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http://www.intrepidreport.com
August 22, 2014

Gaza ha cambiato tutto
di Ramzy Baroud

Le cose non possono rimanere la stessa, dopo il genocidio israeliano a Gaza

Dopo ogni episodio cruento della violenza perpetrata da Israele, spin doctor media sono spesso distribuiti con una grande missione: assolvere Israele da ogni responsabilità per i loro atti di carneficina.

Non solo questi apologeti demonizzano i palestinesi, ma chiunque osi prendere una posizione per loro conto. Il fiocco principale di questa strategia israeliana è stata la colpevolizzazione della vittima. Tale tattica non è nuova nel modo in cui il cosiddetto "conflitto arabo-israeliano" viene presentato dai media occidentali, il cui racconto è molto più vicino a quello dei discorsi ufficiali e dei media israeliani, rispetto alla narrazione palestinesi. Tutto ciò continua nonostante decenni di occupazione militare, guerre che si succedono l’un l’altra, e innumerevoli massacri.

In particolare, da quando, l'assedio israeliano a Gaza, è seguito alle elezioni democratiche che hanno portato Hamas al potere nel gennaio 2006, Israele aveva bisogno di tutto il suo buon senso, per spiegare ai suoi sostenitori nei paesi occidentali perché una popolazione è stato brutalizzato per aver fare una scelta democratica. L'enorme quantità di menzogne e inganni abilmente e volutamente mescolati nella storia tra Hamas e al-Qaeda (come facevano una volta tra Yasser Arafat e Hitler), tra le altre astuzie raggiungeva un nuovo minimo, anche per gli stessi standard di Israele.

Mentre i media demonizzavano Hamas, la resistenza e tutti gli altri "cattivi", i palestinesi che hanno votato per il movimento, mentre veniva intenzionalmente ignorato il fascismo che stava prendendo il sopravvento sulla società israeliana.

Perchè esistessero i malvagi "radicali", "estremisti" palestinesi anti pace, dovevano esservi giustapposti i buoni palestinesi, rappresentati dal presidente dell'Autorità palestinese Mahmoud Abbas e ogni fazione, persona o il leader disposti a, praticamente parlando, co-esistere con l'occupazione israeliana. La PA è andata anche oltre, collaborando con Israele per garantire la scomparsa dei palestinesi "radicali", come in quelli che insistono a resistere all'occupazione.

Grazie alla PA, il prezzo per l'occupazione israeliana non è mai stato così a buon mercato. Nonostante i ripetuti tentativi di riattivare il cosiddetto processo di pace, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha trovato sempre un modo per silurare tali sforzi, anche quelli promossi dai suoi più stretti alleati di Washington. La Pace è un grave rischio per Netanyahu, il cui governo è sostenuto da nazionalisti ed estremisti ebrei, che non sentono nessun bisogno particolare di porre fine alla colonizzazione della Cisgiordania. Abbas aveva fatto molto per garantire che Israele non sentisse alcuna pressione prenegoziale. Ogni tentativo di resistenza, anche solo stando pacificamente con cartelli e striscioni nella Piazza al-Manara di Ramallah è stato schiacciato, spesso brutalmente.

Gaza, tuttavia, è rimasta un'eccezione. La brutalità di Israele ha raggiunto livelli senza precedenti, soprattutto dopo l'Operazione Piombo Fuso, che ha ucciso e ferito migliaia di persone. Molti prevedevano che i crimini a Gaza avrebbero girato la marea contro Israele, ma non lo fecero. L’influenza israeliana sui media era ancora abbastanza stretta che in qualche modo riuscirono, almeno a neutralizzare l'impatto di Piombo Fuso. L'avvento della primavera araba e la svalutazione della vita umana, come è accaduto in Siria, Libia ed Egitto, in qualche modo sepolse i crimini israeliani a Gaza, comunque solo temporaneamente.

Ma più tardi la guerra di Israele contro Gaza montò fino al genocidio. La tesi dell’autodifesa di Israele non era più una scusa sufficiente. Nessuna quantità di buon senso meiatico è più sufficiente a spiegare il seppellimento di intere famiglie vive, l'esecuzione sommaria di civili, la polverizzazione di interi quartieri, sparare a bambini che giocano in spiaggia durante un ingannevole momento di "tregua", la distruzione di decine di moschee e chiese, l'uccisione di civili rifugiati nelle scuole delle Nazioni Unite trasformate in rifugi temporanei.

