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24 Maggio 2014

Riflessioni sulla "questione sionista"

«Alle spalle del verde villaggio giordano di Karameh, la terra si alza in impervie colline pietrose dove un campo profughi Palestinese era il quartier generale dei combattenti rivoluzionari palestinesi. Nel marzo del 1968 la forza d’assalto israeliana, nelle prime nebbie del mattino, marciò su Karameh decisa ad eliminare in poche ore lo zoccolo duro della resistenza palestinese. Prima di mezzogiorno tutto era distrutto, ma quelle bande di combattenti armati alla leggera e del loro coraggio furioso, non cedettero ed Israele dovette ritirarsi velocemente, abbandonando veicoli e carri armati. In poche ore la notizia della battaglia si diffuse ovunque e tutti i giovani del mondo cominciarono ad indossare le Kefie quadrettate palestinesi, come simbolo della rivoluzione e della forza dei deboli.»

Chiunque si ritenga antifascista, perché legato ai valori della Resistenza intesa come lotta al nazi-fascismo, non può che essere in modo altrettanto coerente anti-sionista, perché individua nella logica di guerra e di apartheid, che caratterizzano sia lo stato di Israele sia la sua politica, la natura razzista, neo colonialista e fascista che, fin dalle origini, si è espressa con l’usurpazione della terra e della libertà del popolo Palestinese. Natura che attraverso pratiche genocide mira all’eliminazione sia “fisica” della popolazione, sia della sua memoria storica e delle tracce geografiche della sua esistenza.

Questa semplice riflessione non vuole essere l’ennesima denuncia di soprusi o di massacri che si consumano in Palestina ma vuole partire dalla “questione sionista”, causa ed origine di ogni dramma, per arrivare a capire a fondo gli eventi di questo ultimo 25 Aprile. Sionismo: parola che è stato un tabù per decenni, che ha fatto guadagnare a chiunque tentasse una critica a questa ideologia l’accusa di essere anti- semita, di essere contro la democrazia, contro il progresso e lo sviluppo in Medio Oriente, di essere contro la pace.

In realtà tutte quelle istituzioni ed associazioni che usano un linguaggio democratico, pacifista e pietistico, sono le sole forze che subito trovano spazio e visibilità su tutte le TV, i quotidiani, le radio, facendo così arrivare in ogni angolo del mondo i loro messaggi ingannevoli. La famosa “cooperazione” tutta rivolta a creare favorevoli condizioni al dialogo, oggettivamente normalizzando e legittimando l’occupazione della Palestina, mantiene sempre efficiente la macchina da guerra israeliana e, alimentando l’idea di un “sionismo buono, di sinistra” e di uno “cattivo, di destra”, aumenta la confusione ideologica.

Ma cosa è in realtà il sionismo??

•                E’ un’ideologia razzista, diretta ad una sola popolazione accomunata dalla religione, basata sulla superiorità della razza: la terra promessa per il popolo eletto.

•                E’ la negazione dell’altro, partendo dal famoso slogan: “una terra senza popolo, per un popolo senza terra”, dove i soggetti autoctoni diversi dagli eletti non sono visti come vite esistenti ma bensì come entità da cacciare, siano essi Palestinesi od Arabi, in quanto minaccia per i progetti sionisti israeliani.

•                E’ un movimento colonialista, che per conquistare il territorio all’inizio si avvalse di giovani avanguardie determinate per creare insediamenti dove, in un secondo momento, arrivarono anche le famiglie e la popolazione “civile” (vedi Kibbutz). Attualmente il progetto di colonizzazione prosegue a ritmo accelerato attraverso il piano Prawer con il trasferimento coatto dei beduini del Naqab in “centri di raccolta”. Stessa sorte tocca ai Palestinesi delle zone a Sud di Hebron, per coloro che abitano la Valle del Giordano e le zone intorno a Gerusalemme. All’ordine del giorno, poi, c’è la demolizione delle case palestinesi definite “costruzioni illegali”.

•                Di fatto esercita un’influenza mondiale ed è la mano armata dell’imperialismo nella regione, la sua punta più avanzata, e deve garantire il totale controllo delle risorse materiali ma anche la sottomissione di milioni di arabi, palestinesi e non, agli interessi imperialisti.

•                Israele stato fascista - Nel 1940, Avraham Stern, formò il Lehi, un gruppo terroristico dedito all’uccisione non solo di ufficiali e soldati del colonialismo Britannico in Palestina ma di chiunque, a prescindere da razza o religione (compresi gli ebrei), ostacolasse la strada per la realizzazione di una “patria nella Terra di Israele entro i confini delineati nella Bibbia”, come dichiarò Stern nei sui 18 Principi di Rinascita (si vedano il Zarathustra a Gerusalemme, Nietzsche e i “Nuovi Ebrei” di David Ohana). Stern e il Lehi ( la “Banda Stern”) tentarono di unirsi ai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale dichiarando che “interessi comuni possono esistere tra lo stabilirsi di un nuovo ordine in Europa in conformità con l’idea Germanica e le autentiche aspirazioni nazionali del popolo ebraico”.
Nel 1943 in un articolo pubblicato nel giornale clandestino del Lehi, si afferma: “Né la moralità ebraica, né la tradizione ebraica possono negare l’uso del terrore come strumento di battaglia. Vediamo davanti a noi l’ordine della Torah, il maggiore degli insegnamenti morali al mondo: eliminate... sino alla distruzione. Siamo particolarmente lontani da questo genere di esitazione nei confronti di un nemico la cui perversione morale è ammessa da tutti, ma prima di tutto il terrore è parte della nostra battaglia politica nelle presenti condizioni e il suo ruolo è grande e vasto”. In altre parole come ordinato nel Vecchio Testamento (il riferimento all' “eliminazione” è preso da Esodo 17:14 e Numeri 14:45) i nemici dovrebbero essere distrutti completamente e il loro “ricordo” eliminato dalla storia. Questi i riferimenti storici del passato, che sempre vanno evidenziati perché sono le basi sulle quali poi si costruirà tutto l’apparato statale d’Israele (legislativo – economico-militare).

