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domenica 17 agosto 2014

Patriarcato Latino di Gerusalemme,

12 agosto 2014

Comunicato delle loro Beatitudini i Patriarchi d’Oriente

Sull’invito fraterno di Sua Beatitudine il Cardinale Bishara Butros Al Raï, Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente per i Maroniti, le loro Beatitudini, i Patriarchi delle Chiese Orientali si sono riuniti presso il Patriarcato di Dymane, il 7 agosto 2014. Erano presenti:

Il Catholicos Aram Kshishian I , Catholicos di Beit Kilika per gli Armeni Ortodossi; il Patriarca Grégorios Lahham III, Patriarca di Antiochia e d’Oriente, d’Alessandria e di Gerusalemme per i Greci Melchiti Cattolici; il Patriarca Yuhanna Al Yazajee X, Patriarca di Antiochia e d’Oriente per i Greci Ortodossi ; il Patriarca Mar Aghnatios Yousef Younan III, Patriarca di Antiochia per i Siriaci ; il Patriarca Mar Aghnatios Afram II, Patriarca di Antiochia et di Oriente per i Siriaci Ortodossi ; il Patriarca Narcis Bedros XIX, Catholicos et Patriarca di Kilika per gli Armeni Cattolici ; il rappresentante del Patriarca Louis Raphaël Sakko I, Patriarca di Babele per i Caldei, il vescovo Shlimon Wardouni, Vicario Patriarcale.

Essi dichiarano di essere atterriti dagli incidenti dannosi senza precedenti e che si verificano nella regione a causa dei conflitti e delle guerre fratricide in Iraq e in Siria, per mano del fondamentalismo religioso che logora il tessuto sociale e la sua unità nei nostri paesi, con la comparsa di organizzazioni fondamentaliste e dei “Tafkiri” (1) che distruggono, uccidono, disperdono, violano la sacralità delle chiese, bruciano il suo patrimonio e i suoi manoscritti e, anche con mercenari stranieri al loro fianco, aggrediscono i cittadini e la loro dignità.

I Patriarchi sono addolorati dalle tragedie dei loro fratelli Palestinesi a Gaza in seguito al bombardamento aleatorio e disumano di Israele che colpisce innocenti, violando così tutte le regole del diritto. Sono anche profondamente addolorati per i fatti di Arsal in Libano, dove terroristi stranieri hanno attaccato l’esercito libanese e le forze di sicurezza interna, causando la morte di molti soldati e membri della sicurezza e prendendone molti in ostaggio. Essi hanno inoltre assediato gli abitanti della città e li hanno utilizzati come scudo umano.

Dopo avere considerato questi avvenimenti terribili sotto tutti gli aspetti, e avere riflettuto sui pericoli che minacciano tutti gli abitanti della regione senza eccezione, avvenimenti che rivestono un abito di settarismo e appartenenza confessionale che mai si è vista nella storia, dopo avere esaminato gli eventuali effetti che questi conflitti potrebbero avere sui popoli della regione, ivi compresi i cristiani loro figli, che vivono in mezzo a questi turbamenti, nella fiducia sul ruolo dello stato per garantire la protezione delle persone e delle loro proprietà, poiché la situazione è giunta al punto in cui le persone sono costrette ad abbandonare la terra dei loro padri e dei loro antenati, ingiustamente e senza ragione plausibile, al termine del loro incontro hanno pubblicato il seguente comunicato:

I. L’espulsione dei cristiani di Mossul e della valle di Ninive.

1. Espellere tutti i cristiani dalla città di Mossul, e ora da tutte le città che si trovano nella valle di Ninive, non può essere considerato come un semplice incidente che si iscrive nelle cronache delle guerre e dei conflitti, o come una emigrazione volontaria a causa della paura di chi cerca rifugio provvisorio e sicuro per sfuggire alla morte: questo è il risultato di una decisione da parte dell’Is (Stato Islamico) e di altri gruppi jihadisti che hanno forzato le persone ad abbandonare la loro terra solo a causa della loro appartenenza religiosa, cosa che contraddice le leggi internazionali. Questa decisione iniqua presa a nome dell’Islam, è una nuova calamità che si abbatte sulla regione araba e musulmana e sull’insieme dei suoi abitanti. Dopo averli cacciati, hanno portato via tutto ciò che a loro apparteneva. Di tratta di un gesto vergognoso e razzista che i popoli rigettano e che la comunità internazionale condanna totalmente.

