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Libia. Due parlamenti, due fronti di miliziani. Paese sull’orlo della guerra civile. E i francesi parlano di intervenire
Nel recente summit della Lega Araba, che si è svolto pochi giorni fa al Cairo, oltre che di Iraq e di Siria si è parlato anche della crisi in corso in Libia. Al termine della seduta il Segretario generale della Lega Araba, Nabil al-Arabi, ha chiesto “un intervento urgente” volto a mettere fine al caos che regna nel paese: da settimane infatti sono in corso pesanti scontri delle milizie islamiche, in particolare di Ansar al-Sharia, delle brigate 17 febbraio e della tribù di Misurata, contro quelle nazionaliste del generale Khalifa Haftar e della tribù di Zintan. Tuttavia è dall’epoca della Rivoluzione del 2011 che la Libia non conosce pace ed è oggi più che mai un territorio attraversato da venti di secessione delle macroregioni, criminali di ogni risma, trafficanti di armi e di uomini, miliziani qaedisti e persino gruppi di fedeli all’ancien regime. al-Arabi nel suo intervento ha spiegato che “La crisi di Tripoli ci spinge ad intervenire in collaborazione con le autorità libiche” per riportare la stabilità nel paese, ma fin dalla presa dell’aeroporto di Tripoli, avvenuta lo scorso 24 agosto, i deputati e il governo, che nel frattempo ha cambiato due volte premier (quello attuale è o “sarebbe” Abdullah al-Thani), si sono rifugiati a Tobruk, lasciando ministeri e istituzioni senza direttive. Non solo: nella capitale si è riunita la decaduta Assemblea nazionale costituente, la quale è composta in buona parte da islamisti: si è autoproclamata reggente della Libia, paese che così si trova ad avere due parlamenti che si ritengono entrambi legittimi e che considerano l’altro usurpatore dei poteri costituzionali. Costretto ad assestarsi su posizioni difensive, l’ex generale Khalifa Haftar ha fatto sapere che “I preparativi per le operazioni di Tripoli sono quasi ultimati e che è stato stabilito un coordinamento fra le forze provenienti da Zintan e gli aerei militari”. Mohamed Hegazi, portavoce dell’ex generale, ha dichiarato alla stampa che le operazioni verranno supervisionate dal nuovo capo di stato maggiore dell’Esercito, Abdel-Razzaq Nazuri. Khalifa Haftar è ritenuto essere dai suoi detrattori la longa manus della Cia in quanto nel 1987 era stato fatto prigioniero in Ciad, in occasione della Guerra delle Toyota, e da lì liberato dagli americani e portato negli Usa, per poi tornare nel 2011 in Libia e comandare in occasione della Rivoluzione la piazza di Bengasi. Oggi la capitale libica è in mano alle milizie islamiste che l’hanno conquistata cacciando, con l’operazione “Alba della Libia”, i miliziani della tribù di Zintan, che la controllavano fin dal dopo-rivoluzione. Oggi “Alba della Libia” indica il coordinamento delle milizie islamiste, per cui si stanno per confrontare nel paese nordafricano il fronte degli anti-islamista, guidato da Haftar, e quello degli islamisti, di Alba della Libia. E proprio gli islamisti hanno in più occasioni accusato l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti di sostenere e collaborare con gli anti-islamisti inviando persino aerei a compiere raid, ma il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi ha respinto ogni accusa e ha negato che le forze armate egiziane abbiano compiuto operazioni militari fuori dall’Egitto Dopo che dall’Italia il ministro della Difesa Roberta Pinotti è intervenuta in audizione davanti alle Commissioni riunite di Esteri e Difesa di Camera e Senato sulla grave situazione in cui versa la Libia affermando che “Vi è la possibilità, che alcune delle crisi, e penso in primo luogo alla crisi in Libia, possano degenerare ulteriormente, con effetti potenzialmente gravi sulla sicurezza dell’Italia”, anche il ministro della Difesa francese, Jean Yves Le Drian, ha paventato il rischio che i gruppi jihadisti assumano il controllo della Libia. Le Drian ha anche fatto notare che, “per quanto la Francia possa intervenire militarmente, non può agire da sola in questa operazione”. Ha poi aggiunto che “La Libia è la mia preoccupazione fondamentale in quanto è un Paese completamente destrutturato e, nello stesso tempo, è la porta dell’Europa, la porta dell’Africa”. Le Drian ha ipotizzato l’impiego del contingente attualmente dispiegato in Mali, paese al momento stabilizzato dopo l’intervento nell’Azawad contro i secessionisti del Mlna e gli islamisti di al-Qaeda Aqmi e dell’Ansar Dine: si tratterebbe di far salire i militari attraverso il territorio algerino, dal momento che gli algerini “sono grandi attori in questa regione e hanno anch’essi interesse” a fermare l’offensiva jihadista. Va ricordato che in occasione del G8 di Lough Erne, ormai più un anno fa, l’Italia era stata chiamata ad intervenire della difficile situazione libica e il 4 luglio del 2013 l’allora premier libico Alì Zeidan e quello italiano Enrico Letta si erano incontrati a Roma per discutere di accordi volti a rimettere in sicurezza il Paese; militari libici sono stati addestrati da quelli italiani a Cassino ed in altri centri. Oltre agli accordi per la sicurezza, sul piatto anche 110 mld di dlr di appalti precedentemente stipulati (circa 11mila contratti) e la ripresa delle opere di costruzione delle infrastrutture lasciate a metà dalle ditte straniere a causa della rivoluzione. L’unica rappresentanza diplomatica occidentale ancora aperta è quella italiana, mentre quella statunitense è stata occupata dai miliziani islamisti di Alba della Libia, che vi bivaccano, ufficialmente, come ha spiegato il loro comandante Hassan Ali, “per garantire la sicurezza di questo posto e abbiamo conservato quanto abbiamo potuto”.
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