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Now Lebanon Netanyahu chiude la porta alla pace? Era solo un atteggiamento del premier israeliano, quello di Venerdì scorso, oppure la sua prospettiva è brutta come sembra? Mentre a Gaza infuriava l'ultimo round di violenze e attacchi tra Israele e i militanti palestinesi, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sembra escludere qualsiasi reale prospettiva che possa mai sostenere una soluzione a due stati. Come riportato da David Horovitz del Times of Israel, Netanyahu ha detto, Venerdì scorso in una conferenza stampa: "Penso che il popolo israeliano capisca ora ciò che dico da sempre, che non ci può essere una situazione, nell'ambito di un accordo, in cui cedere il controllo della sicurezza del territorio ad ovest del fiume Giordano". In effetti, questo significa "no" a qualsiasi stato sovrano palestinese. Sembra dar ragione a quelli che non hanno mai creduto che Netanyahu fosse sincero nel suo discorso del Giugno 2009 a Bar-Ilan e nelle dichiarazioni successive che supportavano la pace sulla base di uno Stato palestinese dopo anni di opposizione. Tali critici ricordano che in un colloquio privato agli israeliani, nel 2001, Netanyahu si è vantato che nel suo primo mandato come primo ministro aveva "de facto posto fine agli accordi di Oslo". Quindi, Netanyahu, è un sopravvissuto politico consumato e un deal-maker, o si atteggia di nuovo? I suoi commenti della scorsa settimana, che sono così devastanti per tutti i palestinesi, gli israeliani ed altri impegnati per la pace israelo-palestinese, sono da leggere alla luce delle passioni del momento, del conflitto che li ha contestualizzati? O sono, come molti temono, e con profonda riluttanza infine concludono, un impegno sincero e solido di fronte al pubblico israeliano che, sotto la sua vigilanza, Israele non accetterà mai uno Stato palestinese realmente indipendente, al di là di ciò che Netanyahu avrebbe detto o accennato in passato? La profonda storia dell'uomo stesso, la sua politica, e quella del suo paese al momento non sono incoraggianti. Tutti militano verso la seconda, buia e deprimente lettura. Ma Netanyahu non ha offerto una visione del futuro al di là di questa affermazione che Israele non avrebbe mai ceduto il controllo della sicurezza in Cisgiordania. Infatti, non ha alcuna visione? Sembra di no, a meno che non sia semplicemente la continuazione indefinita dello status quo. Se questo è ciò che ha in mente, almeno per il resto della sua carriera politica, allora la sua affermazione può essere intesa in senso strumentale. Il conflitto con Hamas ha dato slancio al gruppo islamico nella vita politica palestinese, almeno nell’istante presente, nonostante la devastazione che ha causato al sul popolo, la lunga sofferenza degli innocenti di Gaza. In questa luce, i commenti di Netanyahu affrontano ancora un altro duro colpo per l'Autorità Palestinese (PA) e l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), e anzi a tutti coloro che sono impegnati per la pace basata su due Stati. Come tale, la logica di chi sostiene che l'approccio di Netanyahu è quello di danneggiare, ma non rovesciare Hamas a Gaza; emarginare e indebolire la PA a Ramallah; e confondere gli Stati Uniti con false promesse di interesse nella pace sembra essere fortemente confermata dai recenti avvenimenti e dichiarazioni. Infatti, Amir Oren di Haaretz si spinge fino a sostenere che Netanyahu ora cerca tre stati per due popoli: Israele, e due mini-stati palestinesi privi di potere; uno a Gaza e l'altro nella zona A della Cisgiordania. Questo è certamente ciò che sta emergendo ora, e dei tre, la PA, che sembra essere l'unica con un chiaro impegno per la pace, è la più indebolita politicamente, impotente e vulnerabile. Ma cosa implica l'affermazione di Netanyahu sul controllo della sicurezza? Solo una delle due cose: o Israele finirà per incorporare un gran numero di nuovi cittadini palestinesi, al punto che non sarà più uno stato ebraico, nemmeno in teoria; o Israele adotterà l'accordo temporaneo "separato e diseguale" nei territori palestinesi occupati per poterlo rendere permanente. Lo Statuto di Roma fornisce una chiara definizione di un accordo di tale stabilità, a differenza, ad esempio, di un'occupazione temporanea. Si chiama "crimine di apartheid". Così Netanyahu vuole il controllo della sicurezza, che significa terra di governo, il che significa nessuno stato palestinese. Ma né lui né nessun altro israeliano è stato in grado di proporre una formula diversa dai due stati che ponga fine al conflitto e permetta a Israele di restare ebraico o democratico, figuriamoci entrambi. Quindi, la risposta è, a lungo andare, nessuna risposta. E' possibile che Netanyahu abbia voluto assecondare il pubblico in un momento di guerra, o abbia picchettato una posizione di forza che può essere negoziata al ribasso. Ognuno con qualche speranza per un futuro migliore, deovrebbe desiderare ferventemente che questo sia il caso, e la porta non dovrebbe mai essere chiusa a tale lettura. Calcoli e posizioni, dopo tutto, cambiano con le circostanze. Ma, purtroppo, è anche possibile che lo scorso Venerdì Netanyahu davvero abbia apertamente annunciato che non riesce a immaginare un accordo di pace vero e proprio, almeno per ora. Mentre