2. Riguardo questa dolorosa calamità, essa attacca dei nobili dati di fatto religiosi, culturali e umani che hanno formato lungo i secoli un ricco patrimonio di convivenza tra cristiani e musulmani. Noi condanniamo e rifiutiamo vigorosamente l’espulsione dei nostri figli cristiani dalla cara città di Mossul, dalle città e dai villaggi della valle di Ninive, che era un esempio di coesistenza islamo-cristiana, allo stesso modo di altre antiche città arabe. Diamo l’allarme domandando a tutti di appoggiare questa condanna che viene anche da musulmani che condividono con noi la stessa sorte. Da qui possano nascere iniziative per mettere fine a questa situazione deviante rispetto alle regole di vita normali dell’Islam. È riprovevole che la posizione musulmana, araba e internazionale resti debole, timida e insufficiente, che non consideri il pericolo di questo fenomeno le cui conseguenze saranno drammatiche per la diversità demografica e storica dei popoli di questa regione. 

Alcuni paesi europei invitano i cristiani a emigrare rendendo la situazione ancora più pericolosa e questo col pretesto di proteggerli dal terrorismo e dagli omicidi. Noi condanniamo e rifiutiamo vigorosamente queste iniziative perché siamo attaccati alla nostra missione in questo caro Medio Oriente. La comunità internazionale, con la mediazione del Consiglio di Sicurezza, deve prendere una decisione categorica per obbligare a restituire questa terra al suo popolo, con tutti i mezzi possibili e il più velocemente possibile. Non domandiamo protezione, ma abbiamo un diritto e riteniamo che sia dovere degli organismi internazionali mantenere la loro credibilità e impedire ogni cambio demografico brutale, per noi come per le altre religioni.

Ci rivolgiamo di nuovo a tutti i regimi e ai paesi che sostengono, armano o finanziano direttamente o indirettamente delle organizzazioni terroriste di fermarsi subito, perché l’estremismo religioso, da qualsiasi parte arrivi, danneggia chi lo sostiene e segna negativamente chi non gli resiste. Il trasferimento forzato dei cristiani dalle loro case, il furto dei loro beni, l’uccisione di civili non armati e gli attacchi contro le minoranze religiose , le chiese e i luoghi di culto a Mossul, Sadad, Ma’alula, Kassab e altre città è certamente un crimine contro l’umanità e una violazione dei diritti dell’uomo e del diritto internazionale umanitario. Il procuratore della Corte penale internazionale, deve aprire una inchiesta per mettere fine a tutto ciò, restituire i cittadini ai loro focolari e farli rientrare in possesso dei loro beni e dei loro diritti.

II. Il conflitto in Siria

3. Gli avvenimenti sanguinosi in Siria sono diventati una guerra assurda che conduce solamente a più distruzione, omicidi e esili.

I Patriarchi condannano questi fatti ed esigono dalle parti in causa e dagli Stati che le sostengono fornendo loro denaro e armi, di mettere fine a questa guerra, di trovare delle soluzioni politiche per giungere a una pace giusta, globale e duratura, oltre che consentire il ritorno dei Siriani esuli nelle loro case e nelle loro terre, facendoli uscire dalla miseria nella quale si trovano, innocenti, liberandoli da ogni abuso politico,  confessionale o terrorista.

4. Dopo oltre un anno e te mesi, aspettiamo con speranza il ritorno dei nostri fratelli i due vescovi rapiti il 22 aprile 2013: Boulos Yazigi  e Youhanna Ibrahim, e continuiamo a insistere sul fatto che la reazione della comunità internazionale non è sufficiente. Certamente ringraziamo tutta la solidarietà e le condanne, ma nello stesso tempo, siamo sorpresi dalla indifferenza che circonda questo problema. Di conseguenza chiediamo al mondo intero, all’Oriente e all’Occidente, di tradurre in atti le loro parole perché si ottenga la liberazione immediata dei due vescovi rapiti.

