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30 luglio 2014

Il generale ribelle non piega gli islamisti.
di Davide Vannucci

Il sottosegretario Minniti chiede un Alto rappresentante delle Nazioni Unite per la crisi a Tripoli: «Dev'essere un ex premier»

Quella di Tripoli, nel secondo giorno della festa di Eid al Fitr, che chiude il mese di Ramadan, è una calma irreale, non la classica quiete dopo la tempesta, ma la fotografia di una città fantasma: negozi e caffè in buona parte chiusi, montagne di spazzatura, traffico ai minimi termini, mentre il principale deposito di benzina della capitale, colpito da un razzo, continua a bruciare, rischiando di causare un disastro ambientale. Dopo settimane di combattimenti tra le milizie di Zintan e quelle di Misurata, per il controllo del maggiore aeroporto cittadino, l’orologio della storia sembra essere tornato indietro di tre anni, alla guerra civile del 2011.

L’evacuazione dell’ambasciata degli Stati Uniti, letta simbolicamente come una seconda Saigon, il segno di un disimpegno americano, ha mostrato quanto lontane siano le speranze dell’ottobre 2011, quando, caduto Gheddafi, sembrava che per la nuova Libia si sarebbero aperte “magnifiche sorti e progressive”, grazie alle sue enormi potenzialità energetiche. E invece, venuto meno il pugno di ferro del Colonnello, con il progressivo distacco dell’Occidente, l’ex colonia italiana è diventata una terra senza legge, in mano alle milizie.

Ora si vanno chiarendo due fronti, uno islamista e uno anti-islamista, ma i due campi non sono affatto omogenei, e l’impressione è quella di un “tutti contro tutti”: Zintan contro Misurata, il generale ribelle Khalifa Haftar contro i jihadisti della Cirenaica e il governo che, dal canto suo, non riconosce Haftar, ma a sua volta è impegnato, con scarse fortune, a stroncare il fondamentalismo.

La campagna del militare dissidente, salutato a maggio come un possibile al Sisi libico, l’uomo che avrebbe riportato l’ordine necessario alla ripresa economica, si sta impantanando. A Bengasi le milizie islamiste di Ansar al Sharia, il principale nemico di Haftar, sono riuscite a strappare la caserma delle forze di al Saiqa, la più importante della città, al generale “freelance”, che ha perso addirittura un aereo, schiantatosi a terra ad est della città.

Adesso, intanto, bisogna scongiurare il disastro ambientale del rogo di Tripoli. Il governo di Roma, assieme all’Eni, ha provveduto ad inviare sette Canadair anti-incendio per domare le fiamme. Poi, come ha chiarito ieri davanti alla Commissione difesa del senato Marco Minniti – sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega all’intelligence – si dovrà fermare il conflitto tra milizie. Come? Minniti ha auspicato un impegno diretto delle Nazioni Unite, con la nomina di un Alto Rappresentante Onu per la Libia, «che sia un ex capo di stato o di governo». Ma allo stato attuale è difficile immaginare una missione internazionale nell’ex colonia italiana.

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