http://www.asianews.it Papa: Invochiamo Dio come atto di suprema responsabilità, di fronte alle nostre coscienze e di fronte ai nostri popoli L'incontro di preghiera per la pace nei giardini vaticani. Insieme a papa Francesco, il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, quello di Gerusalemme, Teofilo, i presidenti Shimon Peres e Mahmoud Abbas. Presenti rabbini, imam, cardinali, vescovi, frati francescani. I figli "sono stanchi e sfiniti dai conflitti e desiderosi di raggiungere l'alba della pace". "Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra". I salmi sulla pace in Gerusalemme citati da Peres e Abbas. Città del Vaticano (AsiaNews) - "Non rinunciamo alle nostre responsabilità, ma invochiamo Dio come atto di suprema responsabilità, di fronte alle nostre coscienze e di fronte ai nostri popoli": questa frase di papa Francesco sintetizza il senso dell'incontro di preghiera per la pace che si è tenuto stasera nei giardini del Vaticano, fra persone che hanno lavorato per la pace fra Israele e Palestina, ma non hanno ottenuto alcun risultato. Per "spezzare la spirale dell'odio e della violenza" ha aggiunto il pontefice, occorre dire la parola "fratello". "Ma per dire questa parola dobbiamo alzare tutti lo sguardo al Cielo, e riconoscerci figli di un unico Padre". Insieme al papa sono presenti il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, e i presidenti Shimon Peres, israeliano, e Mahmoud Abbas, palestinese. Con loro, vi sono anche rabbini di diverse tradizioni (con le diverse kippah), imam e mufti musulmani e drusi, cardinali, vescovi, il custode della Terra Santa, p. Pierbattista Pizzaballa. Per l'importante incontro è giunto oggi anche Teofilo III, patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme. Nel gruppo, come invitati del papa vi sono pure il rabbino Abram Skorka e l'imam Omar Abboud di Buenos Aires, amici di lunga data di Bergoglio. L'incontro è strutturato con preghiere di lode per la creazione, con una richiesta di perdono, con una preghiera per la pace, svolta dai tre gruppi ebraico, cristiano e musulmano. Ogni preghiera,o lettura , o canto è intervallata da un momento musicale che invita al silenzio e alla meditazione: i violini, l'arpa, il flauto. Il ritmo calmo, la musica, la vicinanza fra rabbini e imam, cristiani, musulmani ed ebrei, israeliani e palestinesi, la reciproca cortesia, i sorrisi, fino all'abbraccio finale fra il papa e i due presidenti e dei due presidenti fra loro, l'ambiente tranquillo e verde dei giardini vaticani fa sembrare il tutto una specie di sogno, o di profezia di fraternità. "La vostra presenza - ha detto il papa nel suo discorso-preghiera alla fine - è un grande segno di fraternità, che compite quali figli di Abramo, ed espressione concreta di fiducia in Dio, Signore della storia, che oggi ci guarda come fratelli l'uno dell'altro e desidera condurci sulle sue vie". Gli fa eco Shimon Peres che nel suo discorso dice: "In questa commovente occasione, traboccanti di speranza e pieni di fede, eleviamo con Lei, Santità, una invocazione per la pace fra le religioni, le nazioni, le comunità, fra uomini e donne. Che la vera pace diventi nostra eredità presto e rapidamente". Abbas usa parole simili: "Io ringrazio Vostra Santità dal più profondo del cuore per aver intrapreso questo importante incontro qui in Vaticano" e ha concluso il suo discorso così: "Noi desideriamo la pace per noi e i nostri vicini. Noi cerchiamo la prosperità e pensieri di pace per noi come per gli altri. O Signore, rispondi alle nostre preghiere e dà successo alle nostre iniziative perché tu sei il più giusto, il più misericordioso, Signore dei mondi". Entrambi i leader hanno citato Gerusalemme, la città santa della pace; i salmi che chiedono la pace per la città; l'impegno di fronte a Dio. Mahmoud Abbas cita perfino san Giovanni Paolo II, quando disse: "Se la pace si realizza a Gerusalemme, la pace sarà testimoniata nel mondo intero". E Peres: "Noi tutti siamo uguali davanti al Signore. Noi siamo tutti parte della famiglia umana. Perciò, senza pace noi non siamo completi e dobbiamo ancora compiere la missione dell'umanità. La pace non viene facilmente. Noi dobbiamo adoperarci con tutte le nostre forze per raggiungerla. Per raggiungerla presto. Anche se ciò richiede sacrifici