III. Gli avvenimenti di Gaza

5. Gli avvenimenti di Gaza affliggono i Patriarchi. I cittadini palestinesi pagano un prezzo caro, con le loro vite, le loro case e le loro istituzioni, a causa di un bombardamento israeliano disumano. I Patriarchi chiedono la fine di questa aggressione, il ritiro delle forze israeliane da Gaza, la fine dell’assedio della Striscia e dei suoi abitanti, la liberazione dei prigionieri e la fine dei combattimenti che hanno ucciso oramai circa duemila palestinesi.

Questo costituisce un crimine contro l’umanità. I Patriarchi si appellano al diritto internazionale per risolvere il problema palestinese. Approvano uno Stato per i palestinesi con capitale Gerusalemme, secondo il principio di due Stati, il ritorno dei rifugiati palestinesi sulle loro terre e il ritiro di Israele dai territori arabi occupati in Palestina, in Siria e in Libano.

IV. I fatti di Arsal

6. Quanto ai fatti di Arsal in Libano, essi hanno rattristato i Patriarchi nel più profondo delle loro anime, a causa degli attacchi di gruppi terroristi stranieri che hanno sfruttato la situazione della città e dei campi profughi Siriani per organizzare una azione terrorista su grande scala . I Patriarchi ringraziano la Provvidenza che ha protetto questa cara patria e per il fatto che le forze armate libanesi hanno potuto far fronte a questi attacchi e lavorare, progressivamente, per aiutare i civili a uscire da questa situazione difficile, malgrado le perdite subite. I Patriarchi esprimono il loro sostegno totale alle forze armate e alle forze di sicurezza libanesi, pregano per la loro protezione e il loro successo. Inoltre, elogiano la posizione unitaria libanese che sostiene l’esercito e non tollera i terroristi e i gruppi estremisti. Si veda al riguardo la dichiarazione del Presidente del Consiglio dei Ministri, tre giorni fa.

V. L’esperienza della coesistenza

7. La storia di questa regione ha conosciuto periodi di caos e di violenza il cui prezzo è stato pagato da nazioni che non avevano altro desiderio che quello di vivere nella dignità e in una cittadinanza sincera. Questi periodi sono stati spesso il risultato di azioni di capi tirannici i cui cuori non conoscevano né Cristianesimo né Islam. Ma noi abbiamo messo da parte questo passato doloroso. Abbiamo lavorato per purificare la memoria da questi avvenimenti passati. Abbiamo inoltre aperto una pagina nuova di cooperazione, basata sul rispetto reciproco e il riconoscimento degli altissimi valori spirituali rispettati da entrambe le religioni. Questo ci ha spinto, cristiani e musulmani, a collaborare per stabilire una migliore cooperazione tra i fedeli delle due religioni.

Sono iniziati così i dialoghi fra cristiani e musulmani, in vista di una collaborazione reciproca per contribuire a superare gli inconvenienti del passato e costruire un nuovo avvenire sulla base della verità, della giustizia e dell’amore tra tutti.

Accetteremo, dunque, che questo progresso nelle relazioni tra Cristianesimo e Islam, sia esposto al rischio di una regressione che minaccia, con la scomparsa di tutte le cose positive, di farci arretrare a epoche ormai lontane?

VI. Il flagello dell’estremismo religioso e il dovere del contrattacco

8. Gli osservatori degli avvenimenti presenti, vedono nell’estremismo religioso con tutte le sue componenti, e prevedono che dovrà passare ancora del tempo prima che la regione possa guarire da questa malattia.