né lui né nessun altro ha qualche alternativa valida, una pace basata su due stati resta l'unica soluzione per un ulteriore conflitto, come attualmente mostra, macabra, Gaza. Now Lebanon Did Netanyahu close the door on peace? Was the Israeli PM posturing last Friday or is his outlook as bleak as it seems? As the latest round of violence and attacks between Israel and Palestinian militants in Gaza was raging, Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu seemingly ruled out any real prospect that he would ever support a two-state solution. As reported by David Horovitz of the Times of Israel, Netanyahu told a press conference last Friday: “I think the Israeli people understand now what I always say: that there cannot be a situation, under any agreement, in which we relinquish security control of the territory west of the River Jordan.” In effect, this means "no" to any sovereign, viable Palestinian state. It seems to vindicate those who never believed Netanyahu was sincere in his June 2009 Bar-Ilan speech and subsequent declarations that he now supports peace based on a Palestinian state after years of opposing it. Such critics recall that in a private talk to Israelis in 2001, Netanyahu boasted that in his first term as prime minister he had "de facto put an end to the Oslo Accords.” So, is Netanyahu, the consummate political survivor and deal-maker, posturing again? Are his comments from last week, which are so devastating to all Palestinians, Israelis and others committed to a viable Israeli-Palestinian peace, to be read in the light of the passions of the moment, of the conflict that contextualized them? Or are they, as so many will both fear and with the deepest reluctance finally conclude, a sincere and solid commitment to the Israeli public that, under his watch, Israel will never accept a genuinely independent Palestinian state no matter what Netanyahu has said or hinted in the past? The deep history of the man himself, his politics, and those of his country at the moment are not encouraging. They all militate towards the second, dark and depressing reading. But Netanyahu did not offer any vision of the future beyond this statement that Israel would never relinquish security control in the West Bank. Indeed, does he have a vision at all? It seems not, unless it's simply the indefinite continuation of the status quo. If that is what he has in mind, at least for the remainder of his own political career, then his statement can be understood in an instrumental sense. The conflict with Hamas has given the Islamist group momentum in Palestinian political life, at least in the present instant, despite the devastation being wrought on the long-suffering and innocent people of Gaza. In this light, Netanyahu's comments deal yet another body blow to the Palestinian Authority (PA) and Palestine Liberation Organization (PLO), and indeed to all those committed to peace based on two states. As such, the logic of those who argue that Netanyahu's approach is to damage, but not overthrow, Hamas in Gaza; marginalize and emasculate the PA in Ramallah; and bamboozle the United States with false pledges of interest in peace seems to be greatly vindicated by recent events and statements. Indeed, Amir Oren of Haaretz goes as far as to argue that Netanyahu now seeks three states for two peoples: Israel, and two disempowered Palestinian mini-states; one in Gaza and the other in Area A of the West Bank. That's certainly what is emerging now, and of the three, the PA which seems to be the only one with a clear commitment to peace is the most politically weakened, disempowered and vulnerable. But what does Netanyahu's statement about security control imply? Only one of two things: either Israel will end up incorporating a vast number of new Palestinian citizens, to the point that it is no longer a Jewish state even in theory; or Israel will take the temporary "separate and unequal" arrangement it oversees in the occupied Palestinian territories and make it permanent. The Statute of Rome provides a clear definition of such a permanent arrangement, as opposed, for example, to a temporary occupation. It's called the "crime of apartheid." So Netanyahu wants security control, which means ruling land, which means no Palestinian state. But neither he nor any other Israeli has been able to propose any formula other than two states that would end the conflict and allow Israel to remain either Jewish or democratic, let alone both. So, his answer is, in the long run, no answer at all. It's possible that Netanyahu was either pandering to the public at a time of war, or was staking out a strong position that can be negotiated down. Everyone with any hope for a better future must fervently wish this to be the case, and the door should never be closed to that reading. Calculations and positions, after all, change as circumstances do. But, unfortunately, it's also possible that last Friday Netanyahu really did openly announce that he cannot imagine a real peace agreement, at least for now. While neither he nor anyone else has any viable alternative, peace based on two states remains the only solution to further conflict such as currently on gruesome display in Gaza and beyond.
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