L'Huffington Post
30/10/2014

Israele: dopo 50 giorni di carcere, l'obiettore di coscienza 19enne entra in sciopero della fame: "No all'occupazione"

I drammatici sviluppi degli ultimi giorni, dopo l'annuncio di Israele della pianificazione di nuovi insediamenti a Gerusalemme est, non hanno fatto altro che rafforzare le convinzioni di Udi Segal, il diciannovenne israeliano finito in carcere per non aver voluto fare il servizio militare. L'obiezione di coscienza gli è già costata cinquanta giorni di prigione militare - secondo quanto scrive il quotidiano israeliano Haaretz. Ora il ragazzo - su cui potrebbe presto piombare un'altra pena detentiva - ha iniziato anche uno sciopero della fame.

"Ho deciso di entrare in sciopero della fame perché credo che la mia carcerazione sia illegittima", ha spiegato Udi ad Haaretz. "Il mio rifiuto di fare la recluta è basato su motivi ideologici, soprattutto per via dell'occupazione. Ho deciso di non fare il servizio militare perché non voglio far parte di nessun apparato militare. Ho frequentato una scuola ebreo-araba, e prima di essere chiamato alle armi ho realizzato che unendomi all'esercito avrei buttato al vento tutto ciò che avevo imparato, visto che la coesistenza e l'occupazione non possono andare assieme".

Un'altra ragione - ha aggiunto il diciannovenne - è che "né io né i palestinesi abbiamo scelto il controllo dei territori da parte di Israele". E per i palestinesi "vivere sotto questa occupazione significa vivere senza libertà".

Malgrado la sua giovane età, non è la prima volta che Udi finisce in un carcere militare. Le altre volte, però, i periodi di detenzione erano stati più brevi, tra i dieci e i venti giorni. "Stare in carcere non mi ha fatto cambiare opinione, mentre gli altri carcerati hanno incontrato per la prima volta idee diverse e un obiettore di coscienza. Spesso, la loro prima reazione è stata: 'Mi sarebbe piaciuto essere stato in gamba come te e non essere entrato nell'esercito'. Servire nell'esercito e poi finire in prigione ha fatto realizzare loro che forse non valeva la pena 'contribuire' al Paese in quel modo".

La speranza di Udi è di venir dispensato dal servizio militare e di poter tornare al Kibbutz Tuval in Galiea. Spera di poter condurre una vita indipendente e libera, continuando a essere politicamente attivo. La sua famiglia è divisa sulla sua decisione, che fece grande scalpore nel corso dell'estate, nei giorni più drammatici dell'operazione Protective Edge. "Sono preoccupati soprattutto per le implicazioni future di questa mia decisione di vivere in Israele senza fare il servizio militare". Udi ha due fratelli più grandi, entrambi sono arruolati nelle forze della difesa.

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