Sono numerose le vittime a causa delle sue ripercussioni. È dunque imperativo che, cristiani e musulmani, ci uniamo insieme per evitare complicazioni e per risparmiare la nostra regione e i nostri figli da questi orrori, questo otterremo sensibilizzando le coscienze, invitando ad aderire a ciò che vi è di autentico ed essenziale nella religione e di non sfruttarla per conseguire interessi personali o collettivi. Ci rivolgiamo agli Stati e ai media locali e internazionali, perché prendano coscienza della gravità del tema che riempie gli schermi e le reti sociali e perché possano, in seguito, esercitare la autorità morale che rivestono, per ergersi come dighe di difesa e mettere in evidenza i punti di incontro e di coesione, lasciando a Dio Onnipotente il giudizio dei cuori.

9. Lo spirito di responsabilità deve prevalere in tutti i contesti arabi e internazionali, per limitare questo estremismo aggressore che fa del male alla strada percorsa tra Cristianesimo e Islam, sia nella regione che nel resto del mondo, e mettere fine alle sue conseguenze drammatiche. Se qualcuno, di nascosto, finanzia questi estremismi e spende denaro per diffondere la corruzione sulla terra, è necessario scoprire questi organismi perché ne rendano conto davanti all’opinione pubblica mondiale e agli operatori di bene di tutto il mondo. L’unico modo per fare ciò è che gli arabi e i musulmani ritrovino uno spirito di unità e scoprano i vantaggi della diversità che è una caratteristica del nostro Oriente. È altrettanto necessario accettarsi reciprocamente e vivere insieme sulle basi del rispetto, dell’uguaglianza e della cittadinanza, tra tutti e in tutti i paesi. Essendo dei cercatori di unità coi nostri fratelli musulmani, rivolgiamo a tutti il nostro appello dal fondo del cuore, alla ricerca di un futuro comune che ci unisca oggi e domani, come è stato ieri, e ci doni frutti abbondanti. Ci rivolgiamo anche alle autorità musulmane, sunnite e sciite, perché pronuncino delle “fatwa”ufficiali e chiare che interdicano gli attacchi ai cristiani, alle altre persone innocenti e ai loro beni.

Parimenti ci rivolgiamo ai parlamenti dei paesi arabi e musulmani perché emettano delle leggi che esortino a questa apertura e rigettino chiaramente tutte le forme di esclusione e di rigetto dell’altro, rendendo così le persone responsabili davanti alla legge per le loro violazioni. Ci volgiamo anche a tutte le Chiese sorelle del mondo, perché siano solidali con le nostre richieste e le nostre preghiere per proteggere il messaggio salvifico di Cristo in Medio Oriente, oggi rovinato da una ondata massiccia di persecuzioni.

VII. La solidarietà coi nostri figli e fratelli

10. Sulla base di questa fiducia e di questi principi, dichiariamo la nostra solidarietà più totale ai nostri fratelli esiliati dalle loro case e dalle loro terre. Faremo tutti gli sforzi possibili perché possano ritrovare il loro focolare con onore e dignità, in un clima di riconciliazione e di fraternità ritrovata tra tutti i popoli di tutte le nazioni dei loro paesi di origine. Così, troveranno l’unità del loro paese e con questa una vita degna per tutti.

Lanciamo un appello alla comunità internazionale perché non abbandoni le sue responsabilità di fronte alla dolorosa situazione politica, umana e sociale, subita dai popoli dell’Oriente, e perchè non declassi la causa del nostro popolo, ferito nella sua dignità, nei suoi diritti e nella sua stessa esistenza a un caso puramente umanitario che attira la compassione e la carità, assicurando la sistemazione agli esiliati fuori dalla loro terra e dalla cultura del paese di origine, che costituiscono uno dei tesori più preziosi. Chiediamo anche ai vari paesi di smetterla di trattare questa diversità culturale con la logica della minoranza, come se la presenza umana non fosse altro che un raggruppamento di individui, dimenticando il contributo che ciascuno può apportare secondo i talenti e le capacità che Dio Onnipotente gli ha donato.

Per questo vogliamo cercare tutti mezzi utili a perorare questa causa davanti a tutti i più alti organi internazionali, cominciando dalla Lega Araba fino al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e alla Corte penale internazionale delle Nazioni Unite, sperando che tutti siano alla altezza della responsabilità civica che a loro compete, e che si innalzino al di sopra degli angusti interessi politici che tentano coloro che li coltivano ogni volta che tradiscono la loro coscienza e i valori della giustizia e del diritto che derivano dalla volontà del cielo.

