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15 ottobre 2014

Gli Houthi prendono Hodeidah, sbocco sul mar Rosso

Nonostante la nomina del nuovo premier, voluto dagli ribelli sciiti, l’avanzata non si ferma. Conquistata la città costiera, sbocco verso l’esterno. L’Arabia Saudita teme l’influenza iraniana.

Roma, 15 ottobre 2014, Nena News

A poco sembra essere valsa la nomina del nuovo premier yemenita, Khaled Bahah, inviato Onu e ex ministro del Petrolio. L’incarico a formare il nuovo governo pareva aver aperto uno spiraglio nella dura crisi politica del paese, perché scelto tra una rosa di nomi proposta dalla minoranza sciita Houthi, che il mese scorso ha occupato la capitale Sana’a chiedendo un nuovo esecutivo.

Ieri il movimento ha preso il controllo del porto di Hodeidah, sul mar Rosso, il secondo del paese, dispiegato checkpoint per le strade, occupato l’aeroporto della città e alcune basi militari e razziato il quartier generale del partito islamista sunnita Islah. Secondo quanto riportato dai residenti, gli Houthi hanno preso il controllo di tutti gli ingressi alla città senza trovarsi di fronte resistenza da parte delle forze di sicurezza governative. Una mossa che segue alla presa della capitale e l’imposizione di un controllo formale su tutti gli uffici governativi e ministeriali.

Nelle stesse ore, il nuovo premier Bahah tentava di riportare l’ordine, promettendo la nomina del governo entro poche settimane. La nomina di Bahah era giunta dopo il rifiuto Houthi a quella di Ahmed Awad bin Mubarak (visto dalla minoranza sciita come un’imposizione statunitense e saudita). Ora il neo premier ha 30 giorni di tempo per scegliere i suoi ministri e porre fine così alla lunga transizione politica yemenita, cominciata nel 2012 con la deposizione del presidente Ali Abdullah Saleh dopo 33 anni di potere indiscusso.

A monte la mediazione Onu che sembrava aver calmato le acque e fermato il colpo di Stato a nord del paese (la zona più ricca di risorse naturali), con la promessa di un nuovo esecutivo e la reintroduzione dei sussidi sul carburante. Dietro, le condizioni economiche in cui versa lo Yemen: il 50% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e l’economia si fonda quasi esclusivamente sul greggio, i cui proventi non sono distribuiti secondo politiche egualitarie. Una situazione caotica che facilita i movimenti di rottura e di protesta, come quello Houthi. Che ieri ha segnato un altro punto con la presa di Hodeidha.

La città sul mar Rosso dà ai ribelli il controllo di una zona strategica, permettendogli di aprirsi verso l’esterno, dopo la presa – oltre che della capitale – anche delle province settentrionali di Saada e Omran e quella meridionale di Damar. Conquiste arrivate senza combattere: l’esercito yemenita si è fatto da parte, sia perché incapace di fronteggiare gli Houthi sia per la collaborazione stretta dal movimento sciita con alcune forze fedeli all’ex presidente Saleh. Non sono poche le voci che danno la caduta di Sana’a frutto del sostegno di alcune unità militari che avrebbero stretto un patto di non aggressione con i ribelli, nel tentativo di minare il processo di riconciliazione a favore del vecchio potere.

Non mancano ovviamente le influenze regionali: la confinante Arabia Saudita – convinta che dietro gli Houthi ci sia il nemico Iran – teme l’espansione sciita nel paese, cortile di casa di Riyadh, e non è improbabile che prima o poi muova i fili di gruppi anti-sciiti per fermarne l’avanzata. L’occupazione di Hodeida preoccupa in particolar modo la famiglia dei Saud: gran parte delle esportazioni di petrolio verso l’Europa passano per Bab al-Mandab, ingresso sul mar Rosso, a pochissima distanza dal porto preso dagli Houthi. Nena News

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