava a cre-scere. Ora l’ intero sistema idrico crolla e nes-suno si assume la respon-sa-bi-lità”. Eli Cohen, vice diret-tore dell’azienda idrica israe-liana HaGi-hon, si affanna a spie-gare che la rete di distri-bu-zione in ori-gine doveva ser-vire circa 15.000 per-sone e non le 60.00080.000 di oggi. E accusa gli abi-tanti di Shuf-fat di non pagare l’acqua che con-su-mano. La Water Autho-rity israe-liana nega ogni respon-sa-bi-lità e punta l’indice con-tro la HaGi-hon. Ma la “replica” a tutte que-ste giu-sti-fi-ca-zioni è solo a poche cen-ti-naia di metri dal campo pro-fu-ghi. La vicina colo-nia ebraica di Pisgat Zeev non ha pro-blemi con l’acqua, di alcun tipo. così come tutti gli altri inse-dia-menti colonici. Nena News
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