11. La cosa più urgente resta l’aiuto da dare ai nostri figli esuli e in grande difficoltà a causa di questi attacchi. Invitiamo le istituzioni internazionali e le organizzazioni a soccorrere i loro bisogni di base e ad assicurare il necessario per una vita decorosa, al fine di favorire la loro missione di restare nel paese dei nostri padri e dei nostri nonni. Potranno così, passato il pericolo, tornare nelle loro case e ritrovare la convivenza che vi conducono da secoli.

VIII. Le domande

12. alla fine di questo comunicato-appello, i Patriarchi delle Chiese Orientali dichiarano che:

 Innanzitutto: i cristiani dei paesi del Medio-Oriente patiscono una grave persecuzione. Sono espulsi dalle loro case e dai loro beni sequestrati dai fondamentalisti e “takfiri”(1) nel silenzio di tutto il mondo. Si tratta di una vergogna per l’umanità. Come se la nostra epoca tornasse a ciò che era prima di ogni legge e coesistenza umana.

Seconda cosa: gli elementi religiosi e i valori legati alla fede, o di natura umanitaria, culturale ed etica sono tutti minacciati, in modo molto pericoloso.

Terza cosa: l’estremismo terrorista e “takfiri” in nome della religione è una grave minaccia per la regione e per il mondo.

13. Ecco perché i Patriarchi esigono:

Primo: che tutti capi religiosi prendano posizione comune, chiara e forte contro questa persecuzione e questa minaccia.

Secondo: la Lega Araba, la Conferenza dei cooperazione islamica, il Consiglio di sicurezza dell’ONU, la Corte penale internazionale e la comunità internazionale agiscano immediatamente con una azione di soccorso efficace e forte.

Terzo: che tutti gli Stati e le parti che finanziano, direttamente o indirettamente, con denaro o armi, dei gruppi fondamentalisti, terroristi e “takfiri”, per fini politi o economici, cessino immediatamente questo finanziamento e questo sostegno.

14. I patriarchi esprimono il loro sostegno ai loro figli cristiani espulsi dalle loro case e dalle loro terre con la forza e il disprezzo, assicurano di essere con loro nella preghiera e che fanno di tutto perchè possano trovare un luogo sicuro, prima di tornare nelle loro case e proprietà coi loro diritti restituiti.

Chiedono anche ai figli delle loro chiese disseminate nei cinque continenti di essere solidali coi loro fratelli dei paesi di questo Oriente nella sofferenza, e di aiutarli materialmente, spiritualmente e moralmente, perché possano mantenere nel loro paese una speranza solida, perché possano proseguire con la loro missione, annunciando il Vangelo di fraternità giustizia e pace che il Cristo ha loro affidato. Lui, il Redentore dell’uomo e il Salvatore del mondo, ripete loro in questi momenti difficili: “Non temere piccolo gregge… Avrete tribolazioni nel mondo, ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo”. (Lc 12,32; Giov 16,33).

Conclusione

15. Preghiamo insieme per il riposo delle anime di coloro che sono stati uccisi durante questi avvenimenti tragici, per la consolazione dei loro famigliari e per la guarigione dei feriti. Preghiamo anche perché regnino la sicurezza e la pace nel mondo e in particolare nei nostri cari paesi, supplicando Dio di ispirare i responsabili e gli uomini di buona volontà, perché contribuiscano a metter fine a questi tempi oscuri e ingiusti della nostra storia, e perché il nostro mondo tormentato ritrovi la vita e la stabilità.

(1) I takfiri, dal termine arabo ripreso dal Takfir wal Hijra. Anatema ed Esilio, sono un gruppo fondato nel 1971) si tratta di estremisti islamisti adepti di una ideologia violenta. Il termine “takfiri” significa letteralmente “scomunica”. I takfiris considerano i musulmani che non condividono il loro punto di vista come apostati, dunque oggetto legittimo dei loro attacchi.

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