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http://972mag.com
August 27, 2014

Ora è il momento per gli ebrei americani di farsi sentire da Israele
di Abraham Gutman

Come ogni israeliano negli Stati Uniti, ho imparato che criticare Israele non è un'opzione per molti ebrei americani. Ma c'è un modo legittimo di criticare la politica di Israele, e se vi preoccupate per qualcuno o qualcosa non vorrete lasciarlo andare fuori strada.

Eravamo seduti di fronte ad una laguna nella parte superiore di un vulcano in Costa Rica. Eravamp felici di avere un pò di riposo dopo l'escursione di tre ore, e abbiamo fatto una breve nuotata nell'acqua gelida. Con noi c'era un gruppo di turisti con una guida locale. C'era un olandese, alcuni americani, un gruppo di canadesi e due donne tedesche. Dopo il bagno abbiamo mangiato il nostro pranzo prima dell'escursione verso il basso. Mentre chiacchieravamo, la guida mi ha chiesto da dove venivo. Israele, risposi, e lui subito ha risposto, "Abbiamo un sacco di israeliani qui, sono i peggiori clienti."

Per gli ultimi due anni ho vissuto a New York, dove ho imparato che beffarsi degli israeliani o di Israele non è solo qualcosa che la gente fa. Ogni conversazione su Israele viene fornita del bagaglio, sia esso storico, politico o religioso. Di solito quando la gente mi parla di Israele scelgono le loro parole con molta attenzione, in quanto ogni parola può cambiare il tono, e cambiando il tono può trasformare la conversazione. La guida Costa Ricana rise quando mi disse che gli israeliani sono i peggiori clienti. Lui era l'unico a ridere.

Con la guida ho poi proceduto ad entrare in una discussione irrisolvibile sugli israeliani. La verità è che lui era morto. Nel momento in cui ho iniziato a ridere alle sue precise osservazioni, altri pure cominciarono a ridere; vedendo la mia risata come il loro permesso di ridere. Era la prima volta che qualcuno al di fuori di Israele, era onesto con me circa gli israeliani. Non c'era nessun tono di fondo, nessun contesto politico, senza storia, solo una guida turistica che trovava divertente che gli israeliani pensassero che nulla è difficile perché hanno servito nell'esercito, o come si possa sempre seguire i consigli di un altro israeliano, anche su qualcuno che chiaramente la sa più lunga, come una guida turistica, per esempio. C'è un modo per criticare il popolo israeliano, anche scherzosamente, senza nascondere contesti. E’ un peccato che questo possa avvenire solo su un vulcano in Costa Rica.

Negli Stati Uniti ho imparato che criticare Israele non è un'opzione per molti ebrei americani. Ma proprio perchè c'è un modo per criticare il popolo israeliano, ci deve essere anche un modo legittimo di criticare la politica di Israele. Molti dicono che se critico Israele metto in discussione la mia lealtà per il mio paese o il mio amore per esso. Si sbagliano. Critico Israele perché credo che quando ci si cura di qualcuno o di qualcosa non lo si lasci andare fuori strada. E io non sono l'unico. Durante l'offensiva di Israele su Gaza, Operazione Bordo di Protezione, un gruppo di israeliani che vivono a New York City ha pubblicato una lettera alla comunità ebraica americana, dichiarando: "La convinzione che essere pro-Israele significa acriticamente sostenere le azioni militari del governo israeliano non aiuta il popolo israeliano." Nel giro di pochi giorni, 230 israeliani avevano firmato la lettera, che invitava gli ebrei americani ad essere critici quando si parla di Israele, ed empatici per le vite di quattro milioni di palestinesi che sono costretti a vivere sotto occupazione militare.

Gli utenti dei social media contribuiscono alla polarizzazione tra chi è pro-Israele e chi pro-palestinese. Con tutto quello che succede sui social network, è difficile far sentire la propria voce. Ma c'è un'altra voce: Le campagne dei social media, come ad esempio #JewsAndArabsRefuseToBeEnemies, in cui arabi, ebrei e persone di tutto il mondo parlano del perché credono nella pace, stanno cercando di amalgamare un pò di quella polarizzazione.

