http://www.ilcambiamento.it/ Ecco perché gli ogm non sfameranno il mondo La lobby del biotech ci ha provato fin dall’inizio con i ricatti emotivi: gli ogm risolveranno il problema della fame nel mondo, ci siamo sentiti ripetere per anni. Ma è quanto di più lontano dalla realtà ci possa essere. Ecco perché, nel rapporto del Canadian Biotechnology Action Network (CBAN). La lobby del biotech ci ha provato fin dall’inizio con i ricatti emotivi: gli ogm risolveranno il problema della fame nel mondo, ci siamo sentiti ripetere per anni. Ma è quanto di più lontano dalla realtà ci possa essere. Ecco perché. A Robert Fraley, vicepresidente di Monsanto, è stato consegnato nel 2013 (scatenando polemiche in tutto il mondo) il World Food Prize, un premio, dunque, per il cibo. Fraley è un uomo che dice queste cose: «Ci sono 7,2 miliardi di persone sul pianeta. Ce ne saranno 9,6 miliardi nel 2050. La richiesta di cibo raddoppierà…Solo usando il cibo geneticamente modificato e la scienza saremo in grado di nutrire il pianeta…Tutto ciò rappresenta un’opportunità di business ed è certo importante da una punto di vita sociale»[1]. Le parole di Fraley fanno fremere di indignazione ma danno l’idea effettiva di ciò che gli ogm sono, nulla più di un’opportunità per fare affari, un modo per arricchire una manciata di individui travestiti da altruisti. [2] «Nel breve termine può sembrare difficile pensare che io possa fare soldi con gente che i soldi non li ha. Ma nella pratica lo sviluppo dell’agricoltura a livello dei villaggi è qualcosa che può fruttare moltissimo nel tempo». E queste sono le parole di Robert Shapiro, già dirigente di Monsanto (citato nel rapporto del CBAN “Will GM Crops Feed The World”). «Con la parola sviluppo, Shapiro intende la possibilità per Monsanto di assumere il controllo delle politiche agricole e delle strategie, distruggendo i metodi, le conoscenze e le pratiche tradizionali per poterle sostituire con le politiche aziendali [3]» spiega Colin Todhunter, giornalista inglese da sempre impegnato sul fronte ambientale e dei diritti umani; ha vissuto molti anni in India scrivendo per il Deccan Herald, il New Indian Express e il Morning Star. Vogliamo un esempio delle strategie di comunicazione con cui Monsanto e le lobby del biotech tentano di ammantare le loro politiche di altruismo e buonismo, cercando di trasformare chi è critico verso gli ogm in un nemico dei poveri? Lo fornisce il senatore statunitense Charles Grassley: «E’ una vergogna che i leader sudafricani, così evidentemente ben nutriti, preferiscano vedere il loro popolo affamato piuttosto che fargli mangiare lo stesso cibo che noi consumiamo ogni giorno negli Stati Uniti». Ecco qui: i sostenitori degli ogm vogliono convincerci che abbiamo bisogno di questa tecnologia per vincere la fame e nutrire i popoli del mondo. Ci hanno detto che gli ogm sono essenziali, che vanno bene per l’ambiente e che forniranno ai contadini gli strumenti necessari per affrontare i cambiamenti climatici. Ci hanno detto che gli ogm daranno maggiori raccolti e maggiori guadagni agli agricoltori. Ebbene, il Canadian Biotechnology Action Network (CBAN) ha appena pubblicato un rapporto che smentisce, punto per punto, tutte queste affermazioni [4]. Non è certo il primo e non sarà neanche l’ultimo; è un altro tassello che si aggiunge all’enorme mole di evidenze che dimostrano come gli organismi geneticamente modificati siano la peggiore delle strade imboccate. «Innanzi tutto la fame è causata dalla povertà e dalle disuguaglianze spiega Todhunter, commentando il rapporto Le persone non sono affamate a causa della produzione agricola insufficiente ma perché non hanno denaro per comprare il cibo, non hanno accesso alla terra per coltivarselo, perché il territorio è stato depredato, perché il sistema di distribuzione alimentare non funziona, perché mancano l’acqua e le infrastrutture per irrigare, conservare, trasportare e finanziare gli agricoltori. Se questi problemi di fondo non saranno risolti e se la catena alimentare rimarrà inaccessibile a chi è affamato e povero, allora un aumento della produzione agricola non servirà». Noi già produciamo abbastanza cibo per nutrire l’intera popolazione mondiale ed era così anche durante il picco della crisi alimentare, nel 2008. L’attuale produzione alimentare è sufficiente per nutrire dieci miliardi di persone. Nel mondo si produce il 17% del cibo in più a persona rispetto a 30 anni fa eppure il numero degli affamati è ancora molto alto. La crisi dei prezzi alimentari del 2008 e del 2011 si è manifestata in anni di raccolti da record, dimostrando con chiarezza che tali crisi non sono il frutto della scarsità di cibo. I cereali ogm che oggi sono sul mercato non sono destinati a sfamare gli affamati. Quattro tipi di cereali ogm coprono all’incirca il 100% dei terreni destinati a questo tipo di coltivazione. E tutti e quattro sono stati sviluppati per un sistema agricolo industriale su larga scala, vengono utilizzati soprattutto per essere esportati, per produrre carburante o per confezionare cibi industriali e mangimi animali. Le coltivazioni ogm non hanno prodotto un aumento dei raccolti e tanto meno un aumento nei guadagni degli agricoltori. Le coltivazioni ogm portano ad un aumento nell’utilizzo di pesticidi e causano immensi danni all’ambiente. In India avevano promesso una diminuzione di pesticidi con il cotone Bt, ma ciò non è avvenuto. Le coltivazioni ogm sono coperte da brevetto, appartengono alle multinazionali e generano profitti per le multinazionali. I piccoli agricoltori hanno visto aumentare i loro costi perché devono sempre comprare i semi e soggiacciono ai rischi insiti nell’utilizzo degli ogm. Ne esce un messaggio chiaro: la fame, la sicurezza alimentare e il fatto di poter nutrire il pianeta sono un problema politico, sociale ed economico e come tale va affrontato[5]. La sicurezza, la democrazia e la sovranità alimentare non si ottengono rendendo i contadini dipendenti da un pugno di multinazionali il cui scopo è quello di sfruttare l’agricoltura per massimizzare i profitti. Come anche altri rapporti [6,7], quello del CBAN conclude che abbiamo bisogno di metodologie agroecologiche differenti e sostenibili, sviluppando le economie alimentari su basi locali. Anche perché sono proprio i piccoli agricoltori (che spesso servono comunità locali) ad essere più produttivi dei giganti industriali (che puntano all’export) [8]. Note 2] http://www.thetimes.co.uk/tto/business/industries/consumer/article4069203.ece 4] http://www.cban.ca/Resources/Topics/Feeding-the-World 5] Glover, Dominic. 2010. Exploring the Resilience of Bt Cotton 's “Pro-Poor Success Story”. Development and Change, 41(6), pp.955-981. 6] http://unctad.org/en/PublicationsLibrary/tdr2013_en.pdf 7] http://www.unep.org/dewa/agassessment/reports/IAASTD/EN/ Agriculture%20at%20a%20Crossroads_Global%20Report%20(English).pdf 9] http://www.theecologist.org/News/news_analysis/2267255/gm_ crops_are_driving_genocide_and_ecocide_keep_them_out_of_the_eu.html
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