english version below
Al Ghad newspaper Al Aqsa e il ruolo della Giordania Il parlamento israeliano avrebbe dovuto discutere la proposta di revocare la custodia Giordana e la sovranità su Al Aqsa Martedì scorso, il ruolo della Giordania verrebbe sostituito da un’amministrazione israeliana. Anche se il dibattito è stato annullato all'ultimo momento in seguito alle proteste da parte del governo di Amman, il problema resta grave. Ci sono stati innumerevoli tentativi israeliani di ebraicizzare Al Aqsa e per rimuovere la sua identità araba e musulmana. Israele sa bene che non esiste una vera e propria custodia giordana o sovranità sul Nobile Santuario e che il suo ruolo non supera quello che noi chiamiamo di amministrazione religiosa. Tuttavia, questa è la prima volta che il ruolo della Giordania per quanto riguarda i luoghi santi di Gerusalemme è stato preso di mira in questo modo, ed a questo livello, dal momento dell'accordo di pace di Wadi Araba con Israele due decenni fa. Suggerisco tre possibili interpretazioni di questo sviluppo. La prima è che questo è un passo proattivo da parte del governo israeliano in risposta alle pressioni esercitate su Israele per quanto riguarda la futura amministrazione della Città Vecchia, come parte di un accordo di status finale. Un certo numero di proposte sono state fatte, come la sovranità congiunta, la sovranità internazionale o nessuna sovranità sotto l'amministrazione di un terzo. La seconda possibilità è che si tratta di una contromossa per bloccare il regime giordano dall’eseguire l'ultimo accordo siglato con l'Autorità palestinese, dove Re Abdullah II ha giurisdizione su Gerusalemme. Il terzo e più pericoloso scenario sarebbe che questo sviluppo non avesse alcuna relazione con gli accordi sullo status finale o anche con la proposta quadro del Segretario di Stato americano John Kerry, ma che sia parte della sistematica e strisciante attività sionista di annessione, di Gerusalemme e tutte le altre terre palestinesi. La questione di Gerusalemme è molto più difficile di quella dei profughi, degli insediamenti e dei confini. E' molto più complicata. Per esempio, il passaggio dal concetto di sovranità a quello di amministrazione, significa che Israele avrebbe richiesto che la sua attuale sovranità fosse effettiva anche sui luoghi sacri, e che i palestinesi e la Giordania la riconoscessero, ma consentendo ad un terzo di essere presente. Questo è il motivo per cui è importante prestare attenzione alla grandezza dell’obiettivo, cioè di sostituire la giurisdizione religiosa esclusiva della Giordania, che è, al momento e in termini pratici, la gestione dei luoghi sacri sotto la sovranità israeliana. I tentativi di cambiare questa esclusiva, da parte del Vaticano o di qualsiasi altra parte, sarebbe un percorso serio che si fa strada per tutele multiple, minacciando i luoghi santi e facilitando la strada di Israele per dividere la moschea di Al Aqsa tra musulmani ed ebrei. Se il dibattito alla Knesset finalmente andasse avanti, potrebbe essere il segnale per lanciare una difficile battaglia politica e giuridica, che potrebbe includere mutevoli fatti sul terreno, che è l'aspetto più grave. La giudaizzazione di Israele ,di Gerusalemme Est e di Al Aqsa è aumentata ad un ritmo senza precedenti negli ultimi cinque anni, con l'idea della ricostruzione del Tempio ebraico che sta acquistando slancio politico, giuridico e dei media nella politica israeliana. Non più tardi degli anni Novanta, i sostenitori di questa idea erano una minoranza, ma ora sono diventati un potere politico che contribuisce a formare governi di coalizione. Nel frattempo, le minacce all'identità demografica della città sono in aumento attraverso lo spostamento di masse, la deportazione e la detenzione dei suoi residenti palestinesi che devono affrontare condizioni economiche molto difficili e l'aumento della povertà, il 77 per cento delle famiglie palestinesi a Gerusalemme vive sotto la soglia ufficiale di povertà. Questo significa che dobbiamo conoscere esattamente e chiaramente ciò che vogliamo raggiungere con la questione di Gerusalemme, e quali sono i limiti delle nostre responsabilità religiose, nazionali e morali verso la città, i luoghi sacri e le persone. Al Ghad newspaper Al-Aqsa and the role of Jordan: why now? The Israeli parliament was supposed to discuss a proposal to withdraw Jordanian custodianship and sovereignty over Al-Aqsa Mosque last Tuesday; Jordan's role would be replaced by an Israeli administration. Although the debate was cancelled at the last moment following protests from the government in Amman, the issue remains serious. There have been countless Israeli attempts to Judaise Al-Aqsa and to remove its Arab and Muslim identity. Israel knows full well that there is no real Jordanian custodianship or sovereignty over the Noble Sanctuary and that its role does not exceed what we call religious administration. Nevertheless, this is the first time that Jordan's role with regards to Jerusalem's holy places has been targeted in this way, and at this level, since the Wadi Araba peace agreement with Israel two decades ago. I suggest three possible interpretations of this development. The first is that this is a proactive step by the Israeli government in response to pressures put on Israel regarding the future administration of the Old City as part of a "final status" agreement. A number of suggestions have been made, such as joint sovereignty, international sovereignty or no sovereignty under the administration of a third party. The second possibility is that it is a counter move to block Jordanian arrangements that may follow the latest agreement signed with the Palestinian Authority which gave King Abdullah II jurisdiction over Jerusalem. The third and more dangerous scenario would be that this development has no relation to final status arrangements or even to US Secretary of State John Kerry's framework proposal, but that it is part of systematic Zionist activity and creeping annexation that targets Jerusalem and all other Palestinian land. The Jerusalem file is far more difficult than that of the refugees, settlements and borders. It is much more complicated with, for example, the move from the concept of sovereignty to administration, meaning that Israel would demand that it continues with its current actual sovereignty over holy sites, and the Palestinians and Jordan acknowledging that, while allowing a third party to be present. This is why it is important to pay attention to the magnitude of targeting the exclusive religious jurisdiction given to Jordan, which is, at the moment and in practical terms, managing the holy sites under Israeli sovereignty. Attempts to touch this exclusivity by the Vatican or any other party will make way for multiple guardianships; that would be a serious path to take, threatening the holy sites and paving the way for Israel to divide Al-Aqsa Mosque between Muslims and Jews. Should the Knesset debate eventually go ahead, it could be the signal to launch a difficult political and legal battle, which could include changing facts on the ground; that is the most serious aspect. Israel's Judaisation of East Jerusalem and Al-Aqsa has been increasing at an unprecedented pace for the past five years, with the idea of the rebuilding of the Jewish Temple gaining political, legal and media momentum in Israeli politics. As recently as the nineties, supporters of this idea were a minority but now they've become a political power that helps to form coalition governments. Meanwhile, threats to the demographic identity of the city are increasing through mass displacement, deportation and detention of its Palestinian residents who face very difficult economic conditions and increasing poverty; 77 per cent of Palestinian families in Jerusalem live below the official poverty line. This means that we have to know exactly and clearly what we want to achieve with the Jerusalem file, and what the limits are of our religious, national and moral responsibilities towards the city, the holy sites and the people. |
|