E' stato particolarmente imbarazzante per Israele, ma anche il racconto, che la resistenza di Gaza, che si trovava da sola a combattere dai tunnel, contro decine di migliaia di invasori ben armati, riuscendo ad uccidere 64 israeliani. Mentre il mondo si stava risvegliando sul livello di devastazione creata da Israele a Gaza, molti divennero anche consapevoli del fatto che tale ira non era indipendente dal fascismo che ha attanagliato la società israeliana per anni. In Israele, non c'è più spazio per il dissenso, e quelli nelle più alte posizioni di potere, sono quelli che apertamente e liberamente predicano il genocidio.

Nel suo eccellente articolo sull’American Conservative il 06 agosto, Scott McConnell, ha scritto, "Tutte le società hanno i loro gruppi di estremisti e di odio, ma in nessuna parte del mondo democratico sono più vicini al centro del potere che in Israele." elaborando, "Nel 1980 Meir Kahane aveva un piccolo seguito in Israele, ma il suo partito pro-pulizia etnica era illegale. Oggi i Kahanisti sono al centro dell’ideologia dominante del paese."

Questo è stato discusso nel contesto delle dichiarazioni rese da Moshe Feiglin, vice presidente della Knesset e top player nella conduzione del Partito Likud. Fieglin ha chiesto che i palestinesi di Gaza fossero reinsediati nei campi di concentramento, e contestualmente annientat tutti i membri di Hamas e i loro sostenitori. Chi può ora, con una buona coscienza, protestare contro coloro che infondono l'analogia nazista di ciò che sta accadendo in Palestina?

Nel frattempo, in questa epoca di social media, dove le reti di notizie tradizionali non hanno più il controllo completo del racconto, nessuno degno di rispetto, intellettuale, giornalista, funzionario o qualsiasi cittadino con una coscienza può invocare l'ignoranza e rimanere in piedi sulla staccionata della neutralità.

Gaza ha infatti cambiato tutto. La criminalità e il fascismo di Israele non dovrebbero più essere aperti ai vivaci dibattiti mediatici, ma essere riconosciuti come un fatto incontestabile. La nostra lingua, come nella nostra percezione, deve cambiare per accogliere questa realtà incontrastata.

Per terminare il genocidio israeliano e l'occupazione, la ruota di azione continua deve continuare a girare. Coloro che sostengono Israele devono essere esposti, e quelli che facilitano l'occupazione israeliana e sostengono la sua macchina da guerra sono complici dei crimini di guerra commessi ogni giorno a Gaza e nel resto della Palestina. Costoro devono essere boicottati. Il movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni deve crescere e servire come piattaforma principale per la solidarietà internazionale.

Il tempo per le parole intelligenti e nessuna azione è ormai lontano, e quelli che rimangono "soft" verso Israele, per qualsiasi motivo lo facciano, non hanno posto in quello che sta diventando un movimento globale che esige, senza compromessi: la fine dell'occupazione, la punizione dei suoi sostenitori, la fine della pulizia etnica e del genocidio, la fine dell'assedio di Gaza, e portare i colpevoli davanti al Tribunale Penale Internazionale per i loro enormi crimini di guerra e contro l'umanità.


http://www.intrepidreport.com
August 22, 2014

Gaza changed everything
By Ramzy Baroud

Things cannot stay the same after Israeli genocide in Gaza

After every bloody episode of violence perpetrated by Israel, media spin doctors are often deployed with one grand mission: to absolve Israel of any responsibility for their acts of carnage.

Not only do these apologists demonize Palestinians, but anyone who dares to take a stand on their behalf. The main staple of this Israeli strategy has been blaming the victim. Such a tactic is nothing new in the way the so-called “Arab-Israeli conflict” has been presented in Western media, whose narrative has been much closer to that of Israeli official and media discourses than that of Palestinians. This continued despite the decades-long military occupation, successive wars, and countless massacres.

Specifically, since the Israeli siege on Gaza, following the democratic elections that brought Hamas to power in January 2006, Israel needed all of its hasbara savvy, alongside that of its backers in Western countries to explain why a population has been brutalized for making a democratic choice. The sheer amount of deception involved in the cleverly knitted story which purposely mixed between Hamas and al-Qaeda (as they once did between late Yasser Arafat and Hitler), among other ruses was a new low, even by Israel’s own standards.

While the media demonized Hamas, the resistance and all the other “bad” Palestinians who voted for the movement, it intentionally ignored the fascism that was taking over Israeli society.

