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Now Lebanon Distruggendo l'orologio cosmico Il Medio Oriente degli Stati moderni trasformato in nascenti califfati Washington si sveglia la mattina per più eventi in tutto il mondo e si ritrova costretto a reagire ad essi. In passato, era vero il contrario, ma al giorno d'oggi, l'amministrazione di Obama reagisce con ansia agli eventi del mondo invece di impostare l'agenda globale e costringere gli altri paesi ad affrontarne le conseguenze. Questo, perché l'America ha deciso di ignorare il mondo e diventare uno stato invece di un moderno impero. Un segno recente di ricorrente ritardo di Washington è l’ultima visita a Kiev dal capo della CIA. I piani erano già stati fatti ed eventi significativi avevano già avuto luogo prima che lo stagionato ufficiale dell'intelligence facesse la sua visita, che non era destinato ad avviare operazioni segrete, ma piuttosto a verificarne i risultati. Il Cremlino ha approfittato di questo implicando che gli Stati Uniti stavano covando qualche schema a porte chiuse a Langley e che la posizione russa era di risposndere a queste cospirazioni. E nonostante il fatto che la Russia stia conducendo un pacchetto di stati banditi, gli Stati Uniti mettono a nudo ancora lo stigma di essere il cattivo. Obama ha fatto del suo meglio durante il suo primo mandato per migliorare la posizione globale dell'America dopo la cruda animosità anti Usa degli anni di Bush. Ma da quando ha pronunciato il suo discorso inaugurale al Cairo, il presidente è sembrato aver sottovalutato il livello di odio reciproco e di ostilità che le guerre del suo predecessore in Iraq e in Afghanistan hanno creato nei cuori e nelle menti di quei popoli liberati. Il discorso pro modernità di Obama, ha trasformato l'impero globalizzato americano in uno stato senza denti. La Campagna di democratizzazione dell'America in Medio Oriente ha creato profonde divisioni tra i potenti, la ricchezza e il benessere in Iraq. Non solo, il nuovo blocco di maggioranza per lo più sciita ha lavorato duramente per monopolizzare il potere: la campagna americana ha anche distrutto i fondamenti intellettuali del mostruoso stato moderno che è stato rappresentato dai regimi nazionalisti e pseudo-nazionalisti nella regione, in particolare il partito Baath. Quando il conflitto politico lascia l'ambiente tradizionale e laicista di lotta della classe sociale per una lotta etno-settaria, l'idea dei confini di Stato diventa obsoleta. Pertanto, in Medio Oriente, le persone vengono abbandonate ad adottare un modello di califfato per esprimere le proprie ambizioni politiche. La morte di due nazioni L’idea di condividere il potere in Iraq sulla base di nozioni anacronistiche dello stato moderno è semplicemente ingiusta perché ciò che unisce i cittadini in uno stato moderno è completamente diverso da ciò che unisce i cittadini iracheni di oggi. Gli iracheni sciiti e le loro controparti iraniane hanno certamente un legame più forte di quanto non abbiano con i loro connazionali sunniti. Gli sciiti iracheni vedono se stessi come estensione di una nuova realtà settaria socio-geografica molto più grande di quella dei sunniti iracheni. I Sunniti, invece, vedono la loro parte della torta del potere in una contrazione progressivamente insostenibile, come una minoranza nel loro stesso paese pur essendo in grado di connettersi con i più grandi alleati regionali tribali e settari contro la nuova maggioranza sciita. Quindi, dato che il modo della società irachena attualmente si auto-identifica e riallaccia al Medio Evo, sarebbe sbagliato per ogni fazione negoziare il potere lungo le linee guida di uno stato moderno. Intanto in Siria, seguendo le orme di Hezbollah, Jabhat al Nusra sta ricevendo crescente simpatia dalle parti interessate nella questione siriana, in gran parte come conseguenza della disperazione abietta che avvolge il popolo siriano, da un lato, e il mix di successo in battaglia e pragmatismo diplomatico, dall'altro. C'è fascino e orrore nel modo in cui i combattenti sono raffigurati nei video di guerra che Jabhat al Nusra trasmette al mondo esterno: combattenti determinati, duri, sani, armati fino ai denti in cima a cumuli di macerie e distruzione. Queste immagini inquietanti potrebbero non essere intenzionalmente costruite, ma si deve solo ricordare che prima della guerra scoppiata tre anni fa, quei cumuli di detriti erano città tra le più antiche del mondo, ora riempite con un senso di terrificante futuro a venire. Questa è solo una piccolo continuazione di ciò che l'America ha fatto in precedenza in Iraq: distruggere uno stato moderno costruito per proteggere tutti i suoi cittadini e mantenere la sua forza e la stabilità nella prosperità delle sue città. Quello che succede in Siria oggi è una disintegrazione metodica di tutti i componenti recuperabili di uno Stato su cui la ricostruzione potrebbe essere possibile. La Siria, che è stata giustamente dichiarata morta da molti. Tuttavia, nessuno è ancora pronto a immaginare la profondità della sua sepoltura: la Siria di un tempo era un centro di civiltà, mentre la Siria di oggi è un deserto di milizie. Piangere un Impero Nel frattempo, l'America ha perso la sua presa sul orologio cosmico dato che ha cambiato la sua tattica dall’attacco alla ritiratai e ha deciso di costruire uno stato in luogo di un impero. Un impero americano potrebbe essere parziale e crudele con gli artigli taglienti che potrebbero danneggiare indipendentemente dal fatto che l'intento sia quello di aiutare o punire. Tuttavia, è l'impero moderno che ha fatto la resilienza degli Stati moderni possibile e fornito fragili e travagliate città moderne, con gli strumenti per sopravvivere e riprodursi. Di conseguenza, la decisione degli Stati Uniti di ritirarsi nella sua posizione di stato avrebbe gettato il mondo intero, dalla Crimea attraverso la Cecenia, la Siria e lo Yemen, nel caos. Nazioni vicine e lontane perderebbero il loro senso di importanza e rilevanza creato nel