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21 maggio 2014

Il golpe in Libia? Dipende anche dalle elezioni di lunedì in Egitto
di Davide Vannucci

Il generale libico Khalifa Hiftar godrebbe dell'appoggio dell'egiziano Abdel Fattah al Sisi. La sua vittoria nelle presidenziali della prossima settimana avrà ricadute anche a Tripoli

Per districarsi nel caos libico è utile leggere l’intervista rilasciata al giornale arabo Asharq al Awsat da Khalifa Hiftar, il generale in pensione che ha lanciato la maxi-operazione di guerra a Bengasi: «È una purga che ci libererà completamente dalla malattia islamista. Non stiamo cercando una riconciliazione». Parole che sembrano uscite dalla bocca di Abdel Fattah al Sisi, il leader dei militari egiziani che la scorsa estate hanno deposto il presidente Mohamed Morsi, membro della Fratellanza musulmana. Nei mesi successivi Sisi ha fatto di tutto per mostrare la propria volontà di non-riconciliazione.

«C’è una crisi di sicurezza e la colpa è della Fratellanza», ha ribadito Hiftar, che comanda l’auto-proclamato Esercito nazionale libico. Impossibile non leggere queste frasi in relazione all’Egitto, che proprio tra qualche giorno – il 26 e il 27 maggio, per l’esattezza – va alle urne per scegliere il nuovo presidente. O meglio, per sanzionare ufficialmente il potere dello stesso Sisi, quasi un candidato unico. I primi dati, relativi agli egiziani che hanno votato all’estero, parlano di percentuali crimeane, superiori al novanta per cento.

In Libia lo scenario si allontana sempre più dal quadro tunisino, in cui laici e islamisti hanno superato le divergenze, cooperando per scrivere la nuova Costituzione, e si avvicina al modello del Cairo, dove i movimenti secolari e quelli religiosi si trovano su fronti contrapposti. Le differenze tra i due paesi sono evidenti: le forze armate egiziane sono il tradizionale fulcro del potere, mentre in Libia l’esercito è una sorta di simulacro, e si calcola che ci siano circa 1200 milizie private. Al momento, poi, non è possibile sapere “quante legioni” abbia Hiftar, il quale ha sottolineato peraltro che la sua intenzione non è prendere il potere, ma stroncare la jihad.

Il fil rouge con l’Egitto funziona da un altro punto di vista, a tal punto che molti analisti hanno individuato la mano di Sisi nel lancio dell’operazione di Hiftar. Al Cairo sono molto preoccupati della progressiva trasformazione dell’est libico in un nuovo santuario del terrorismo, che accoglie i militanti da tutta l’area, Siria compresa: gli jihadisti potrebbero varcare il confine e seminare il caos, tanto più che  in Egitto i Fratelli musulmani sono finiti fuori legge.

In Libia tribù e militari si stanno posizionando all’interno dello scontro tra Hiftar e il governo, che ha sconfessato apertamente la sua operazione. Le milizie di Zintan sostengono il generale e hanno lanciato l’assalto al parlamento di Tripoli tre giorni fa, quelle di Misurata sono a fianco del governo. Il nuovo premier, Ahmed Maiteeq, è stato designato grazie al voto della sezione libica della Fratellanza e lunedì l’esecutivo ha chiamato alcune brigate islamiste ad operare nella capitale. Il confronto si estende all’intero contesto regionale: l’Algeria, ad esempio, si è detta pronta ad intervenire a difesa della Libia in caso di un’invasione egiziana.

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