For the bad—as in “radical,” “extremist,” anti-peace—Palestinian to exist, they have to be juxtaposed with the good Palestinian, represented in Palestinian Authority President Mahmoud Abbas and any faction, person or leader willing to, practically speaking, co-exist with the Israeli occupation. The PA went even further, by cooperating with Israel to ensure the demise of the Palestinian “radicals,” as in those who insist on resisting the occupation.

Thanks to the PA, the price for the Israeli occupation has never been so cheap. Despite repeated attempts at reactivating the so-called peace process, Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu always found a way to torpedo such efforts, even those promoted by his closest allies in Washington. “Peace” is a major risk for Netanyahu, whose government is sustained by Jewish nationalists and extremists, who feel no particular need to end their colonization of the West Bank. Abbas had done a great deal to ensure that Israel feels no pressure to negotiate. Every attempt at resistance, even by standing peacefully with placards and banners in Ramallah’s al-Manara Square was crushed; often brutally.

Gaza, however, remained an exception. Israel’s brutality there has reached unprecedented levels, especially after Israel’s Cast Lead Operation, which killed and wounded thousands. Many predicted that the crimes in Gaza would turn the tide against Israel, but they didn’t. Israeli influence over the media was still tight enough that somehow they managed to, at least, neutralize the impact of Cast Lead. The advent of the Arab Spring and the devaluing of human life, as happened in Syria, Libya and Egypt, somehow buried the Israeli crimes in Gaza; however temporarily.

But Israel’s latest war on Gaza mounted to a genocide. Israel’s argument that it was “defending itself” was no longer a sufficient excuse. No amount of hasbara was enough to explain the burying alive of entire families, the summary execution of civilians, the pulverizing of entire neighborhoods, the gunning down of fleeing children playing at the beach during a deceptive moment of “lull,” the destruction of dozens of mosques and churches, the killing of civilians hiding in UN schools-turned temporary shelters.

It was particularly embarrassing for Israel, but also telling, that the Gaza resistance, which stood alone, fighting tens of thousands of well-armed invaders from tunnels, killed 64 Israelis. All but three were soldiers, mostly killed inside Gaza.

As the world was awakened to the level of devastation created by Israel in Gaza, many also became aware that such wrath is not independent from the fascism that has gripped Israeli society for years. In Israel, there is no longer room for dissent, and those in the highest positions of power, are the ones who openly and freely preach genocide.

In his excellent article in the American Conservative on August 06, Scott McConnell, wrote, “All societies have their hate groups and extremists, but nowhere in the democratic world are they nearer to the center of power than Israel.” He elaborated, “In the 1980s Meir Kahane had a small following in Israel, but his pro-ethnic cleansing party was made illegal. Now Kahanists are in the center of the country’s ruling ideology.”

This was discussed in context of statements made by Moshe Feiglin, deputy speaker of the Knesset and a “top player in Israel’s ruling Likud Party.” Fieglin called for Palestinians from Gaza to be resettled in concentration camps, and all of Hamas and its supporters to be “annihilated.” Who can now, with a good conscience, protest those who infuse the Nazi analogy to what is happening in Palestine?

Meanwhile, in this age of social media, where mainstream news networks no longer have complete command over the narrative, no self-respecting intellectual, journalist, official or any citizen with a conscience can plead ignorance and stand on the fence of neutrality.

Gaza has indeed changed everything. Israel’s criminality and fascism should no longer be open for vibrant media debates, but it must be acknowledged as an uncontested fact. Our language, as in our perception, must also change to accommodate this uncontested reality.

To end the Israeli genocide and occupation, the wheel of continuous action must turn and keep on turning. Those who support Israel must be exposed, and those who facilitate the Israeli occupation and sustain its war machine are partakers in the war crimes committed daily in Gaza and the rest of Palestine. They must be boycotted. The Boycott, Divestment and Sanctions (BDS) movement must grow and serve as the main platform for international solidarity.

Time for clever words and no action are long gone, and those who remain “soft” on Israel, for whatever reason, have no place in what is becoming a global movement with uncompromising demands: end the occupation, punish its sustainers, halt ethnic cleaning and genocide, end the siege, and bring Israeli and other culprits to the International Criminal Court for their massive war crimes and crimes against humanity.


Ramzy Baroud is a PhD scholar in People’s History at the University of Exeter. He is the Managing Editor of Middle East Eye. Baroud is an internationally-syndicated columnist, a media consultant, an author and the founder of PalestineChronicle.com. His latest book is “My Father Was a Freedom Fighter: Gaza’s Untold Story” (Pluto Press, London).

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