corso dei secoli e diventerebbero inutili complicazioni per gli imperi emergenti nel nuovi Medioevo. Nulla potrebbe sopravvivere a questa terra bruciata, se non cavalieri sui loro cavalli che preferiscono procedere sulle macerie della civiltà, piuttosto che vivere in essa. Now Lebanon Disrupting the cosmic clock The Middle East has transformed from modern states to nascent caliphates Washington wakes up in the morning to multiple events all over the world and finds itself forced to react to them. In the past, the opposite was true, but nowadays, Obama’s administration anxiously reacts to world events as opposed to setting the global agenda and forcing other countries to deal with the consequences. This is because America decided to ignore the world and become a state instead of a modern empire. A recent sign of Washington’s current tardiness is the late visit to Kiev by the head of the CIA. Plans had already been made and significant events had already taken place before the “seasoned” intelligence officer paid his visit, which was not intended to initiate but rather to enquire about outcomes. The Kremlin took advantage of this by implying that the US is hatching some scheme behind closed doors in Langley and that the Russian stance was but a response to these conspiracies. And despite the fact that Russia is leading a pack of bandit states, the US still bares the stigma of being the bad guy. Obama tried his best during his first term to improve America’s global standing after the crude animosity directed at it during the Bush years. But ever since he delivered his inaugural speech in Cairo, the president has seemed to have underestimated the level of mutual hatred and hostility that his predecessor’s wars in Iraq and Afghanistan would create in the hearts and minds of the “freed people.” Obama’s pro-modernity discourse, in the way it transforms “America the globalized empire” into “America the state,” lacks teeth. America’s democratization campaign in the Middle East has created deep divisions in Iraq over power, wealth, and welfare. Not only has the new mostly-Shiite majority bloc worked hard to monopolize power: the American campaign also destroyed the intellectual foundations of the “monstrous” modern state that was represented by the nationalist and pseudo-nationalist regimes in the region, particularly the Baath Party. When political conflict leaves the traditional milieu of secularist social class struggle for an ethno-sectarian one, the idea of state borders becomes obsolete. Therefore, in the Middle East, people are left with no option but to adopt a caliphate model to express their political ambitions. The death of two nations To share power in Iraq based on anachronistic notions of the modern state is simply unjust because what unites citizens in a modern state is starkly different from what unites Iraqi citizens today. As things stand, Shiite Iraqis and their Iranian counterparts certainly have a stronger bond than they do with their Sunni compatriots, and Iraqi Shiites see themselves as an extension of a new socio-geographic sectarian reality so much larger than that of Iraqi Sunnis. Sunnis, on the other hand, find their progressively-shrinking part of the power pie untenable as a minority in their own country while being able to connect with the larger tribal and sectarian regional allies against the new Shiite majority. Hence, since the way Iraqi society currently self-identifies harkens back to the Middle Ages, it is unfair to all factions to negotiate power along the lines of a modern state. Meanwhile in Syria, following Hezbollah’s footsteps, Jabhat al-Nusra is receiving growing sympathy from parties interested in the Syrian issue, largely as a result of the abject desperation that engulfs the Syrian people on the one hand, and Nusra fighters’ mix of battlefield success and diplomatic pragmatism on the other. There is fascination and horror in the way the fighters are portrayed in the war videos that Jabhat al-Nusra broadcasts to the outside world: tough, healthy, determined fighters, armed to the teeth atop mounds of rubble and destruction. These foreboding images might not be intentionally constructed, but one only needs to remember that before the war broke out three years ago, those piles of debris were cities that were among the oldest in the world, now filled with a sense of a horrific future to come. This is but a tiny continuation of what America previously in Iraq: destroying a modern state built to protect all its citizens and maintain its strength and stability in the prosperity of its cities. What happens in Syria today is a methodical disintegration of any salvageable components of a state upon which reconstruction could be possible. The Syria that was has been rightfully declared dead by many. However, no one is prepared yet to imagine the depth of its burial: the Syria of yesteryear was a center of civilization, while the Syria of today is a wasteland of militias. Mourning an empire Meanwhile, America has lost its hold on the cosmic clock since it changed its tactics from offense to retreat and decided to build a state in lieu of an empire. An American empire might be partial and cruel with sharp claws that could hurt regardless of whether the intent is to help or punish. However, it is the modern empire that made the resilience of modern states possible and provided fragile, troubled modern cities with the tools to survive and reproduce. Consequently, America’s decision to retreat into its state-making posture would throw the whole world, from Crimea through Chechnya to Syria and Yemen, into havoc. Nations far and near would lose their sense of importance and relevance created over centuries and become unnecessary burdens on the emerging empires of the new Middle Ages. Nothing would survive this burning region but knights on their horses who prefer to tread on the debris of civilization rather than live in it.
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