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Pozzi contaminati e fame nel carcere a cielo aperto Ora il mondo torna a ricordarsi di Gaza. Ora che ricomincia la con- ta dei morti e dei feriti nei raid aerei israeliani. Ora che i venti di guerra tornano a soffiare in Medio Oriente. Ma la tragedia permanente di Gaza è nella sua terribile, angosciante, invivibile «normalità». Ragazzini - Un milione e settecentomila abitanti, il 54% ha meno di 18 anni. Di quel milione e 700mila - di cui un terzo sotto la soglia di povertà - 1.303.015 sono rifugiati registrati dall’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. La fame - Tra le merci proibite anche pasta, riso datteri e marmellata. Nemme- no al tuo peggior nemico puoi augurare di «vivere» in questa prigione sventrata, con le fogne a cielo aperto, con i bambini che giocano a scalare montagne di rifiuti in una gabbia ridotta ad un cumulo di macerie, isolata dal mondo. La sete - Il caldo soffocante moltiplica il bisogno di acqua. Quasi un miraggio, un bene divenuto di lusso dopo anni di embargo. Perché nella Striscia il 90% dei pozzi è chimi- camente contaminato e l’acqua di casa non è potabile, per cui la gente è costretta a comprare acqua da privati. Neanche al tuo peggior nemico puoi augurare di «vivere» a Gaza. Di vivere in un paesaggio lunare, fatto di crateri che si susseguono per chilometri. «Le coste di Gaza - racconta padre Raed Abusahlia, direttore generale di Caritas Jerusalem - rappresentano ormai da tempo un disastro ecologico: tutti gli scarichi finiscono a mare, l’acqua è nera e emana un odore nauseabondo, i pesci sono tutti morti e i pescatori non possono andare a pescare in mare aperto per l’embargo. Manca la benzina, l’elettricità va via per ore e ore creando situazioni di emergenza negli ospedali». Un Paese di bambini - La realtà di Gaza supera ogni metafora - prigione, gabbia, inferno utilizzata per raccontare di una striscia di terra popolata da 1.727.069, secondo l’ultimo censimento, oltre la metà minorenni. Gaza dove - secondo una recente ricerca dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi - il numero delle persone che non hanno alcuna sicurezza per l’accesso al cibo e che non dispongono dei mezzi per procurarsi i beni più essenziali come il sapone o l’acqua pulita, è triplicato dall’imposizione del blocco da parte israeliana nel giugno 2007. Gaza, dove 680mila rifugiati vivono in condizioni di povertà degradante contro 100mila all’inizio del 2007, con un tasso di disoccupazione tra i più alti al mondo: 46,8%. Gaza, dove il blocco - come denuncia la Croce Rossa - «continua ad ostacolare gravemente» il trasferimento nella Striscia di attrezzature mediche essenziali, ponendo a rischio le cure immediate e le terapie a più lungo termine di migliaia di pazienti. Gaza, dove il 90% della popolazione dipende dagli aiuti alimentari distribuiti dalle agenzie dell’Onu. Gaza, uno dei territori che vanta una delle più alte densità di popolazione mondiali (5,6 abitanti per chilometro quadrato).
Senza protezione - Gaza è la più grande prigione a cielo aperto del mondo. Dalle autorità israeliane dipende il rifornimento di elettricità, di acqua e di combustibile in tutta la striscia di Gaza, le stesse autorità che presidiano i valichi e filtrano il rifornimento di generi di prima necessità, alimentari, medicinali e materiali di ricambio, bloccandone una buona parte con vari pretesti. Questa situazione di embargo ha prodotto già da molto tempo una grave crisi umanitaria per la grave carenza di medicinali e di generi alimentari presso buona parte della popolazione, maggiormente in difficoltà i bambini, i malati e le donne in gravidanza. Altissima la percentuale di mortalità infantile riscontrata a Gaza ed alto anche l’indice di malnutrizione fra i bambini, il 45% dei quali appartiene alla fascia più povera della popolazione con un elevato numero di orfani per cause di guerra. Dopo l’operazione «Piombo Fuso», che nel 2008-2009 ha provocato la morte di 1.380 palestinesi (tra cui 313 bambini), e a seguito dei bombardamenti nel novembre 2012 (con 174 morti, 1.399 feriti, 450 case distrutte e 105 scuole danneggiate nella Striscia), l’Unicef - l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia - ha condotto uno studio per la valutazione dell’esposizione dei minori alla violenza nei conflitti. Ne è risultato che a Gaza il 97% dei minori presi in esame aveva visto morti o feriti e che il 47% ha assistito direttamente all’uccisione di persone. «Per i bambini un evento così mina il senso di sicurezza. Non capiscono cosa stia succedendo e si sentono impotenti. A volte possono persino pensare di essere responsabili del disagio sofferto dalla famiglia», dice Bruce Grant, responsabile Unicef nei Territori occupati. Questa è Gaza. Semplicemente, un inferno.
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