•                E’ un movimento politico-ideologico sciovinista che ha le stesse radici culturali e prassi del fascismo. Il fascismo, che noi conosciamo nella forma italiana ma che poi si è articolato in altre diverse esperienze, è un’ideologia reazionaria che ha cercato un radicamento popolare e di massa attraverso l’intervento diretto nei problemi sociali e che consente alla grande borghesia di mantenere e consolidare il suo potere, specialmente nei periodi in cui lo sente vacillare. Senza dimenticare, poi, che attraverso operazioni di populismo falsamente antiborghese una parte consistente di ex esponenti della sinistra riformista e massimalista divenne complice e strumento di oppressione e sfruttamento della classe operaia e dei lavoratori italiani e fautrice di un imperialismo straccione in Africa e del grande massacro dei popoli che furono il colonialismo italiano e la Seconda guerra mondiale in generale.

Nella stessa maniera, anche il sionismo si è più volte camuffato nella storia come ideologia di “emancipazione” degli ebrei o addirittura dal carattere socialista. In realtà, esso perseguiva fin dall'inizio il separatismo etnico per gli ebrei dal resto dell'umanità, poi concretizzatosi nel regime di apartheid instaurato in Palestina. Persino i kibbutz, che intellettuali di “sinistra” hanno celebrato come “comunitari e socialisti”, erano in realtà delle strutture che potremmo tipicamente intendere come “nazional-socialiste” o da “socialismo razziale”, visto che l'adesione era riservata solo agli ebrei e sorgevano sulla terra sottratta agli arabi.

Oggi il sionismo tende ad essere l'equivalente, fra gli ebrei, di quello che il fascismo di Mussolini e il nazionalsocialismo di Hitler tesero ad essere per italiani e tedeschi. Basti vedere che la summa ideologica di Israele, alla quale modellare il proprio ordinamento interno, è quello dello “stato ebraico”, cioè dello stato come contenitore della “razza”, come garante della supremazia di un'etnia: nulla di diverso da quanto teorizzò il Mein Kampf.

Ma questo non vuol dire assolutamente che il tradizionale fascismo antisemita sia scomparso, anzi. Da qualche anno, inoltre, la destra militante italiana ha accentuato il suo profilo sociale antagonista attraverso una serie di campagne che vanno dal diritto alla casa per gli italiani, alle lotte nelle scuole medie superiori, tentando anche di affermare una sua nuova identità anticapitalista ed antimperialista.

Usando un linguaggio moderno vengono riproposti i vecchi stereotipi antisemiti da una destra che si erge a difensore delle autonomie nazionali, del ceto medio, della cultura popolare, del localismo, delle tradizioni cristiana ed europeista, ma nel senso di aspirazione ad un’Europa Nazione potente ed in grado di sostenere un confronto-scontro con il colosso USA. L’antisemitismo dei neonazisti e degli attuali rosso-bruni (cioè fascisti che cercano di collocarsi su posizioni di lettura del capitalismo ridotto a sole banche e finanza, senza una critica del sistema che li ha prodotti, agitando temi cari alla sinistra ed alle tradizioni del movimento operaio) è un fenomeno naturale, sicuramente non è certo un sostegno politico alla lotta del popolo palestinese e delle forze progressiste del mondo arabo.

La shoa, l’olocausto, è unicamente storia europea, della quale rimasero vittime ebrei, slavi, zingari e minoranze etniche in genere, tutte popolazioni europee soggette allo sterminio da parte di una potenza europea e dei suoi alleati e vittime di un’ideologia razzista sviluppata e diffusasi in Europa. Fu la cattiva coscienza dell’Europa, oltre agli interessi economici e geo-strategici delle potenze dell’epoca, che portò a “riparare il danno” di una pulizia etnica, avviandone un’altra in Palestina.

Ritorniamo ora agli eventi del 25 Aprile a cui si accennava all’inizio della nostra riflessione e che rappresentano due facce dello stesso problema: il tentativo da parte dei sionisti di celebrare, sventolando le bandiere dello stato d’Israele, la nostra Liberazione dall’occupazione nazifascista come legittimazione della loro occupazione della Palestina. A Roma c’è stato, attraverso un’aggressione fisica ai compagni italiani e palestinesi, il tentativo avallato dai vertici dell’ANPI di precludere l’entrata nel corteo ai Palestinesi e alle loro bandiere. Tentativo fallito solo per la determinazione degli stessi e per l’affluenza intorno a loro di centinaia di compagni e solidali, che hanno dato vita ad un secondo corteo. Circa 700 persone hanno così raggiunto la piazza del comizio, impedendo alla comunità sionista di prendere la parola sul palco. A Milano, invece, il presidio indetto per denunciare la presenza sionista e di quanti sostengano Israele all'interno del corteo ha visto la solidarietà di tanti attivisti presenti che ne riconoscono la natura fascista, storicamente ed eticamente incongruente con i valori di lotta e di resistenza espressi, con il loro sangue e sacrificio, dai partigiani nella guerra di Liberazione. Affinché tutti comprendano c’è ancora molta chiarezza da fare. Noi ci proviamo ogni giorno, fino in fondo.  

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