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Condannato a morte imam sciita
Alla fine la tanto annunciata condanna alla pena capitale è arrivata, e farà molto rumore. Mercoledì scorso uno dei più noti esponenti del clero sciita in Arabia Saudita, lo sceicco Nimr Baqer al-Nimr, è stato condannato a morte per “favoreggiamento del terrorismo”, “aver mosso guerra a Dio”, disubbidienza al re”, “incitamento alla lotta settaria” e per aver “indetto, diretto e preso parte a manifestazioni”. All’ultimo minuto l’ulteriore accusa di “ribellione” che comporta l’esibizione in pubblico del cadavere del condannato a morte è decaduta. Mohamed al-Nimr, fratello dello sceicco, è stato arrestato in aula subito dopo il verdetto, a quanto sembra per aver diffuso la notizia via Twitter. Già in carcere per cinque volte tra il 2003 e il 2008, lo sceicco al-Nimr era stato arrestato nel luglio 2012. All’epoca era l’imam della moschea di Qatif, nella Provincia orientale, dove vive la maggior parte della minoranza sciita, soggetta a discriminazione ed emarginazione nel campo dell’istruzione, dell’impiego nell’amministrazione statale, nell’edificazione dei luoghi di culto e nello svolgimento delle celebrazioni e dei riti sciiti. In quella regione, i venti della “primavera araba” hanno alimentato le richieste di garantire dignità e diritti, porre fine all’ingiustizia e liberare nove prigionieri, all’epoca in carcere da 16 anni. Le accuse nei confronti dello sceicco al-Nimr si sono basate su sermoni e interviste che Amnesty International ha esaminato per concludere che in nessuno di questi testi l’imam ha incitato alla violenza, limitandosi a esercitare il suo diritto alla libertà d’espressione. Il processo si è svolto in modo irregolare. Non sono stati ammessi testimoni a discarico e l’avvocato dello sceicco al-Nimr non ha potuto assistere a parte delle udienze poiché non veniva informato della loro convocazione. Durante i due anni di detenzione, gran parte dei quali trascorsa in isolamento negli ospedali militari e nel carcere di al-Ha’ir, lo sceicco al-Nimr ha subito maltrattamenti. Gli è stata negata la possibilità di un intervento chirurgico per rimuovere una pallottola dalla schiena e di ricevere cure mediche alla gamba destra, rimasta paralizzata dopo che era stata colpita al momento dell’arresto. Nel maggio e giugno 2014 almeno cinque sciiti sono stati condannati a morte per reati legati al loro attivismo per i diritti degli sciiti: tra questi vi è il figlio dello sceicco al-Nimr, Ali, 17enne al momento dell’arresto e torturato per costringerlo a “confessare”. Se le autorità saudite procederanno con l’esecuzione di Nimr al-Nimr, il prezzo politico potrebbe essere alto: l’Iran già ha fatto sapere che non resterà a guardare e tra la minoranza sciita la fiducia verso il potere centrale scenderà a zero.
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