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I pacifisti accettano la sfida
«Ecco le nostre idee sulla Difesa» La «sfida» è accettata. Il confronto è aperto. L’arcipelago pacifista risponde positivamente all’invito avanzato dalla sottosegretaria alla Difesa, Roberta Pinotti, che in una intervista a l’Unità aveva proposto un comune terreno di discussione su quale modello di Difesa e su una spending review delle spese militari. «Come Rete Italiana per il Disarmo - dice Francesco Vignarca, coordinatore della Rid - da tempo lavoriamo sull’impianto generale della nostra Difesa e non solo sulle singole situazioni (che siano acquisti sistemi d’arma come gli F 35 o temi e campagne legate all’export militare). Anche a noi dunque interessa che ci sia una discussione approfondita su cosa voglia dire oggi difesa per il nostro Paese. Sono stati invece la “politica” ed il ministero della Difesa a non volere se non sporadiche situazioni di confronto, negli ultimi anni, cercando anzi di andare a sminuire la portata della nostra grande competenza». D’altro canto, aggiunge Vignarca, «non si può andare ad evocare oggi un confronto sul “modello di Difesa” mantenendo intatto il percorso di attuazione della Riforma dello strumento militare. A parte le critiche specifiche che possiamo avere sul provvedimento in sé, e su quello che propone per la riforma delle Forze Armate, la questione qui è eminentemente di senso politico generale. Non è infatti logico pensare di lavorare ad un nuovo modello di difesa e ad un “Libro Bianco” che lo possa dettagliare avendo già riorganizzato le Forze Armate. A nostro parere prima va impostato il modello e solo dopo bisogna scegliere in che modo organizzare lo strumento che dovrebbe applicare questo stesso modello». «DIMENSIONE EUROPEA» Per Licio Palazzini presidente di Arci Servizio Civile «il dibattito che si è aperto sulle pagine dell'Unità e questa discussione più generale che si può aprire anche con il Governo interessa anche le organizzazioni che promuovono e gestiscono il Servizio Civile Nazionale. Ciò perché operiamo su un terreno che è quello dell’altra faccia della Difesa: quella non armata e nonviolenta a cui siamo chiamati, oltre che dalle nostre idee, anche dall’art.1 della legge 64/2001 che ha istituito il servizio civile nazionale su base volontaria aperto a donne e uomini». «Vogliamo fornire un contributo di valore, che parte dal cuore della nostra esperienza trentennale - aggiunge -. Le persone, civili o militari che siano, sono la principale ricchezza di ogni organizzazione e quindi rispetto alle scelte che si profilano con la Riforma dello strumento militare (meno persone per più armi) il disaccordo è netto. La costruzione della dimensione europea della Pace e della sicurezza è l’obiettivo a cui ricondurre tutti gli interventi, sia in area civile che militare. Per le finalità di questo possibile lavoro è necessario realizzare una sede istituzionale dove il nostro mondo, le amministrazioni pubbliche, le imprese private e gli organismi militari possano confrontarsi, per trovare risposte adeguate, motivate in modo trasparente e soprattutto integrate alle necessità presenti e future della sicurezza». Giorgio Beretta, analista e ricercatore di Rete Disarmo e di Oscar: «La sottosegretaria Pinotti ha ricordato che la strada da scegliere è quella che ha portato alla legge 185 del 1990 (sul controllo dell’export di materiali militari). Al riguardo va detto che, a partire dall'ultima Legislatura (governi Berlusconi IV e Monti), le competenti commissioni parlamentari di Camera e Senato, hanno completamente trascurato di esaminare la Relazione governativa nonostante le reiterate richieste delle nostre associazioni. Nel frattempo è cresciuto in modo esponenziale l’export di sistemi militari italiani verso le zone di maggior tensione del pianeta a partire dal Medio Oriente, verso i regimi autoritari fino ai paesi più poveri del pianeta che di tutto hanno bisogno meno che delle nostre armi». Piergiulio Biatta, presidente di Opal Brescia. «In proposito alla modifica dello scenario del commercio internazionale di armi, diversi organismi dell'Unione Europea segnalano come la crisi economica stia trasformando alcuni ministeri della Difesa in espliciti promotori delle esportazioni di armamenti. Una tendenza che, per sostenere la competitività delle industrie militari dei rispettivi Paesi, sta mettendo a repentaglio gli sforzi in ambito comunitario per definire una politica organica di sicurezza e di difesa comune. È quindi urgente procedere ad un riesame complessivo delle effettive necessità della Difesa europea per procedere senza indugio ad un’ampia ristrutturazione e riconversione della medesima». CHI MINACCIA LA PACE
Riccardo Troisi, tra i coordinatori dell'iniziativa: «Controlliamo il Tour Cavour»«In questo senso appena espresso, riteniamo irresponsabile il tour commerciale-militare-umanitario della portaerei Cavour denominato enfaticamente “Sistema Paese in movimento”. Un tour - come ha affermato il ministro della Difesa Mario Mauro - pensato come “sul modello di un grande salone dell’industria bellica come quello di Le Bourget”. E diretto vero Paesi arabi e africani ai quali - come riportano i giornali locali - si fa bella mostra delle armi e sistemi militari made in Italy. Se si vuole parlare seriamente di sicurezza e di difesa il primo passo è quindi richiamare in Italia la portaerei Cavour e le tre navi che l’accompagnano». «Ottima la proposta di ragionare insieme su modello di difesa e - di conseguenza, almeno dal nostro punto di vista - su una spending review sulle spese per i sistemi di arma.- afferma Lisa Clark, di Beati i Costruttori di Pace -. Ma per farlo occorre anche tracciare una linea di orizzonte di senso più ampio, che possiamo costruire a partire dalle parole del segretario generale Onu Ban Ki -moon dell’anno scorso: “Viviamo in un mondo che ha troppe armi e troppo poche risorse per la pace”. Un mondo in cui le spese ufficiali per le armi e le strutture militari ammontano a oltre 1.750 miliardi di dollari l’anno, mentre tutto il sistema dell’Onu - pace, sviluppo, diritti umani - deve lavorare con un bilancio di circa 2 miliardi l’anno: le spese militari di un giorno (4,6 miliardi) ammontano al doppio del bilancio Onu annuale! Un rapporto di 850 a 1. Cosa deve “difendere” la Difesa? La risposta che riteniamo più sensata è che ormai non debba più difendere i “confini nazionali”, ma piuttosto la pace e la sicurezza mondiale. E da cosa è minacciata la pace e la sicurezza nel mondo? Ci sono pericoli derivanti da conflitti, da atti di terrorismo, ma anche da sconvolgimenti climatici, da epidemie, da carestie, ecc. Alcune delle maggiori minacce al giorno d’oggi non saranno sconfitte né con le armi né con gli eserciti». Per don Renato Sacco, coordinatore di Pax Christi «è urgente un confronto serio su quale sia la Difesa che vogliamo per il nostro Paese. Se sia una Difesa che deve percorrere la rotta della Cavour in missione commerciale, degli F-35, delle armi in genere oppure camminare sui sentieri di Isaia, convinti che sia possibile cambiare le lance in falci. La scelta di investire sui Corpi civili di pace è sicuramente un piccolo grande segno che dobbiamo valorizzare: gli eserciti di domani... sono questi».
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