Per giungere a una soluzione pacifica, noi, il popolo di Israele e Palestina, così come coloro che possono influenzare l'opinione pubblica in tutto il mondo, dovremmo muoverci verso una forma più civile e pacifica di impegno. Forse la prossima volta che sentiamo qualcuno criticare Israele, ci immaginiamo che siamo sulla cima di un vulcano in America Centrale, e che le parole che escono dalla bocca di quella persona sono tutto ciò che lui o lei intendono. Forse allora possiamo parlare di ciò che conta davvero.


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August 27, 2014

Now is the time for American Jews to speak up on Israel
By Abraham Gutman

As an Israeli in the U.S. I learned that criticizing Israel is not an option for many American Jews. But there is a legitimate way to criticize Israeli policy, and if you care about someone or something you won’t let it go astray.

We were sitting in front of a lagoon at the top of a volcano in Costa Rica. We were happy to get some rest after the three-hour hike, and took a short swim in the freezing water. With us was a group of tourists along with a local guide. There was a Dutch man, some Americans, a group of Canadians and two German women. After the swim we ate our lunch before the hike back down. As we chatted the guide asked me where I was from. “Israel,” I answered, and he immediately responded, “We have a lot of Israelis here, they are the worst clients.”

For the past couple of years I have been living in New York City, where I have learned that mocking Israelis or Israel is just not something that people do. Every conversation about Israel comes with baggage, be it historical, political or religious. Usually when people talk to me about Israel they chose their words very carefully, as every choice of word can change the tone, and changing the tone can transform the conversation. The Costa Rican guide laughed when he told me that Israelis are the worst customers. He was the only one laughing.

The guide and I then proceeded to get into a back-and-forth about Israelis. The truth is that he was dead on. The moment I started laughing at his precise observations, others began laughing as well; they saw my laughter as permission for them to laugh. It was the first time that someone outside of Israel was honest with me about Israelis. There was no underlying tone, no political context, no history – just a tour guide who found it funny that Israelis think nothing is difficult because they served in the army, or how we will always take the advice of another Israeli even over someone who clearly knows better (like a tour guide, for example). There is a way to criticize Israeli people, even jokingly, without a hidden context. How unfortunate that this can only happen on a volcano in Costa Rica.

In the U.S. I learned that criticizing Israel is not an option for many American Jews. But just like there is a way to criticize Israeli people, there must be a legitimate way to criticize Israeli policy. Many people say that if I criticize Israel my loyalty to my country or my love for it is questioned. They are wrong. I criticize Israel because I believe that when you care for someone or something you don’t let it go astray. And I am not the only one. During Israel’s offensive on Gaza, Operation Protective Edge, a group of Israelis living in New York City published a letter to the American Jewish community, which stated: “The belief that being ‘pro-Israel’ means uncritically supporting the actions of the Israeli government and military does not help the Israeli people.” In the span of just a few days, 230 Israelis had signed the letter, which called on American Jews to be critical when discussing Israel, and empathetic to the lives of the four million Palestinians who are living under military occupation.

Users of social media contribute to the polarization between those who are pro-Israel and pro-Palestinian. With so much happening on social networks, it’s hard to make one’s voice heard. But there is another voice: Social media campaigns, such as #JewsAndArabsRefuseToBeEnemies – in which Arabs, Jews and people from all over the world talk about why they believe in peace – are trying to diffuse some of that polarization.

To reach a peaceful solution, we, the people of Israel and Palestine, as well as those who can affect public opinion all over the world, should move toward a more civil and peaceful form of engagement. Perhaps the next time we hear someone criticize Israel, we will imagine that we are on the top of a volcano in Central America, and that the words coming out of that person’s mouth are all he or she means. Maybe then we can talk about what really matters.


Abraham Gutman is originally from Tel Aviv, and is currently enrolled in a dual BA/MA program in economics in New York City. He tweets from @abgutman.

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