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Muos, il silenzio è d’oro: ecco perché i giornali tacciono Il silenzio è d’oro: meno si parla di missili, droni e Muos, più l’imprenditoria finanziaria italiana collegata alla grande stampa farà affari col Pentagono. Ecco perché «la Sicilia è diventata una capitale mondiale dei droni, ma questo non è assolutamente argomento all’ordine del giorno a livello politico e mediatico nel nostro paese», accusa Antonio Mazzeo, da sempre in prima linea contro gli abusi dell’industria degli armamenti. Il nuovo sistema bellico targato Usa di stanza in Italia è un progetto che va ben oltre la semplice trasmissione di informazioni: oltre agli effetti devastanti sul territorio, l’ambiente e la salute delle popolazioni, la stazione Muos sarà un punto di riferimento fondamentale per i droni, sempre più usati in Medio Oriente per la “lotta al terrorismo” e nel nel cuore del Mediterraneo per l’individuazione e il “respingimento” dei barconi coi migranti. Tutto questo nel silenzio quasi totale dei media, nonostante le proteste No-Muos per l’installazione definitiva delle tre enormi parabole a Niscemi. L’ultimo libro di Mazzeo, “Il MUOStro di Niscemi. Per le guerre globali del XXI secolo”, offre un’analisi meticolosa e dettagliata su questo sistema di controllo e comunicazioni satellitare della Marina degli Stati Uniti. Il Muos, dice Mazzeo a Stefano Nanni e Anna Toro di “Osservatorio Iraq” in un’intervista ripresa da “Micromega”, sarà «uno strumento di guerra che a livello mondiale contribuirà a modificare radicalmente la gestione dei conflitti». Le tre antenne montate a Niscemi fanno parte dell’insieme di parabole di uno dei quattro terminali terrestri previsti a livello planetario. Il Mobile User Objective System installato in Sicilia sarà collegato con quelli dislocati alle Hawaii, in Virginia e in Australia, attraverso 5 satelliti orbitanti a 15.000 chilometri dalla Terra. L’architettura del sistema sarà pronta nel 2016, quando saranno mandati in orbita gli ultimi 3 satelliti. Compito del Muos: accelerare, anche di 10 volte, la velocità di invio di informazioni e comandi a tutti i dispositivi militari Usa nel mondo. Compresi i droni, che il ormai Pentagono impiega “a sciami” nella sua strategia di attacco: e Niscemi, a due passi da Sigonella, consentirà di “corpire” Africa, Mediterraneo e Medio Oriente. Non secondario, dice Mazzeo, il ruolo del Muos per il controllo militare dei flussi di migranti, in linea con la missione dell’agenzia europea Frontex. La stessa operazione Mare Nostrum, lanciata dal governo Letta e presentata come un’operazione umanitaria per evitare che si ripetano stragi come quella di Lampedusa del 3 ottobre 2013, in realtà «sta diventando un laboratorio sperimentale per l’uso dei droni: non solo in una funzione di vigilanza e monitoraggio ma anche di vera e propria guerra ai migranti». Risale a fine novembre un accordo tra Italia e Libia per consentire ai droni Predator (di stanza ad Amendola in Puglia ma presto trasferiti a Sigonella e Trapani) di sorvegliare lo spazio aereo libico fino ai confini col Ciad e col Sudan. «Non solo per vigilare e informare le unità navali, ma di fatto anche per individuare eventuali flussi di migranti che provengono dall’Africa Sub-Sahariana, così da avvertire direttamente le autorità libiche: in questo modo, grazie all’operazione Mare Nostrum, si rende possibile dispiegare le operazioni di contenimento e di respingimento ben prima del Mediterraneo». La Sicilia ha protestato con tutte le sue forze per l’impatto ambientale dell’installazione militare: le antenne del Muos sorgono all’interno della “Sughereta”, una delle riserve di sughero più antiche d’Europa, e lo sbancamento è avvenuto in violazione di tutte le leggi. Senza contare l’impatto sulla salute delle onde elettromagnetiche sprigionate dalle 3 maxi-antenne e dalle 46 antenne secondarie. Il governo ha demandato all’Istituto Superiore di Sanità l’ultima parola sul pericolo dell’elettromagnetismo, mentre per la decisione strategica su un impianto-mostro come il Muos il Parlamento è stato completamente scavalcato. Quasi zero anche le ricadute occupazionali: se su Vicenza piovvero 260 milioni di investimento per l’allargamento della base Dal Molin, a Niscemi ci si è limitati a meno di 15 milioni di dollari, cioè «neanche le briciole di questo enorme progetto», che è (chiavi in mano) di Lockheed Martin, «il primo complesso militare industriale a livello mondiale». Un progetto blindato dal silenzio, se non fosse per la tenace opposizione popolare del movimento No-Muos. Secondo Mazzeo, c’è stata «una enorme sottovalutazione della problematicità», come se si trattasse solo di inquinamento elettromagnetico, come ha finto di credere il presidente siciliano Rosario Crocetta. Disinformazione interessata, accusa Mazzeo: «Bisogna guardare proprio agli intrecci del complesso militare industriale e finanziario italiano con quello statunitense, da cui ovviamente dipendono buona parte dei grandi organi della stampa cartacea o radiotelevisiva: qui c’è stata una scelta in malafede di cercare di non parlarne, perché questo avrebbe potuto mettere profondamente in discussione i grandi interessi, quelli che portano l’Italia a dover accettare strumenti di morte, Muos, droni, il raddoppio della base a Vicenza, gli F-35 e così via». Tutte operazioni «in cui l’Italia non ci guadagna niente ma di cui al contrario si assume gli oneri, il carico sociale, economico, finanziario e, nel caso del Muos, anche ambientale». L’Italia accetta quello che altri alleati Usa rifiutano: «C’è una logica di scambio tra il capitale finanziario italiano e quello statunitense: io ti consento di trasformare la Sicilia in una roccaforte delle operazioni più sporche a livello internazionale (come le armi chimiche siriane approdate a Gioia Tauro) e tu in cambio mi consenti di diventare un partner credibile per il Pentagono». L’apparato militare Usa, infatti, è «la grande mucca da mungere a livello mondiale, in una guerra globale permanente dove proprio il Pentagono sarà certamente il principale finanziatore dei conflitti e quindi dell’acquisto di armi a livello planetario». Non è un caso che nell’ultima decade Finmeccanica si sia affermata come l’ottavo complesso a livello mondiale per giro di fatturato sulle armi. Ed ecco perché la grande stampa collegata al capitale finanziario evita di dire la verità sul Muos e sugli stessi droni, che invece negli Stati Uniti sono ormai un problema politico: il Congresso è spaccato e le stesse Nazioni Unite hanno dato vita a un comitato d’inchiesta sul loro uso a livello internazionale. La Sicilia è diventata «la capitale mondiale dei droni», con un’enorme concentrazione alla base di Sigonella, ma per in Italia non se ne parla. Un copione già visto, per esempio in Sardegna. «Il Muos è la punta dell’iceberg», conclude Mazzeo. Che confida però nella capacità di mobilitazione civile della protesta: le cose potrebbero cambiare, dice, se riuscissimo a spiegare agli insegnanti che si taglia l’università per finanziare la ricerca missilistica. «La crisi è strutturale perché c’è una guerra che va avanti eternamente e che noi paghiamo giorno per giorno».
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