o compromessi". L'atmosfera di sogno o di profezia è attraversata dalla coscienza dei problemi che i leader devono affrontare. Nelle preghiere islamiche, come in quelle ebraiche si parla di "oppressione", di "nemici"; Abbas chiede a Dio "uno stato sovrano e indipendente" perché "il nostro popolo e i popoli del Medio Oriente e il mondo intero possano godere il frutto della pace, della stabilità e della coesistenza"; Peres ricorda che "due popoli - gli israeliani e i palestinesi - desiderano ancora ardentemente la pace" e che "dobbiamo mettere fine alle grida, alla violenza, al conflitto. Noi tutti abbiamo bisogno di pace. Pace fra eguali". Il papa, quasi esprimendo il sentire di entrambi, rivolgendosi a tutti e due, dice: "Signor i presidenti, il mondo è un'eredità che abbiamo ricevuto dai nostri antenati, ma è anche un prestito dei nostri figli: figli che sono stanchi e sfiniti dai conflitti e desiderosi di raggiungere l'alba della pace; figli che ci chiedono di abbattere i muri dell'inimicizia e di percorrere la strada del dialogo e della pace perché l'amore e l'amicizia trionfino. Molti, troppi di questi figli sono caduti vittime innocenti della guerra e della violenza, piante strappate nel pieno rigoglio. E' nostro dovere far sì che il loro sacrificio non sia vano. La loro memoria infonda in noi il coraggio della pace, la forza di perseverare nel dialogo ad ogni costo, la pazienza di tessere giorno per giorno la trama sempre più robusta di una convivenza rispettosa e pacifica, per la gloria di Dio e il bene di tutti. Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra. Ci vuole coraggio per dire sì all'incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza. Per tutto questo ci vuole coraggio, grande forza d'animo. La storia ci insegna che le nostre sole forze non bastano. Più di una volta siamo stati vicini alla pace, ma il maligno, con diversi mezzi, è riuscito a impedirla. Per questo siamo qui, perché sappiamo e crediamo che abbiamo bisogno dell'aiuto di Dio. Non rinunciamo alle nostre responsabilità, ma invochiamo Dio come atto di suprema responsabilità, di fronte alle nostre coscienze e di fronte ai nostri popoli. Abbiamo sentito una chiamata, e dobbiamo rispondere: la chiamata a spezzare la spirale dell'odio e della violenza, a spezzarla con una sola parola: "fratello". Ma per dire questa parola dobbiamo alzare tutti lo sguardo al Cielo, e riconoscerci figli di un unico Padre". Chiedendo poi l'intercessione della Vergine Maria, "figlia della Terra Santa e Madre nostra", Francesco ha pronunciato questa preghiera: "Signore Dio di pace, ascolta la nostra supplica! Abbiamo provato tante volte e per tanti anni a risolvere i nostri conflitti con le nostre forze e anche con le nostre armi; tanti momenti di ostilità e di oscurità; tanto sangue versato; tante vite spezzate; tante speranze seppellite... Ma i nostri sforzi sono stati vani. Ora, Signore, aiutaci Tu! Donaci Tu la pace, insegnaci Tu la pace, guidaci Tu verso la pace. Apri i nostri occhi e i nostri cuori e donaci il coraggio di dire: "mai più la guerra!"; "con la guerra tutto è distrutto!". Infondi in noi il coraggio di compiere gesti concreti per costruire la pace. Signore, Dio di Abramo e dei Profeti, Dio Amore che ci hai creati e ci chiami a vivere da fratelli, donaci la forza per essere ogni giorno artigiani della pace; donaci la capacità di guardare con benevolenza tutti i fratelli che incontriamo sul nostro cammino. Rendici disponibili ad ascoltare il grido dei nostri cittadini che ci chiedono di trasformare le nostre armi in strumenti di pace, le nostre paure in fiducia e le nostre tensioni in perdono. Tieni accesa in noi la fiamma della speranza per compiere con paziente perseveranza scelte di dialogo e di riconciliazione, perché vinca finalmente la pace. E che dal cuore di ogni uomo siano bandite queste parole: divisione, odio, guerra! Signore, disarma la lingua e le mani, rinnova i cuori e le menti, perché la parola che ci fa incontrare sia sempre "fratello", e lo stile della nostra vita diventi: shalom, pace, salam! Amen". Dopo l'abbraccio fra il papa, i due leader e il patriarca ecumenico, tutti insieme hanno piantato un piccolo ulivo a pochi passi da dove si è tenuto l'incontro di pace.
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